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lunedì, agosto 29, 2011

La sufficienza delle idee e l'insufficienza del vivere. Marco Chisotti.





Ho frequentato tante idee nella mia vita, da addetto ai lavori e da sprovveduto, a seconda delle circostanze, ho saputo dare risposte, ho saputo costruire soluzioni, molte volte le ho semplicemente ascoltate le idee delle persone, son arrivato a capire che con le idee si può vivere o morire, a seconda delle circostanze, si vive quando queste si prestano a renderci adattabili, si muore quando ci costringono a lottare senza un fine adattabile alla vita stessa.
Ma non ci sono solo le idee, la vita è tante cose, caso, necessità, il più delle volte le idee arrivano dopo, arrivano ad aggiustare la logica con cui pensiamo di condurre la nostra vita.
Lavorare con il mondo attraverso le idee che le persone si son fatte del loro mondo è complesso, tutto va al contrario di ciò che ci si potrebbe aspettare, l'unica possibilità è ascoltare, non capire o spiegare, eppure ci vien chiesto molto spesso di addomesticare il loro mondo per renderlo razionale, domande del genere mi fan capire la difficoltà che hanno i sacerdoti a spiegare il fatto che lo sguardo di Dio, giusto ed equo, venga a mancare quando succedono fatti inspiegabili magari nei confronti di bambini, considerati, giustamente, immacolati nei confronti della vita.
Di solito l'uomo di Dio risponde con una spiegazione tautologica, a noi mortali non ci è permesso di comprendere i disegni di Dio, di fatto in questo modo sfuggono alla richiesta di spiegare e capire, sfuggono facendo appello alla fede ed alla speranza, risorse queste che per antonomasia stanno proprio solo dentro di noi! Noi speriamo ed abbiamo fiducia utilizzando la parte non razionale del nostro cervello, usando il pensiero non razionale, lo sguardo del nostro inconscio, del nostro spirito.
Così le soluzioni alla maggior parte dei problemi psicologici della vita non possono passare per una soluzione razionale, perlomeno le soluzioni razionali son frutto di un senso compiuto, son dunque tentate da tutti, son frutto del senso comune e condiviso, e non riescono a farci star meglio. Amiamo, gioiamo, patiamo, lottiamo, alle volte vinciamo, ma per poter vivere tutto questo speriamo, abbiamo fede, poi capiamo, comprendiamo, alla fine realizziamo il nostro disegno nel tempo che ci è dato da vivere.
Le soluzioni ai problemi della vita si trovano nella speranza e nella fede, speranza verso il futuro e fede nel nostro inconscio, l'angelo che ci protegge, lo spirito che ci guida, o il nostro assistente interiore che ci aiuta ad affrontare la vita.
Alle volte mi sento semplice spettatore, osservo, descrivo dando forma a ciò che vedo, alle volte son attivo, mi sento protagonista, anche vincente, quando riesco ad aiutare qualcuna a comprendere che vive in mondo di idee, che queste hanno una loro logica che ci influenza, ci condiziona, in quel momento son nel processo del flusso delle loro idee e le cambio con loro per loro, così cambiano l'idea del loro vivere e tutto si riequilibra, un momento magico, che non succede spesso ma che dà grande soddisfazione, che fa sentire chi si interessa di relazioni d'aiuto veramente utile.

Il mondo delle idee è affascinante ed è l'unico mondo di cui noi abbiamo coscienza, di cui siamo consapevoli, ma è anche l'unico mondo che non possiamo controllare, almeno concretamente, possiamo solo frequentare, possiamo partecipare, è il mondo del perché alle volte del come, è il mondo dei dubbi, alle volte delle certezze, ma nella nostra testa non c'è posto per altro, come le immagini di un mondo lontano che parla di noi!





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sabato, agosto 13, 2011

Esiste? Ma come esiste? È vero più del vero!

Rompicapo estivo di Marco Chisotti.



Voglio provare a fare un salto fuori dal conosciuto attraverso i livelli della conoscenza, userò l'idea dell'osservatore, noi stessi nella veste di esperti in relazioni d'aiuto, ed userò alcuni pensatori a me cari. Per iniziare prendiamo in considerazione le "Osservazioni sopra i fondamenti della matematica" che Wittgenstein scrive dal suo livello filosofico.
Le regole di inferenza logica, il capire ed il capirsi, l'intendersi, sono arbitrarie e modificabili e non sono eterne e immutabili, sono regole di un gioco linguistico e danno senso ai segni, non sono, quindi, né vere né false, anche se i nostri pazienti son pronti a giurare su ognuna delle affermazioni di cui si circondano.

In modo analogo, della successione dei numeri 1,2,3,4,.... non si può dire che è vera, ma che è utile e che viene usata.
Contare è un uso. La correttezza del calcolo è temporale, non eterna, "Basta che funzioni" mi verrebbe da aggiungere.

La logica precede la verità, non la rispecchia ci suggerisce Wittgenstein, la matematica è logica perché "si muove tra le regole del nostro linguaggio" (Wittgenstein). Le profezie si autoavverano e son gelosamente conservate dai nostri sensi, a livello di percezioni o di vere e proprie emozioni, che si premurano di farceli vedere e rivedere all'occorrenza. La costrizione logica è una costrizione psicologica, linguistica, sociale. Ci convince, perché concordiamo sui suoi risultati, ma tale concordanza, come nel calcolo, è dovuta all’addestramento, all’uso di una tecnica, ad un abitudine, ogni stereotipia di pensiero è un abitudine, da cui difficilmente usciamo e difficilmente ci difendiamo, perché ci appartiene o gli apparteniamo, la memetica ci suggerisce che i memi, le idee, son come i geni per il DNA, portano un comando, si impongono all'ospite, le idee si impongono a chi le pensa, la conoscenza non ci lascia indifferenti, la conoscenza obbliga.

Le regole di inferenza logica agiscono come comandi, inducono a proseguire in un certo modo, ci mandano in una trance cognitiva. Una inferenza logica corretta, un ragionamento, vuol dire ‘condotta in conformità alle regole’ ; ma tali regole sono poi a loro volta corrette ? Come e chi stabilisce la concordanza sulla ‘concordanza’ sulle regole? Per rispondere a tali questioni bisogna uscire dal sistema di riferimento, l'osservatore, sono problemi che esulano dalla logica e dalla matematica.
Consideriamo, ad esempio, i colori. "E’ verde". Ma è vero che è verde ? "Le persone lo chiamano verde". Wittgenstein lo chiama "i limiti dell’empirismo", il senso comune è pieno di empirismo, frutto a sua volta della logica dei nostri sensi e della nostra intelligenza, non non vediamo di non vedere, vediamo sempre, come nell'esperienza del punto cieco, il punto di immissione del nervo ottico nel bulbo oculare, non non vediamo il punto cieco del nostro occhio perchè il nostro cervello, la nostra intelligenza interiore, provvede a compensare il punto cieco, così non vediamo di non vedere ma vediamo sempre.
Non ci poniamo troppe domande perché ci porterebbero solo a nuove tautologie, enunciati indimostrabili autoreferenziali, l'esempio bello di una tautologia é quello dell'esame di Medicina del secolo passato dove al candidato veniva chiesto: "che cos'è l'oppio?" e lui, dall'alto della sua scienza, doveva rispondere: "l'oppio è una sostanza che contiene il principio dormitivo!", creando così una perfetta tautologia che non spiegava nulla.

Wittgenstein ridefinisce la ‘matematica’: essa non è che "un miscuglio variopinto di tecniche di prova"; e’ eterogenea e non ben delimitata. La matematica è normativa, forma una rete di norme. "Il matematico non scopre, inventa". Potremmo dire perfettamente la stessa cosa per la psichiatria o la psicologia, o la psicoterapia, essa è normativa, forma una rete di norme. "Lo psicoterapeuta non scopre, inventa".

Wittgenstein ridefinisce, quindi, il compito della filosofia : essa deve occuparsi delle regole e delle istituzioni dei ‘giochi linguistici’ di cui constano la matematica come il linguaggio quotidiano.
Mi sento di sostenere che la psicoterapia, e le relazioni d'aiuto, devono occuparsi delle regole e delle istituzioni, dei ‘giochi linguistici’ di cui constano terapeuti, counsellor, o di cui vivono i pazienti nel loro linguaggio quotidiano.
Tutto è frutto di osservazioni e descrizioni, il mondo è frutto delle descrizioni fatte da un osservatore, è l’osservatore che stabilisce i confini e la gerarchia, e sceglie quale livello studiare, adottando un particolare punto di vista, modificando tale punto di vista, egli ristruttura i confini e i rapporti tra le persone e dentro il proprio mondo, così fan tutti e ognuno nelle proprie vesti, siam tutti e sempre o osservatori o osservati, chi osserva cosa, chi, dove, come e quando è da stabilirsi di volta in volta.

La considerazione, da parte dell’osservatore, della propria osservazione, gli mostra la relatività del proprio punto di vista rispetto a tutti quelli possibili, ma gli mostra anche l’ineludibilità dei vincoli che l’essere un sistema biologico, psicologico e sociale pongono alla possibilità e capacità di osservazione.
Ora come nasce, si costruisce un osservatore, come esiste l'idea dell’apprendimento che permette di diventare osservatore, dove si genera la sua autoreferenzialità a cui farà riferimento per dichiararsi psicologo, Counsellor, persona dedita alle relazioni d'aiuto?.
L’apprendimento, sulla scia dell’epistemologia genetica di Piaget, viene definito come un processo autonomo e creativo, di auto-organizzazione del sistema cognitivo del soggetto conoscente, il nostro osservatore, o noi stessi se preferiamo nelle vesti di osservatore. Il senso, il significato e la conoscenza sono frutto di una attività di produzione interna in base agli stimoli e alle perturbazioni provenienti dall’esterno, ci insegnano Maturana e Varela in autopoiesi e cognizione, non possiamo più parlare di ‘trasmissione’ della conoscenza, ma della sua costruzione da parte del soggetto conoscente.

La conoscenza è un concetto complesso, multidimensionale (biologico, sociale e culturale), caratterizzato dall’incertezza e dalla incompletezza ci sottolinea Morin. I processi dell’apprendimento e della conoscenza sono, infatti, strutturalmente inconclusi, alle volte inconcludenti, e forse è ciò che cominciate a pensare nel leggere questo mio articolo, ma vi chiedo di seguire ancora questo rompicapo.
Lo stesso concetto di ragione esce dalla dimensione della universalità atemporale e diventa concetto plurale, come molteplicità di razionalità che si definiscono nel processo di costruzione delle conoscenze. La razionalità perde il fondamento logico della decidibilità bivalente (vero/falso), una realtà in cui era facile decidere, i buoni di qui i cattivi di la, per andare verso una logica polivalente che implica sempre una scelta soggettiva e arbitraria, si è sempre più soli nelle nostre decisioni, tanto più quando prendiamo i panni di un osservatore, ci interessiamo dei problemi degli altri, ci prendiamo l'impegno di seguire e poi guidare, come ogni processo ipnotico, ci prendiamo la responsabilità della guida, qualunque possa essere.
La razionalità è dunque storicamente condizionata e dipendente dalle modalità di osservazione, dal metodo seguito dall'osservatore.
Prendiamo ancora in considerazione A.Einstein, con la "Teoria della relatività", è interessante perché ci induce a considerare la realtà in cui viviamo, come uno spazio a quattro dimensioni, dove la quarta dimensione è costituita dal tempo, le quattro dimensioni non possono essere considerate separatamente, anche se il senso comune e la logica della causa effetto ci impongono di considerarle separatamente.
Continuando sulla logica dell'inseparabilità del tempo e dello spazio consideriamo il concetto di "movimento", con esso si intende il movimento di qualcosa rispetto ad un’altra cosa, non esiste movimento senza un riferimento fisso, come non esiste identità senza un identità di riferimento, l'osservatore per intenderci, punto fermo ed osservatore sono presi come punto di riferimento; quest’ultimo può, però, essere in movimento a sua volta, può essere l'osservatore a muoversi rispetto all'osservato, implicando il movimento all'osservato non al proprio movimento, (di cui non può avere un osservazione "neutrale" se non ipotizzando l'osservatore di un osservatore di un osservato, il che rende impossibile stabilire chi osserva chi), la classica proiezione, dove io provo un sentimento ma lo leggo come tuo e lo implico a te. Lo spazio e il tempo sono relativi perché dipendono dal movimento del sistema di coordinate utilizzato, così l'osservato e la sua vita ( la sua storia), dipendono dal mondo interno dell'osservatore, cosa può capire, cosa può percepire, come nella Teoria della relatività ristretta di Einstein.
Spazio e tempo, come l'osservato, il paziente, e l'espressione temporale di se stesso, la sua identità, il racconto della sua vita, dipendono inoltre, dalla presenza e dai valori dei campi gravitazionali che influenzano il sistema di coordinate, il mondo esterno dell'osservatore, la famiglia, la società, proprio come per lo spazio ed il tempo nella Teoria della relatività generalizzata di Einstein.

Queste teorie e le loro implicazioni mettono in crisi un presupposto fondamentale della scienza in generale, e più che mai di una scienza sociologica, psicologica o psichiatrica: che esperimenti in condizioni identiche portino a risultati identici. Non possiamo, infatti, considerare uniformi e costanti lo spazio e il tempo, ed un esperimento è precisamente localizzato nelle sue coordinate spazio-temporali, così una vita ed il suo narratore, il nostro osservato, e l'osservatore esterno, noi, che osserviamo...... Ciò fa vacillare, a livello epistemologico, l’idea di una scienza che scopre leggi eterne, evidenziandone invece la dipendenza dalla storia del mondo fisico e, ad un secondo livello di riflessione, dalla storia della scienza. Viene così negata la acritica assunzione di teorie e risultati passati, che aveva permesso la continua accumulazione delle scoperte scientifiche. Nella nostra scienza terapeutica dobbiamo sottolineare la storia che portiamo dentro di noi, o meglio l'idea della storia che ci siamo fatti della nostra vita, per poter aiutare le persone, nel nostro intento di dare aiuto alle persone ad uscire dalle loro trappole, come suggeriva Wittgenstein nel suo intento di fare filosofia.


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mercoledì, agosto 10, 2011

Le briglie del volere: rito e metodo





Quanto si deve conoscere per poter vivere?

Il mondo delle idee è strano ed imprevedibile, nelle cose materiali è diverso non esiste una pietra relativa ad una pietra, mentre esistono idee relative ad altre idee, relative ad altre idee, così le cose si complicano dentro e fuori di noi!
Con il termine rito (o rituale) si intende ogni atto, o insieme di atti, che viene eseguito secondo norme codificate.
I riti sono connessi con la religione, appartengono al mondo del sacro, il mito (si dice che il rito riassume e riattualizza il mito) in particolare è l'ambasciatore del sacro: ogni rito religioso è un esperienza sociale, serve a rendere tangibile e ripetibile l'esperienza religiosa, sottraendola alla dimensione privata, personale della mistica.
Tramite il rituale, soprattutto all'interno della celebrazione di una festa, le varie componenti religiose come i miti, le prescrizioni, le formule, divengono reali e normative per tutti i partecipanti con la forza delle parole, fare le cose con le parole, rende neo possibile che qualcosa avvenga attraverso la sua celebrazione.
L'uomo religioso affida al rito i momenti più critici della sua esistenza personale e della collettività di cui fa parte. La nascita, la morte, il raggiungimento della pubertà, la guerra, attraverso la celebrazione dei rituali assumono un immagine diversa, permettendo il mantenimento della propria identità e di quella della comunità di appartenenza. Il rito evoca, avvicina, allontana, crea, ha una sua forza intrinseca, come un identità sua propria.
Il metodo scientifico è la modalità tipica con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà cosiddetta oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di evidenze empiriche e misurabili attraverso l'osservazione e l'esperimento; dall'altra, nella formulazione di ipotesi e teorie più generali, spesso sotto forma di leggi universali, da sottoporre al vaglio dell'esperimento per testarne l'efficacia.
Il rito porta con se un metodo nelle sue riutilizzazioni, il metodo porta con se i suoi riti, una parte del sacro "contamina" una parte della scienza ed una parte della scienza "contamina" una parte del sacro.
Nelle relazioni umane sussistono entrambi, noi ci interessiamo di rito e metodo, ed in un certo senso per noi i due termini son la stessa cosa, quando un rituale guarisce una persona, anche utilizzando le sue risorse placebo, allora costituisce un vero e proprio metodo di guarigione, i risultati che si ottengono dipendono da un sistema di credenze che sta a monte, da una parte ci stanno i convincenti mondi della scienza, dall'altra i suggestivi scenari della religione, per entrambe il senso magico del cambiamento, della diversità, del risultato.
Il rito è officiato da un sacerdote che lega le tue richieste con la sua conoscenza ed esperienza, il metodo è presenziato da uno scienziato che unisce le nostre richieste con la sua competenza ed esperienza.
Entrambi, scienziato e sacerdote, sono presenti nelle persone che si interessano di relazioni d'aiuto. Ma perché tutto questo, perché questa complessità di elementi? Noi Counsellor, Psicologi, Medici, Assistenti sociali, Guaritori, Coach, come competenti di relazioni d'aiuto, ci interessiamo delle relazioni tra noi e il mondo, al pari di Sacerdoti e Scienziati, ci interessiamo ad avvicinare il mondo delle emozioni, il mondo del sacro, al mondo della ragione, il mondo condiviso, lo facciamo nelle vesti diverse ma simili dello scienziato, del sacerdote, attraverso parole e gesti, con metodi e rituali, attraverso emozioni e ragione!
Noi tutti dobbiamo prestare attenzione a mondi così straordinariamente diversi, entrambi importanti, anzi fondamentali, capaci di cambiamento, da un lato attraverso i principi attivi della scienza e competenza che ci trasformano, dall'altro attraverso il placebo, le emozioni e le suggestioni che ci cambiano!
Ma non dobbiamo cadere nelle trappole per mosche, in entrambi i luoghi del sapere sacro e profano ci stanno le trappole e le insidie, talora nella ragione, tal re nelle emozioni, dobbiamo avere metodi della scienza competente, dobbiamo avere rituali di sacre credenze, non possiamo appartenere a nessuno dei due mondi pena la perdita del nostro potere, di unire pur differenziando, e di differenziare unendo. Dobbiamo saper essere e credere, aver fede e conoscenza, sperare o esser certi, dobbiamo convincere, persuadere e suggestionare, con la stessa fede, con la stessa conoscenza! Bel casino!
Eppure son 30 anni ormai che mi dibatto per trovare la Via, una unica strada, ma non ci son riuscito, mi devo dar pace, e rimanere ad osservare,ascoltare, è nell'ambiguo, nell'incerto che ci muoviamo, nel dubbio dobbiamo saper rimanere, perché chi si ferma alla prima certezza è destinato ad arenarsi, a non vivere.
Qui ci sta la nostra volontà nelle relazioni d'aiuto, nel pensiero debole, nelle acque del dubbio, nell'incerto, nella fede, nella speranza, come nelle credenze, nei valori, nelle certezze, nella volontà, una volontà che si nutre di storia e mito, di certezza e di sogno, di riti, magia, di conoscenza e sapienza.
Noi creiamo continui legami ed in questo siamo estremamente religiosi, ma diamo sicurezze e certezze comprovate da una scienza accesa, siamo scienziati ed alchimisti, tra cristallo e fumo, tra certo ed incerto, creiamo mondo perfetto e poi cerchiamo l'attrito, perché percepiamo la differenza e crediamo con fede nell'uguaglianza!
Vi dico questo perché credo che a noi serva la consapevolezza pur rimanendo consapevoli di dover vivere nell'oblio, dunque siate consapevoli di cosa è corretto fare e dire per dar forma al processo della vita e dimenticatevi di tutto di fronte al vostro paziente o cliente, per tornare ad incuriosirvi e stupirvi guidando le persone, con l'arte dell'ipnosi, (la via di mezzo della conoscenza e la terra di confine del sacro), attraverso la Via della vita.





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