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venerdì, ottobre 10, 2014

La vita tra vuoti e pieni. Marco Chisotti.

La vita tra vuoti e pieni.  Marco Chisotti.


C'è chi ama leggere e chi ama scrivere, ultimamente amo di più scrivere, mi sento la testa piena ed ho bisogno di svuotarla ogni tanto, poi ho bisogno di essere protagonista dei miei pensieri, ogni tanto, e per scrivere bisogna esserlo.

La vita è un po' piena e un po' vuota, è piena di gioia di allegria di passione, è vuota di malinconia, di tristezza e solitudine, almeno così mi piace pensarla, sì vive in diretta quando si pensa al mondo, si vive in differita quando lo si contempla, se ti batte il cuore sei in diretta, se osservi, pensi, ti trovi in indiretta, così mi sembra un po' piena e un po' vuota, la vita intendo.

Ogni tanto si passa il tempo a chiedersi se si sta in un periodo in cui la vita è vuota, ma forse si è già in un momento in cui la si sta riempiendo di pensieri, parole, confronti.

Ho passato diversi momenti della mia vita per lunghi periodi molto piena, in altri periodi mi è parsa vuota e non è male ne piena ne vuota sono momenti molto differenti, sono esperienze che si accumulano e ci fanno sentire diversamente le cose.

Pensando alle nostre esperienze come piene o vuote e quindi anche alla vita, partendo dall'esperienza degli stati mentali, credo siamo impossibilitati a vivere oltre i nostri stati mentali, sto scoprendo sempre più la forza degli stati mentali attraverso le piccole esperienze del mondo quotidiano, l'ipnosi con cui lavoro è indubbiamente il mezzo migliore per mettere in luce gli stati mentali, ma nel quotidiano basta un semplice momento di concentrazione per capire quanto sia facile entrare in uno stato mentale e vivere pensieri e sensazioni particolari. Gli stati mentali sono costantemente dei pieni e dei vuoti della nostra vita.

Quando si guarda un film mi piace andare dietro la storia raccontata come a rivedermi protagonista, da buon costruttivista ho imparato che tutta la vita è una storia, la nostra storia, quella che ci raccontiamo, quella che ascoltiamo dagli altri, tutte le cose che ci raccontano sono storie, sono storie quelle che si dicono agli amici, agli insegnanti, quelle che ci raccontano i maestri, sono storie quelle che ci raccontano i giornalisti, i professionisti, sono tutte storie belle, interessanti, importanti, ma non possono che restare storie raccontate da qualcuno per qualcun altro, questa la vita raccontata, questa la vita piena, il vivere la vita è un altra cosa, è esser solo con te stesso, il vivere è un vuoto che si riempie poco alla volta fino a finirla, la vita intendo.

Mi piace credere che mi sto raccontando una storia, una storia sulla mia storia, quando parlo di un mondo pieno o di un mondo vuoto racconto la storia che definisce, descrive, il mondo, la vita, forse una storia che conosco già, una storia che sto costruendo in questo momento, la vita, così alle volte la vita la conosciamo già, alle volte ci sorprende, alle volte la vita è piena, altre volte la vita è vuota.

Il vuoto si abbina all'idea del silenzio, è importante pensare al silenzio e viverlo, io ho bisogno di momenti prolungati di silenzio quasi come se nei momenti passati, nel silenzio potessi mettere ordine nei miei pensieri.

Quando si occupa il tempo con esperienze che ci guidano siamo in una vita piena, la vita piena ti rapisce, ti coinvolge, è la più diffusa, la più amata, ai bambini sì da tantissima vita piena, gli si riempie il tempo costantemente di pieni. Veniamo educati a riempire la nostra vita di pieni, il mondo occidentale e tutto quanto pieno. In oriente si hanno molti più momenti e tempi vuoti, si medita, si sta con se stessi pregando ed orientandosi al vivere, molti vuoti orientali sono anche strutturali, si dice dell'arte giapponese come di un'arte semplice, fatta di poche cose, una cultura fatta più di vuoti, che di pieni, diverso è il loro mercato di scambio con l'Occidente, è completamente pieno.

Le emozioni solitamente vengono dopo un periodo di piena, di vita piena, attività piena, testa piena, sono stati mentali intensi che spiazzano la nostra mente vuota. Credo che sostanzialmente la nostra vita sia un po' come la nostra mente e la mente di per se è vuota, come la vita, non ha un significato, siamo noi a darglielo, la vita va riempiendosi poco alla volta scegliendo, decidendo, trovando dei traguardi, costruendo, alla fine la vita si riempie di significati e diventa qualcos'altro. 
Sto aspettando che la mia vita si svuoti è un momento di piena il mio, alle volte lasciandola andare sì ottiene quello spazio e quel tempo per rivivere.

giovedì, ottobre 09, 2014

Da dove arrivano le parole ...... e i pensieri? Marco Chisotti


Da dove arrivano le parole ...... e i pensieri? Marco Chisotti

Mi fa sempre strano pensare e parlare, e non ho ma sentito alcuno porsi la domanda "Da dove arrivano le parole?" Io me lo chiedo spesso agli altri vedo suona strano, probabilmente ho un leggero sfasamento tra un azione mentale e la sua consapevolezza per cui gli altri, non avendo lo sfasamento, vivendo un sincronismo perfetto non se ne occupano.
Quante sono le cose che facciamo o non facciamo senza raggiungere la consapevolezza? Probabilmente sono tante, come son tante le cose che si fanno intuitivamente senza usare la ragione.
Le parole son dietro di me, a me sembra, da qualche parte, poi arrivano e vengono proferite, ascoltate, sentite e provate.
Ma se anche non riesco a dire da dove arrivano sento di poter dire dove vanno a finire. Probabilmente non tutto ci è dato a capire, alcune cose devono rimanere un mistero, solo così è possibile contemplare ancora la vita ed il suo significato. 
Be ho iniziato dicendo di non sapere da dove arrivano le parole, ma allo stesso modo posso pensare e dunque pormi la domanda da dove arrivano i pensieri.
Credo sia particolare il mondo interno delle persone, come il mondo delle parole o meglio il mondo delle idee. Ogni volta che penso credo che i miei pensieri vengano prodotti dalla mia mente inconscia la quale, a sua volta, E è prodotta dalla biochimica del mio cervello. Sei miei pensieri derivano dalla biochimica e dunque hanno una base strutturale, credo si possa pensare che il cambiamento dei pensieri nell'arco di una vita si è influenzato dal modo in cui il nostro cervello si modifica nel tempo. Credo che con l'andare degli anni, poco alla volta, la moltitudine di bottoni sinaptici con cui un bambino si ritrova a vivere come composto da infinite possibilità, poco alla volta si riduca favorendo una limitata quantità ripercossi neuronali, creando l'effetto concentrativo, come dei punti attrattori, che il cognitivismo ha segnalato molto bene, attorno a questi punti attrattori si sviluppano delle competenze che nel tempo determinano l'effetto di saggezza, o almeno quello che noi consideriamo la saggezza, noi viviamo costantemente dell'effetto della struttura del nostro cervello, ma la mano che la nostra esperienza si accresce si accresce il mondo intorno a noi, nella direzione in cui noi rimaniamo concentrati.
Credo che sia l'uso del nostro pensiero a generare la struttura del cervello e di conseguenza la struttura del cervello influisce sulla sto pensiero, quando diventiamo vecchi, invecchiando voglio intendere, i percorsi sinaptici che abbiamo più frequentato, divengono tracce neuronali stabili e questi tracciati di caporali poco alla volta divengono esclusivi, prendendo il posto di ciò che precedentemente erano altri pensieri.

Credo sia questo il modo con cui noi procediamo nell'esperienza generando intorno a noi la sensazione di un mondo che abbiamo costruito, ho scoperto, sempre come sensazioni, in verità al mondo è solo una costruzione nostra mente, ma che ha una sua struttura, non è possibile dunque esimersi, prescindere dalla nostra struttura interiore, anche o forse sopratutto quando la struttura è semplicemente un insieme di neuroni dedicati nel tempo a particolari esperienze.
Con questo mio discorso voglio semplicemente dire che la sensazione di un bisogno di spiritualità non alle radici della spiritualità, ammesso che esista un luogo di spirito, ma ha origine della struttura dedicata dei nostri neuroni e dello accoppiamento strutturale.
Può sembrare riduzionista questo pensiero ma la sua intenzione è quella di dare più spazio alla funzionalità, sono affascinato dall'idea che si possano cambiare tante cose della vita di una persona, credo che si debbano tenere presente tante possibilità per aiutare persone, neuroscienze stanno spiegando tanti fenomeni, ciò che mi sembra chiaro perché non possiamo più nasconderci dietro un dito, se vogliamo aiutare le persone dobbiamo tenere presente che non solo il mondo fisico cambia per un insieme di regole chimiche, fisiche, meccaniche, via dicendo, ma che anche i nostri pensieri subiscono l'influsso del cambiamento strutturale dell'elemento da cui partono, il nostro cervello.
Mi piacerebbe pensare che il nostro modo di pensare al pensiero sia troppo limitato dal metodo col quale pensiamo, dunque comode strade concrete perché sono affascinato dall'astrattismo del nostro cervello. Forse può sembrare un paradosso parlare di astratto per quel che riguarda i pensieri, non essendo in qualche modo fatti di materia li consideriamo più astratti, ma i nostri pensieri sono concreti, perlomeno considerando gli effetti che generano, dunque non possiamo considerarli astratti e dobbiamo considerarli concreti, dunque possiamo pensare che derivino da strutture altrettanto concrete.
In questo modo non togliamo nulla a quello che è il mondo delle idee, e dunque essendo la spiritualità parte del mondo delle idee, non togliamo nulla la spiritualità se dobbiamo considerare che parte di essa ha come origine una forma strutturale.
È bello pensare che nostro cervello tragga le sue origini dalla nostra capacità di rimanere concentrati a lungo su pensieri e sensazioni, il nostro cervello si modella attraverso gli stati mentali che viviamo, modellando a sua volta gli stati mentali che lo modellano.
Quando G. A. Kelly ha parlato di costrutti personali ha parlato in qualche modo di stati mentali, questa perlomeno l'idea che mi sono fatto del suo pensiero, o forse questa è semplicemente l'idea a cui sono arrivato pensando il suo pensiero, i costrutti personali sono forme che strutturati in stati mentali permettono di vivere un processo. Sono esperienze allestite in un universo la nostra identità.
I costrutti personali hanno bisogno di mantenersi in uno stato coerente, la nostra identità è un costrutto ed è processata, vissuta, attraverso una danza di costrutti di livello logico inferiore. I costrutti personali, al pari dei costrutti mentali, che io considero stati mentali, producono i pensieri nei quali ci identifichiamo, i quali pensieri producono come effetto la nostra identità. 
La metafora che usa Kelly dell’Uomo-scienziato ci fa comprendere che l’uomo è in grado di rappresentarsi (costruirsi)  l’ambiente (e non meramente di reagire ad esso), il suo scopo ultimo è fare previsioni e controllare gli eventi, e generare dunque aspettative che ci mantengono nella condizione di poter controllare l'esperienza.
Sorge il problema del significato, o senso che abbiamo bisogno di dare alla nostra vita, e di come attribuire senso e conoscibilità a sé ed al mondo, e questo avviene molto spesso attraverso la previsione.
Non solo quindi abbiamo la necessità di considerare la struttura cognitiva da cui derivano i nostri pensieri, ma dobbiamo anche considerare il metodo che il cervello usa per renderci accettabile il mondo che ci sta attorno.
Le parole arrivano da lontano si costruiscono pensieri, l'effetto che abbiamo è il mondo delle idee, la spiritualità è una necessità e rientra in quel bisogno predittivo in cui costantemente soggiorniamo.
A completare il tutto è la nostra coscienza, che pur essendo sostanzialmente il prodotto di connessioni diverse di aree differenti del nostro cervello, alla fine dipende dalla coerenza della nostra identità, o meglio del bisogno di coerenza che la nostra identità possiede, la quale dipende dalle nostre parole, che dipendono a loro volta dalla biochimica della struttura del nostro cervello, che dipende dalle esperienze che ci si trova a vivere, che sono il processo attraverso il quale noi costruiamo la forma da cui dipende il nostro vivere cosciente.
La forma, ci incorda Bateson, è una descrizione delle cose ed il nostro vivere è un processo, forma e processo sono inscindibili, sono entrambi parti del gioco della vita, la vita è un continuo formare un processo, e vivere dandogli un significato, ogni forma  richiama un processo, il vivere, ed ogni processo prende coscienza, consapevolezza attraverso la nostra identità, una forma, che è frutto dell'esperienza, un processo, è così via all'infinito.
Credo si possa pensare che il parlare sia frutto del pensare che è a sua volta frutto dell'infinito, il vivere, ma tutto questo è solo un pensare e dunque mi torna in mente quanto sia assurdo pensar di non voler far parte di un Club che accolga tra i suoi membri uno come me, e in fondo, quanto sia anche divertente pensarlo.

Da dove arrivano le parole ...... e i pensieri?