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mercoledì, maggio 21, 2003

L’IDEA DI REALTA’ CONDIVISA

di Marco Chisotti

Per come ci strutturiamo l’idea di realtà tutto ci sembra un prodotto compiuto; il prodotto di emulazione del nostro cervello ci risulta perfettamente coerente, armonioso e compiuto.
Ma se questo è il prodotto finale del nostro emulatore (cervello), il lavoro iniziale è un lavoro di approssimazione, dove molto spazio è lasciato all’anticipazione creativa, un processo attraverso il quale il nostro cervello, lavorando in modo parallelo su più fronti, coordina assieme aspetti di differenti realtà possibili fino a produrre, in un senso compiuto, un’unica realtà stabile.
Le anticipazioni sono il prodotto del tentativo di percepire una realtà comprensibile, partendo da conoscenze, aspettative, contesto di riferimento.
Dunque l’idea di realtà che siamo abituati a trattare è la risultante di approssimazioni consequenziali (pensiero logico/razionale) ed il prodotto di un lavoro di apprendimento socio – culturale sviluppato dal bambino negli anni che impara specifici parametri di percezione e contemporaneamente specifici parametri di traduzione, dall’analisi percettiva come quantità (stimoli visivi, auditivi, cenestesici, ecc.), all’idea del “che cosa” percepisce attorno a sé, l’oggetto compiuto e, soprattutto, condiviso.
Ciò che è magico, nella realtà, non è tanto il fatto che la possiamo percepire, quindi riconoscere ed utilizzare, neppure se quest’operazione nel nostro cervello avviene contemporaneamente (percepisco e nello stesso tempo posso riconoscere ed utilizzare); in fondo quest’operazione è fatta da molti organismi viventi. La vera magia sta nella possibilità di condividere con gli altri e condividere soprattutto la realtà in termini descrittivi e non solo concreti.
E’ questo che ci fa essere particolarmente unici nella nostra esperienza di realtà condivisa con gli altri.
Per quanto concerne l’esperienza della trance possiamo affermare che avviene nella stessa maniera con cui la nostra realtà si disvela a noi, la condivisione è però limitata tra l’ipnotista e l’ipnotizzato, dunque la differenza sta nel tempo a disposizione per condividere tale “mondo”, molto più limitato di quello che occorre per produrre una realtà stabile e condivisa come quella che conosciamo in comune con tutti gli altri.
La realtà della trance è uno stato mentale povero di esperienze, limitato al tempo dell’induzione stessa, ma di completo accesso al ricco potenziale mentale di ognuno.
Questo è ciò che rende l’esperienza della trance, rispetto all’esperienza della realtà, un’esperienza limitata sulla quantità, anche se unica dal punto di vista qualitativo, essendo possibile durante la trance utilizzare risorse mentali libere dai filtri che limitano la nostra idea di realtà fornandoci credenze e convinzioni del senso condiviso di realtà stessa. Per il resto la realtà costituisce uno stato mentale, al pari di una qualunque trance.

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