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giovedì, agosto 31, 2017

L'algoritmo della coscienza come processo autoreferenziale ed autobiografico. Marco Chisotti.


Avendo introdotto il concetto di algoritmo vorrei che si considerasse nella sua completezza, in modo semplice, come una ricetta, in ogni ricetta c'è una lista di comandi da eseguire, eseguita la quale otteniamo il risultato atteso. Così l'algoritmo della nostra coscienza è probabilmente un complesso listato di comandi eseguito dalla nostra Mente Psicobioemotiva che ci fa esistere dandoci consapevolezze differenti.

Se esiste un algoritmo della coscienza è talmente complesso che non ci è dato computarlo al momento, possiamo solo supporlo, come tale è dunque più un atto di fede.

La coscienza è un grandioso brano sinfonico ci ricorda Antonio Damasio. Possiamo dire che è l'ingrediente principale della mente, che altrimenti sarebbe soltanto cervello, capace di poche operazioni di base. La mente cosciente invece ha differenti livelli di "sé": il sé primordiale, il sé nucleare, il sé autobiografico. Noi condividiamo con diversi animali un tipo di coscienza molto semplice, che si può distinguere con il termine sentience. In inglese equivale a coscienza, ma per esser più precisi è la condizione dell'essere senziente. E infatti è un termine più antico di coscienza, deriva dal latino sentire. Questo è sostanzialmente un "sé primordiale" che permette di avere sensazioni, come provare dolore e piacere. Ma non di riflettere su queste sensazioni. Grazie ad altri livelli come il sé nucleare e il sé autobiografico. Così siamo in grado non solo di essere senzienti, ma anche "riflettenti". Ovvero abbiamo la capacità di speculare su noi stessi e su quello che ci succede. Anche nella prospettiva della storia e la memoria: ogni cosa che ci accade è un'eco di quello che abbiamo passato e assume senso in ciò che succederà poi.

Possiamo dire che la coscienza è una sorta di sceneggiatura della nostra vita, come esseri viventi abbiamo alla base una sinfonia e poi, quando raggiungiamo il livello del linguaggio, abbiamo una sceneggiatura. E questo è quello che facciamo: scriviamo le cose, tutte le volte.

Ci raccontiamo la vita che andiamo a riconoscere e vivere.

Siamo noi che "scriviamo" in parte la nostra coscienza creando algoritmi operativi:

«Ne siamo gli autori in larghissima parte, ma non del tut­to. In passato la natura ha scrit­to per noi. Perciò non siamo completamente padroni del nostro destino: spesso ci trovia­mo a far fronte a cose che non volevamo ma semplicemente sono successe … La nostra condizione di vi­venti è una lotta contro la ma­lattia e la morte. È una battaglia costante, dobbiamo sempre lottare per mantenere una "condizione omeostatica". Antonio Damasio. Questa condizione oscilla fra il buon funzionamento e il cattivo funzionamento. Sin dall'inizio biologico ed evolutivo, storica­mente, appaiono questi yin e yang, uno nella forma del piace­re e l'altro nella forma del dolo­re. E vivere è stare nel mezzo. Dobbiamo navigare fra il trop­po dolore che ti uccide e la trop­pa felicità, che ti uccide lo stes­so».

Nessuno può. prescindere dalla sua intelligenza… secondo principio della cibernetica ….

La seconda Cibernetica ha seguito all'algoritmo operativo anello TOTE Test Operate Test Exit, la concettualizzazione della prima cibernetica, che ha dato origine, come applicazione concreta, ai computer.

Nell'applicazione dell'approccio cibernetico alla biologia e alla sociologia ci si rese presto conto che il solo, feedback negativo o di controllo, non era sufficiente; i sistemi osservati possono essere in equilibrio, e tendere all'omeostasi, ma spesso presentano comportamenti dinamici o evolutivi; lo stesso sistema cognitivo umano non è una struttura statica ma in continua formazione.

Il feedback positivo, che rafforza la deviazione, anziché ridurla, rispetto a certi parametri interni, dev'essere considerato al pari di quello negativo.

Nel campo della biologia, i cileni Varela. e Maturana radicalizzano l'autoreferenzialità nella direzione dell'auto-poiesis, cioè auto-produzione dei sistemi viventi in quanto sistemi autonomi.

Le loro teorie sono alla base delle 'scienze cognitive'; sono state inoltre introdotte in sociologia da N.Luhmann per spiegare l'autonomia dei sistemi sociali e la complessità della società post-moderna.

Le limitazioni dell'observer dependentness in logica ed in fisica, insieme all'enfasi sugli stessi processi cognitivi della IA, hanno condotto la cibernetica a riconsiderare, non solo la 'natura' dell'oggetto di studio, ma anche del soggetto e delle modalità di osservazione, quindi il rapporto soggetto/oggetto . Il soggetto conoscente diviene oggetto di osservazione. E' il passaggio ad una cibernetica di secondo ordine : una cibernetica della cibernetica.

H.von Foerster. postula la necessità di considerare i sistemi osservanti , oltre a quelli osservati. L'autoreferenzialità dei sistemi viventi osservati è propria anche del sistema vivente osservante. Che si tratti di astronomia o di fisica, l'osservatore fa parte dell'universo studiato; in biologia o in psicologia, l'osservazione ritorna sull'osservatore, in quanto essere biologico e psicologico; in sociologia, l'osservatore fa parte del sistema studiato, in quanto essere sociale.

L'includere l'osservatore nell'osservazione porta a considerarne il processo di costruzione dell'oggetto e la scelta del punto di vista del soggetto: è l'osservatore che decide in cosa consiste il sistema osservato, che traccia il confine tra sistema e ambiente . Come in logica non si può mantenere una rigida separazione di livelli, poiché una classe può sempre essere membro di una classe più ampia, ed un suo membro può costituire, a sua volta una classe; nella teoria dei sistemi dobbiamo considerare un sistema come possibile parte di un sistema più ampio, e le sue parti possono essere, a loro volta, sistemi; dunque un sistema è contemporaneamente un sottosistema ed un sovrasistema, cioè un plurisistema (Ceruti).

E' però l'osservatore che stabilisce i confini e la gerarchia, e sceglie quale livello studiare, adottando un particolare punto di vista; modificando tale punto di vista, egli ristruttura i confini e i rapporti inter e intra sistemici.

La considerazione, da parte dell'osservatore, della propria osservazione, gli mostra la relatività del proprio punto di vista rispetto a tutti quelli possibili; ma gli mostra anche l'ineludibilità dei vincoli che l'essere un sistema biologico, psicologico e sociale pongono alla possibilità e capacità di osservazione.

Beato chi per curiosità interesse bisogno desiderio guarda alla vita qualunque e comunque come un ricerca … ha compreso lo scopo del suo cervello e dell'intelligenza che sprigiona … raggiungere se stessa …

Raggiungere l'infinito complessità che costituisce cervello ed intelligenza attraverso la coscienza …

La coscienza è la più grande magia che conosciamo è in cui siamo immersi costantemente, la coscienza cerca il motivo della sua esistenza nella complessità di un cervello infinito nelle sue connessioni e se anche non lo troverà mai sarà soddisfatta di questa ricerca continua. Chi non è curioso e gioiosa di questa vita subisce la coscienza e sta male!

Noi esseri viventi, chi più chi meno, siamo dei grandi ricercatori e per questo sfidiamo le aspettative sognando e pensando …

Con l'ipnosi, lavoro con gli stati mentali per la precisione, il tuo cervello continua a lavorare, mappare, creare algoritmi, minime operazioni, programmi per ottenere attenzione, selezione, decisione, ulteriore contemplazione ….

Durante questa attività si attivano tutti e tre i livelli di coscienza, cognitivo, fisico ed emotivo.

I livelli di coscienza posson esser minimi o massimi in un percorso verticale (ipnosi verticale) dalla veglia al sonno …

Me se si vivono dei Sè differenti ci si. sposta in modo orizzontale nel tempo e nello spazio sognando e pensando mondi differenti. … lo stato di coscienza o stato mentale fluttua come su un piano cartesiano in modo verticale ed orizzontale fino a generare una spirale che è l'operazione autobiografica dov'è ti racconti la storia in cui ti trovi ad operare, a vivere … un algoritmo molto complesso che processa la sua stessa esistenza … algoritmo autopoietico…

L'autobiografia che usa linguaggio e memoria è la terza componente dello spazio mentale … la tridimensione orizzontale verticale e «astrale» profondità ….

Noi viviamo nella nostra storia, una storia che abbiamo creato sommando tanti algoritmi, minime procedure operative, con i quali affrontiamo quotidianamente la nostra esperienza di vita, ogni algoritmo ci permette di superare un problema, analizzare una situazione, fare delle considerazioni, pensare, decidere, risolvere, rimandare, affrontare…

L'algoritmo ha a che fare con il metodo, è il modo con cui costruiamo una via, un cammino, quando ti poni una domanda hai creato un algoritmo che cerca di completarsi attraverso altri algoritmi, la consapevolezza la ottieni attraverso le tre coscienze, base, relazionale ed autobiografica, solo le tre coscienza insieme ti permettono di completare la tua coscienza nell'insieme.

In un'intervista a «Le Monde» del 18 febbraio 1999, Varela dichiara:

«dall'età di 9 o 10 anni, una sola domanda mi tormentava: come comprendere il rapporto fra il corpo, così «fisico», così pesante e il mentale, vissuto come effimero quasi «atmosferico»»

Il dualismo fra mente e corpo è superato da un'ottica che considera le relazioni, come si legge in un'altra intervista per l'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche del 7 gennaio 2001 sempre Francesco Varela dice:

«La nostra identità in quanto individui è di una natura del tutto peculiare. Da un lato si può dire che esiste. Mi dicono: Buongiorno, Francesco, ed io sono capace di rispondere, di avere delle relazioni con gli altri. Dunque c'è una specie di interfaccia, di collegamento [couplage] col mondo, che dà l'impressione di un certo livello di identità e di esistenza. Ma al tempo stesso questo processo è di natura tale che appunto, come in tutti i processi emergenti, io non posso localizzare questa identità, non posso dire che si trovi qui piuttosto che là, la sua esistenza non ha un locus, non ha una collocazione spazio-temporale. È difficile capire che si tratta di una identità puramente relazionale e così nasce la tendenza a cercare i correlati neuronali della coscienza, per trovarli nel neurone 25 o nel circuito 27. Ma non è possibile, perché si tratta di una identità relazionale, che esiste solo come pattern relazionale, ma è priva di esistenza sostanziale e materiale. Il pensiero che tutto quello che esiste deve avere esistenza sostanziale e materiale è il modo di pensare più antico della tradizione occidentale ed è molto difficile cambiarlo.»

Nella stessa intervista Varela affronta anche il tema della coscienza:

«Non posso separare la vita mentale, la vita della coscienza, la vita del linguaggio o la vita mediata dal linguaggio, l'intero ciclo dell'interazione empatica socialmente mediato, da ciò che chiamo coscienza. Dunque ancora una volta tutto questo si svolge non all'interno della mia testa, ma in modo decentrato, nel ciclo. Il problema del Neuronal Correlate of Consciousness è mal posto perché la coscienza non è nella testa. Insomma, la coscienza è un'emergenza che richiede l'esistenza di questi tre fenomeni o cicli: con il corpo, con il mondo e con gli altri. Naturalmente il cervello mantiene un ruolo centrale, poiché costituisce la condizione di possibilità di tutto il resto, il che però non toglie che, così come era impossibile parlare di una relazione materiale in senso proprio a proposito della rete immunitaria, allo stesso modo è impossibile credere che in questo o in quel circuito cerebrale risieda la coscienza.»

Per me semplicemente la coscienza è tutto quello che percepisco, sento è penso di vivere, è un'esperienza relazionale tra Sé differenti il cui risultato è ciò che vivo. Dunque lavorare con questi stati mentali, questi Sé differenti è fondamentale, i Sé devono essere coordinati tra loro, devono incontrarsi non scontrarsi, in modo da sviluppare un identità protagonista, nel concetto liberale autentica, che paga il prezzo della responsabilità a favore della piena ed autentica soggettività, porto il peso del mio Io ma ne godo i meriti, ed io credo che il dialogo interiore Pscobioemotivo permetta di ottenere questo incontro.

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