Cerca nel blog

lunedì, giugno 29, 2015

Sinfonia del "reale". Marco Chisotti.

"Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo
essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e
infinitamente mutabile."
Luigi Pirandello.

Ogni individuo genera la sua realtà nel mentre che agisce, e vive nel suo stato mentale che percepisce come Realtà. Ogni stato mentale è un equilibrio tra pensieri (identificativi e coerenti nel senso di identità) e sensazioni, dove il percepire è agire sull'ambiente, percepire è generare il senso del reale.
È l'azione che genera conoscenza e di conseguenza porta in atto una realtà, le fantasie immaginarie (immaginario) son fondamentali a generare cambiamenti nelle mappe percettivo cognitive della realtà stessa.
Per rimanere nel pensiero di G.A. Kelly noi agiamo dei costrutti che non sono la verità, ma sono appunto dei costrutti ed in questa maniera creiamo delle realtà.
Non si può pensare al proprio passato se non attraverso i concetti ed i ragionamenti del presente.
La storia che ci siamo costruiti ed in cui crediamo e conosciamo non è la verità, è una nostra narrazione, è la storia possibile e coerente che ci raccontiamo identificandoci in essa, attraverso la quale esistiamo, si basa sulla nostra volontà, le nostre scelte, le decisioni e consapevolezze, in gran parte anche sociali ed istituzionali come il sistema educativo e la scelta del proprio "credo" all'interno di una dimensione spirituale, ma che personalizziamo e confezioniamo in un eperienza tanto astratta ed utopica, quanto di fondamentale importanza la "libertà" (percezione del proprio libero arbitrio).
Ogni comportamento è un Adattamento, ovvero Assimilazione e Accomodamento ad una successione di forme di equilibrio perdute e riconquistate, e ciascuna è sia un punto di arrivo che di partenza.
I principali contesti in cui un uomo ed una donna costruiscono la propria vita sono la propria autonomia, l'autoaccettazione, il trovare uno scopo nella vita, il crescere in tutte le sue tappe evolutive e relazionali, lo sviluppo del proprio controllo sull'ambientale circostante, e la creazione di relazioni positive con gli altri.
Questi punti riguardano, a parer mio le tappe fondamentali di come trovar il proprio equilibrio personale. 
Tutto quanto declinato fino qui ci porta alla conoscenza come processo costruttivo autoreferenziale finalizzato a produrre realtà. Non esiste un modo reale preesistente ed indipendente dall'osservatore, di stare in un processo come la vita, se non attraverso un metodo con cui dar forma al processo stesso, un metodo descrittivo ed identificativo.
Esistono solo diversi punti di osservazione, modi alternativi di costruire se stessi e le nostre relazioni con gli altri, per influenzare situazioni favorevoli alla nostra trasformazione e crescita evolutiva.

Il conoscere è il decidere e scegliere, inconsapevolmente, la mappa che sarà, in un processo di riconoscimento e comparazione, attraverso la propria memoria, eliminando il superfluo ed evidenziando il "viable", l'utilizzabile, il percorribile: non la verità, ma una verità possibile come la strada che al momento posso percorrere utile e funzionale a me ed al mio identificarmi nella mia vita.
I meccanismi percettivi e cognitivi attraverso i quali rendiamo possibile il possibile sono sempre gli stessi, son i principi "ipnotici" attraverso i quali generiamo la realtà dentro e fuori di noi.
Questi principi "ipnotici" son sintetizzabili in 4 punti:
Dissociazione, io mi osservo e mi percepisco come latro da "Me" e dunque esisto, io e gli altri, io ed il mio inconscio, io e la realtà in cui mi identifico.
Intensificazione, un azione che mette in evidenza un campo percettivo e tutto ciò che ad esso si connette, tra tutte le sensazioni possibili l'orientarsi in quelle viabili, utili, costruttive, riconoscibili, in un esperienza che semplicemente chiamiamo "coscienza".
Costruzione e spostamento nel tempo e nello spazio, attraverso l'uso di confini spazio temporali, in un ordine sequenziale, un gioco della nostra intelligenza ipotetico deduttiva, in declinando un prima ed un dopo fino a ritrovarci in un istante, ora ed un luogo, qui, vivendo, nel coincidere di sogno con un ricordo, il proprio presente.
L'implicazione, che ha reso possibile tutto il mio parlare e comunicare fino a qui con voi, come straordinario mezzo e fine della cognizione o consapevolezza, la causa effetto, con la quale ordiniamo in modo superstizioso, come ci ricorda Ludwig Wittgenstein, la nostra realtà.
Ma quale miglior prova del nove per la vita se non tre mondi di conoscenza in cui la realtà stessa per noi "esiste":
Il mondo uno che è fatto delle nostre esperienze personali, un mondo in cui conserviamo le indicazioni raccolte, da cui ricaviamo le convinzioni con cui percepiamo, sentiamo e ci muoviamo nel "reale".
Il mondo due che è fatto di logiche, dove la ragione non è altro che una logica che ci permette di condividere la "realtà" stessa con gli altri, il capirsi, il comprendere, un "sentire" sociale, fino all'empatizzare in modo cosciente con gli altri.
Il mondo tre, il sogno, l'immaginario, il possibile, il luogo dove avviene il cambiamento possibile, dove si empatizza in modo inconscio e profondo, dove si va in transe, dove credo si inventa e si costruisce lo stato mentale, che per noi è la "realtà" stessa.
Nell'immaginario, ci si trova nel proprio mondo creativo ed inconsapevole, che si modula e si declina in tutte le sfaccettature della "realtà" che ci troviamo a vivere, in un mondo logico e coerente, il mondo due, che ci permette di condividerlo e confrontarlo in modo coerente con la nostra identità, in nostro dialogo interno, e con gli altri, il nostro dialogo esterno, fino a riportarlo nel senso concreto e testato, nonché critico, che è il nostro mondo uno, il mondo delle nostre profonde e radicate convinzioni esistenziali, la nostra "realtà".

mercoledì, giugno 24, 2015

Non ho esclamato abbastanza «Io» da poter divenir famoso, ammirato, pensato.

«Siamo ciò che conserviamo» Pablo Picasso


Non ho esclamato abbastanza «Io» da poter divenir famoso, ammirato, pensato.
Se non ci si nomina e ci si proclama non si viene osservati ed ammirati.
Cosa conserviamo più di tutto? Con cosa ci riconosciamo, come viviamo la nostra Identità?
Conserviamo le idee sulla vita, le nostre convinzioni, conserviamo l'idea di noi stessi attraverso le nostre convinzioni.
Tutto il resto cambia, la percezione cambia, le forme cambiano, così le apparenze e le sostanze, invecchiamo dal primo istante di vita in un continuo cambiamento biologico che impatta in parte sul mondo psicologico, in parte su ciò che conserviamo di noi stessi.
La nostra identità la conserviamo attraverso la nostra coerenza interna, è la memoria che conserva per noi l'idea della nostra esperienza, e la conseguenza della nostra memoria è la nostra identità che conserviamo e ci raccontiamo.
Dunque conserviamo ciò che ci conserva, l'idea coerente con cui narriamo noi stessi, le nostre gesta, il nostro vivere.
Conserviamo le nostre abitudini, ci conosciamo e conserviamo attraverso gli abiti, le cose che ci circondano, gli oggetti di cui ci circondiamo, e quelli che usiamo.
Ma sopratutto conserviamo le persone che amiamo o abbiamo amato, conserviamo i nostri figli, le persone che ci rappresentano, portiamo con noi ciò che ci rappresenta al meglio.
Conserviamo in modo ordinato, attraverso la logica, le idee ed i pensieri che si son dimostrate durature, e che divengono le nostre convinzioni.
Tutto quanto ci riguardi passa attraverso le convinzioni, che a loro volta ci guidano, ci condizionano, ci fanno essere ed esistere.
Ma allora dove ci sgretoliamo, ci modifichiamo, dove cambiamo?
Tutto ciò che ci riguarda ci appartiene perché lo conserviamo, mentre ciò che cambia sfugge nel mondo creativo dell'immaginario, un mondo che non conserviamo se non per pochi attimi, pochi istanti.
Le esperienze son prima semplici sensazioni che fissiamo attraverso le emozioni che danno corpo alle nostre convinzioni.
Il nuovo, il cambiamento si sviluppano alla luce dell'immaginario, della creatività, per favorire un adattamento, una nuova viabilità.
Convinzioni, logica ed immaginario son il metodo con cui diamo forma al processo della vita, la memoria ci conserva e conserva se stessa, esistiamo attraverso di lei che ci conserva.
Credo sia interessante guardare ciò che conserviamo di più, quanto di noi stessi rimane, li è facile trovar se stessi, è forte il bisogno di mantener attorno a noi ciò che ci conferma nella nostra esistenza.
Alla fine mi sembra sian poche cose quelle che conserviamo ma è forte l'impatto che ne deriva, siamo sostanzialmente ciò che conserviamo nella nostra storia.

lunedì, giugno 01, 2015

Gutta cavat lapidem. La goccia scava la roccia. Marco Chisotti.

Gutta cavat lapidem.
La goccia scava la roccia.
Marco Chisotti.
Così fan tutte le convinzioni.
Non siamo forse intrisi del senso dello scopo del destino del fato .....
In fondo a pensarci bene ed a sentir quanti dicono che non ci si può sottrarre al proprio destino alla fine te ne convinci, è proprio così ora ci credo, son convinto esista ma credo anche al caso è qui la spiegazione che mette d'accordo tutti.
Quando venne inventata l'automobile non venne contemplato lì per lì l'incidente, avvenne solo alcuni anni dopo e fu casuale e nessuno lo voleva, nessuno lo precise ma da lì insorsero molti destini.
Per ogni incidente vien facile parlar di destino ma alla fine m'accorgo che è un caso che si parli di destino perché il destino ed il caso son stranamente simili.
Entrambi si intendono di storie, vivono nelle storie ed alimentano le storie, non è un caso dunque parlar di destino!
Alle volte vien prima l'uno alle volte prima l'altro, alle volte è vero l'uno altre volte l'altro.
Penso sia sempre un problema di convinzioni che come "Gutta cavat lapidem" segnano un solco nella nostra mente, segnando casualmente i nostri destini.
Ma la vita dunque cos'è?
Quella cosa che ci succede mentre siamo impegnati in qualcos'altro?
La vita che stimo vivendo è il nostro destino o noi siamo comparse di un destino altrui?
Difficile metter i puntini dopo che qualcosa è avvenuto, impossibile farlo prima se sa sporcarsi del caso.
Buona parte del nostro tempo lo passiamo a far accettare un pensiero a noi stessi o agli altri, buana parte della vita la passiamo cercando spiegazioni per calmare quella parte di noi che ci protegge dall'accettare le spiegazioni altrui.
Il destino esiste ed è il tuo solo che è postumo al caso che è sempre un destino ma la cui punteggiatura diverge dalla tua.
La goccia è il destino che scava la roccia che è il caso ed ogni cosa col tempo diventa per il genere umano un destino.
Le cose capitano e se non ci dai importanza tutto finisce lì, ma se solo ci pensi allora il pensiero, ed il mondo delle idee naviga e viaggi lontano nel tempo e nello spazio, il tempo cambia il caso in un destino, allora all'alba del tempo tutto era un caso, tutto era innocente e puro, poi, poco alla volta, tutto è stato "sporcato" dal destino ora non si può più resistere al destino.
Per caso ora vi lascio al vostro destino, un giorno si dirà che non fu il caso ad orientar il destino, bensì il contrario e come la gutta cavat lapidem un solco profondo ora da un senso al nostro pensiero che prende un fine ed uno scopo sempre più preciso a fissare il senso compiuto della nostra vita.
Dal canto mio torno allora a pensare in modo semplice tanto per non farmi del male inutilmente, la vita è semplice.
Si nasce, e nessuno ne può nulla tanto meno chi ne nasce, qualcuno ci vede un destino, qualcun'altra un caso.
Si cresce, e sembra inevitabile che in qualche modo si cresca, e anche se vien facile pensare che avvenga "quasi" per caso, spesso si cresce nel proprio destino.
Si vive e qui ha probabilmente senso pensare al destino tanto per non buttar ogni cosa alle ortiche, ma troppe volte la vita è così complessa nella sua storia da sembrar più casuale che altro.
Si muore e tutto torna al caso quasi a voler completare un chiaro destino.