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mercoledì, luglio 24, 2013

Il senso del vivere una storia.

Il senso del vivere una storia, la nostra, la loro, la propria, l'altrui. La storia è un mezzo, se la si considera un fine è la sua fine.
Marco Chisotti.
Quante storie abbiamo da raccontare? Quanto spazio c'è per vivere, senza una storia non c'è vita, almeno non è pensabile la vita, la nostra storia accompagna il vivere, alle volte lo precede, senz'altro lo condiziona.
Dobbiamo credere alle nostre storie? Sarebbe meglio di no, ma non possiamo farlo, non possiamo allontanarci dalla nostra storia, alla fine felicità e tristezza sono spesso momenti di una stessa storia, forse rimane solo la storia a farci sognare, pensare, credere o dimenticare.
Ha senso vivere senza una storia? Propriamente no, non possiamo pensare senza una storia perchè senza una storia non percepiamo, i nostri sensi son sensibili alla storia che ci raccontiamo, a ciò che crediamo, e ciò in cui crediamo è sensibile alla storia che ci raccontiamo.
È possibile uscire fuori dalla storia? Se gioco sul soggetto della storia posso dire di si, se non metto confine alle storie e le lasciò intrecciar si tra loro no, siamo costantemente in un unica storia che ci racconta.
È possibile vivere una storia senza conoscere la storia? Questa è la parte buffa della storia quella che non conosciamo, posso vivere una storia anche se non verrà mai raccontata, tanto non la saprò, ne potrò raccontarla.
Oggi non mi sento in me, son fuori dal mio copione, ieri era chiaro chi ero e cosa facevo, ora non credo d'avere più tempo per credere ad una storia, credo sia così che finisce col confondermi la storia che stiamo vivendo anche senza saperlo.  
Rimane la storia anche senza di noi? Forse si, forse una storia non ha bisogno d'esser raccontata per esistere, anche se le storie più belle sono quelle che viaggiano, sono raccontate, stimate, sperate.
Una storia è un momento in cui mi fermò a pensare, con ordine e criterio, metto ordine tra ciò che è successo e quello che non è successo, tra ciò che è vero e ciò che non lo è, ma so che sono io a decidere sul dunque, così racconto solo le storie che penso e non necessariamente quelle che vivo.
La storia è figlia della nostra consapevolezza, figlia le tempo, alle volte figlia del consenso, la storia è alle volte infinita, poi diviene finita, nella storia ci sono tante cose che non si conoscono, che si deducono perché si è esperti di storie avendo e raccontate tante, avendole vissute, magari pensate.
È sempre meglio esser protagonisti della propria storia, anche se è impossibile esserlo della "Storia" perchè non esiste un unica storia ma infinite storie che ci raccontiamo e che si intrecciano in un infinito mondo di possibilità, a seconda del punto da cui si comincia a raccontarla la storia cambia, diventa un altra cosa.
Più una storia è importante e più le altre storie spariscono, non si presentano, non son significative, quali storie ami raccontarti, quella che parla di cose, di dove, di come e di quale perché.

Nel mio mestiere ascolto molte storie, ho molti pensieri per ogni storia, mi accorgo spesso quanto sia facile cambiare storia se si dimentica qualche dettaglio, se si modifica il tono, alle volte solo se si guarda da un'altra parte.
Le storie sono infinite come le possibilità di raccontarle, così gli stati mentali, gli stati d'umore, gli stati di pensiero che si abbinano ad ogni storia che ci raccontiamo, solo ascoltando le storie possiamo rispettare la vita, ogni giudizio è un altra storia che non c'entra nulla con la storia che si ascoltava.
Gli elementi della storia sono indispensabili per rimanere nella storia che stanno raccontandoci, senza tutti quegli elementi siamo in un'altra storia e tutto cambia inevitabilmente. Ogni storia che non sappiamo ascoltare si perde, sparisce dentro altre storie in un gioco infinito in cui tutti i perchè perdono di significato.
Vi lasci alle vostre storie ascoltando la mia che spesso rimane silenziosa lasciandomi orfano di un senso compiuto che ogni storia si merita.    

giovedì, luglio 11, 2013

Spiriti liberi di esser tali. Di Marco Chisotti.

"Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario".      Steve Jobs 

Abbiamo tutti i nostri fantasmi, son i non detti, i momenti silenziosi, quando ci chiudiamo in noi stessi e rimaniamo come in attesa che succeda qualcosa, che possa servir aspettare, che possa bastare. Abbiamo tutti i nostri fantasmi che teniamo per noi, che nascondiamo, abbiamo bisogno di difendersi scappando, nascondendo, fingendo, torniamo bambini a difenderci dalle colpe, dalle debolezze, rifuggiamo la tristezza del capire, del soffrire, tutti li abbiamo i fantasmi, dentro la coscienza del mondo, della vita, ci lasciamo andare a trovare il nostro bisogno, il nostro desiderio.
Ma se ci liberiamo dei fantasmi, ci diamo il permesso di essere e vivere diversamente allora le cose possono cambiare, non siamo più obbligati, siamo liberi, andiamo a pensare e pensarci dove le altre persone non son in grado d'arrivare.
Per esser liberi abbiamo bisogno di credere nella libertà, nella possibilità di percorrere la strada della nostra vita credendo nel libero arbitrio, nell'integrità del nostro mondo interno, l'inconscio, nelle nostre intuizioni, in ciò che ci da passione, ci coinvolge.
La strada del cuore è la strada che nominiamo quando vogliamo indicare un percorso ricco di passione, curiosità, interesse, un modo di sentirsi in equilibrio col mondo e la vita, coinvolti e partecipi.
Il tempo di tutti è limitato, è un peccato perderlo, la vita mancata è per noi occidentali una condizione triste, esser liberi prima di tutto vuol dire scegliere, decidere, abbiamo tante possibilità ma non sappiamo sfruttarle.
Il libero arbitrio è il concetto filosofico, il senso del pensare, e teologico, il fine del pensare, secondo il quale ogni persona è libera di fare le sue scelte. Se si è liberi la realtà non è un esperienza predeterminata (destino), siamo noi a determinare la realtà, senza il libero arbitrio non si possono compiere scelte perché ogni loro azione è predeterminata prima della nascita (predestinazione o servo arbitrio).
Nella religione il libero arbitrio implica che la divinità, per quanto onnipotente, scelga di non utilizzare il proprio potere per condizionare le scelte di tutti noi.
Per il costruttivismo il libero arbitrio è alla base della responsabilità di un individuo per le sue azioni.
Personalmente l'idea di libero arbitrio determina un'indipendenza del mio pensiero inteso come attività della mia mente, una libertà della mente anche dalla stessa causalità scientifica.
Con l'idea di libertà s'intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, usando la volontà di ideare e mettere in atto un'azione, ricorrendo ad una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a metterla in atto. Quello che non si menziona in questo principio è l'idea di libertà interiore, ogni individuo possiede una libertà interiore, oltre al comune senso di libertà esteriore, che regola, attraverso il dialogo interiore, con il proprio inconscio.
Solo quando si possiede questa libertà interiore, il permesso di scegliere e decidere in piena libertà, si può disporre del libero arbitrio.
Ho sempre creduto nella libertà di pensiero e credo che un libero pensatore definisce col suo libero pensiero tre punti fermi, gnoseologico, legato alla conoscenza, interpretativo, legato al significato che si da alle cose, espressivo, come indicazione del principio personale. 
Un libero pensatore sa che la conoscenza non deve essere determinata dall'autorità, dalla tradizione o, in generale, da qualsiasi altra visione dogmatica, nonché da paure e restrizioni personali, ma deve essere una libera ricerca, una libertà di ricerca e di interpretazione rispetto a canoni precedentemente fissati. Un libero pensatore rivendica la possibilità di esprimersi liberamente e di manifestare la propria opinione senza essere impedito o censurato da qualunque autorità.
Un libero pensatore è anche uno spirito libero che pensa in modo diverso da come ci si aspetterebbe in base alle sue origini, al suo ambiente, al suo ceto sociale e al suo mondo, o in base alle opinioni dominanti, è l'eccezione, gli spiriti vincolati al contrario sono la regola.
Un uomo è uno spirito libero quando è libero dentro oltre che fuori, ma il mondo interiore è ancora un incognita per molti aspetti, un mondo misterioso, da rispettare nella sua complessità, ma da comprendere e chiarire per quel che riguarda la sua organizzazione mentale.
"Tutto ciò che è detto è detto da un osservatore" scrivono Humberto Maturana e Francisco Varela nel loro libro Autopoiesi e cognizione, è un concetto complicato, l'osservatore ci dice che la sua descrizione (spiegazione) richiede un costo in termini di tempo e/o di spazio molto alto, in genere superiore ai ragionevoli limiti che pone la vita umana, non si può andar oltre al limite che ogni verità è una storia, ed ogni storia è raccontata da qualcuno.
Se affermiamo invece che ciò che stiamo osservando, il libero arbitrio è complesso, l'osservatore, che siamo noi, ci indica una sua proprieta' intrinseca, che lo rende irriducibile a qualunque descrizione, a qualunque spiegazione. Noi non possiamo prescindere da come siamo fatti per tutto ciò che viviamo, il libero arbitrio per primo subisce le regole di un mondo interno, e dalle regole del suo inconscio.
Credo che l'idea di vita, frutto della storia di un osservatore, come Varela ci fa osservare, è possibile perchè l’organizzazione autopoietica (autoriferita), del vivente, considerando il campo di interazioni in cui un individuo può entrare senza perdere la propria identità, implica la definizione di un "dominio cognitivo" entro i cui confini vive e opera, la sua “nicchia”. 
Questo dominio è ciò che permette e, allo stesso tempo, ciò che delimita, l’orizzonte materiale e cognitivo di ogni essere vivente, di ogni osservatore, la condizione necessaria perchè il sistema vivente possa aprirsi al mondo senza esserne disciolto, assorbito o trasformato in qualcos’altro, solo se e fino a quando conserva la sua identità, infatti, un osservatore può differenziarsi dal “mondo” e quindi “conoscerlo“, e questo vale anche quando si parla di mondo inconscio, quando si parla dei propri fantasmi.
È necessario mantenere la propria identità, ed offrire al nostro inconscio un altra identità, come il lavoro con l'ipnosi ci permette di fare molto approfonditamente, per poterci permettere di conoscerci ed esser liberi, nel nostro mondo, di scegliere la nostra strada da spiriti liberi.