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giovedì, febbraio 28, 2008

L'ipnosi regressiva

L'ipnosi regressiva 

In ipnosi vi sono due modi diversi di richiamare il passato della nostra vita nell'attualità del presente: quello tipico della cosiddetta regressione, in cui il soggetto rivede il suo passato con atteggiamento, critica e sentimenti del presente; e quello della cosiddetta rivivificazione, in cui il paziente dimentica il presente per comportarsi, esprimersi e sentire come in tempi passati. Nel primo caso si tratta di una pseudoregressione durante la quale il soggetto, favorito dall'isolamento sensoriale della trance ipnotica e dalla maggiore capacità di attenzione e concentrazione mentale che si possono avere durante questa, diventa capace di ricordi, che molto più difficilmente rievocherebbe nello stato di veglia. Nel secondo caso invece si instaura un procedimento del massimo interesse, durante il quale il paziente diventa capace non solo di ricordare, ma anche di rivivere alcune situazioni somatiche e viscerali proprie di età da tempo trascorse, anche se la sintomatologia che affiora in questo stato deve essere valutata con acuto senso critico dall'operatore, potendo questa essere inficiata da artefatti della più diversa natura.
La rivivificazione si instaura di solito in un soggetto in stato sonnambolico, suggerendogli che egli ritornerà indietro con gli anni, sino all'età infantile. Egli si sentirà piccolo, sempre più piccolo, e diventerà come se avesse cinque anni (otto, sei, quattro, a seconda dell'età a cui lo si vuole regredire). Generalmente si fa la regressione usando tappe di cinque anni. Si aspetta quindi un momento finché il paziente si immedesimi nell'epoca regredita; poscia, rimanendo l'ipnotista nel testo e nell'ambiente creato dalla regressione, si indirizzano caute domande su quanto si vuole indagare e secondo le risposte che si hanno. «Io sono uno che tu conosci e che ti vuole bene. Chi sono i tuoi amici? Chi ti è più caro? Quando l'hai visto l'ultima volta? Con chi eri?... Vai a scuola? Chi è il tuo compagno di banco? Chi siede dietro dì te? Chi siede davanti a te? Hai fratelli? ecc.» Dato che la memoria è legata essenzialmente all'interesse e alle emozioni, è chiaro che sarà tanto più facile rivivere episodi trascorsi, quanto più questi furono importanti nella vita del soggetto. Altre modalità di tecniche di rivivificazione sono le seguenti, adoperate anche da Bryan, Erickson, Van Pelt e altri autori: quella del treno, del calendario, dell'orologio, dell'emozione.
Con la tecnica del treno, si suggerisce la partenza del soggetto su questo e che egli guarda dal finestrino, scorgendo episodi e periodi passati della sua vita, indietro e indietro nel tempo. Quando si raggiunge un avvenimento particolarmente traumatizzante o importante della vita, il treno si ferma ed egli scende, parla e agisce immedesimato nel tempo che rivive appieno.
Con il calendario si suggerisce al soggetto che egli sfogherà un calendario in cui i giorni sono stampati in modo regrediente e non progrediente nel tempo. Egli alzerà l'indice destro appena vedrà il calendario e i giorni che scorrono all'indietro; quindi si immedesimerà nel tempo che scorre all'indietro, fermandosi a una data specifica, a un periodo importante per lui.

La regressione con l'orologio è come quella del calendario, usata soprattutto per appurare fatti importanti dal lato legale o criminologico e in essa ci si avvale della distorsione del tempo, per cui un soggetto può rivivere un evento traumatico in un tempo più breve di quello in cui il fatto è veramente avvenuto. Si può con questo metodo anche far scaricare l'emozione congiunta all'evento in modo sempre più breve: due giorni in cinque minuti, poi in un minuto, in 10 secondi, in 5 secondi, in un secondo; finché l'evento finirà con l'essere svuotato di ogni emozione.
Nella regressione per emozione si chiede al soggetto di ritornare indietro al tempo in cui ha provato un'emozione per lui molto spiacevole, di riviverla appieno, invitandolo ad alzare l'indice destro appena vi sia riuscito. Quando ciò accade, si cerca di minimizzare l'avvenimento, di dissociarlo dall'emozione, facendo vivere al paziente l'episodio doloroso come un episodio freddo e ineluttabile, al di sopra di ogni volontà umana e con conseguenze rimediabili.
Riassumendo le tecniche indicate si può quindi dire che con esse è possibile regredire un paziente a una determinata data o a una determinata età, a uno specifico avvenimento o a una specifica emozione e neutralizzarla del suo significato traumatizzante con appropriate immagini e tecniche di distorsione temporale.
La rivivificazione è molto efficace per scoprire rapidamente eventuali traumi infantilí, o episodi che sono alla base di sintomi psiconevrotici. Se, inavvertitamente, si facesse regredire il paziente in un tempo in cui egli ha riportato un intenso trauma fisico o psichico, bisogna essere pronti a svolgere un'adeguata psicoterapia e a fronteggiare ogni sua reazione. Prima di svegliare il paziente, lo si fa tornare alla realtà col procedimento opposto a quello con cui si è fatto regredire.
Sull'autenticità della regressione e sul fatto che questa conduca il soggetto a rivivere un comportamento da lui avuto a diversi livelli di età, in modo da escludere ogni possibilità di simulazione, sono d'accordo Erickson, Estabrooks, Lindner, Spiegel, Shor e Fishman, Bernstein, Wolberg, Raikov e chi scrive. Le modificazioni che si attuano (scrittura, ipermnesia, riflessi ecc.) rientrano nel quadro delle manifestazioni ipnotiche (come la catalessi, le reazioni vegetative, ecc.) essendo possibile l'attivazione di associazioni antiche condizionate ontogeneticamente durante lo sviluppo della personalità, nello stato di coscienza dell'ipnosi profonda.
E'da tenere soprattutto presente che la regressione di età non è mai statica, ma può venire assai spesso modificata dal funzionamento ad altri livelli di età, cosicché una persona regredita ha spesso un mutevole punto di orientamento.

Usando le tecniche della regressione occorre tenere presenti alcune premesse generali:

1.Il paziente può non rivivificare una determinata situazione perché troppo dolorosa per lui o perché non ha compreso bene come deve fare; può allora mantenersi sulla difensiva o cercare di fingere per condiscendenza verso l'ipnotista.
2.Nel valutare l'attendibilità del materiale evocato si deve osservare il contenuto emozionale di quanto viene espresso; l'uso del tempo presente e non del passato; controllare atteggiamenti, calligrafia, polso, pressione, respiro.
3.Come può variare la profondità della trance ipnotica, così pure può variare quella della rivivificazione, sicché ciò che una persona sta rivivendo può diventare dopo qualche tempo solo un ricordo, con slittamento quindi nel suo discorso dal tempo passato a un altro più presente.
4.E' eccezionale avere una regressione in cui mente e funzioni somatiche neurovegetative regrediscono totalmente, dato che il paziente conserva parte della sua mente al tempo presente e si rende parzialmente conto di ciò che sta accadendo. Ciò permette la comprensione dei comandi dell'ipnotista anche nel paziente regredito alla prima infanzia. Per quanto da vari autori, come abbiamo precedentemente accennato, sia ritenuto possibile, per profonde rivivificazioni a questa età, perdere il contatto verbale con il soggetto.
5.Bisogna essere molto cauti nel regredire cardiopatici a periodi in cui hanno subito eventi gravemente traumatizzanti, essendo ciò pericoloso. In questo caso si possono far rivivere al paziente le scene traumatizzanti passate come spettatore ad esempio con la tecnica del treno e non come attore, in modo da attutire la tensione emotiva.
6.Si deve rispettare, almeno momentaneamente, il desiderio del soggetto di non rispondere alle nostre domande traumatizzanti per lui, e ricorrere eventualmente all'uso di risposte gestuali per cui il soggetto in ipnosi, invece di rispondere a parole, fa un gesto della mano per il si, l'opposto per il no, e un altro ancora per il rifiuto di parlare. Ciò facilita il colloquio durante particolari stati di coscienza nei quali è difficile la formulazione di parole, o scabrosa la loro espressione.

Per nostra personale esperienza riteniamo la regressione di età un buon metodo, sia per l'indagine analitica, sia per la psicoterapia, associandola eventualmente alla tecnica della distorsione temporale e della dissociazione dell'avvenimento dall'emozione. Pur non sapendo bene in che modo agiscano sulla persona le esperienze di regressione, il semplice parlare ed esporre esperienze passate aiuta a viverle in modo diverso, finanche a liberarsi del giogo subito negli anni in merito a tali limitazioni vissute.



Materiale della scuola di formazione in Ipnosi costruttivista

lunedì, febbraio 11, 2008


A cura del dott. Massimo SANTORO

Abuso e maltrattamento nell’infanzia: implicazioni psicologiche per un conselling efficace


Prima di affrontare il problema dell’abuso e del maltrattamento è opportuna una premessa su cosa vuol dire fare e come è stata fatta la storia dell’infanzia. La storia dell’infanzia è forse la più problematica rispetto a ogni altro oggetto delle scienze sociali perché sono poche le notizie che il passato ci offre in merito.
La memoria dell’infanzia è raccontata dagli adulti secondo modalità in cui predomina la concezione e l’interpretazione dell’infanzia in quel momento e contesto storico (Savarese G., 2007 P.619)
Storicamente la società non è mai stata particolarmente sensibile al maltrattamento dei bambini. Nell’antichità erano pratica molto diffusa i sacrifici di bambini e neonati destinati ad essere sacrificati agli dei, in diverse civiltà antiche l’uccisione di bambini deformi o non desiderati era comunemente accettata e praticata.
Il diritto romano nell’antica Roma stabiliva il diritto di vita o di morte sui propri figli. I bambini erano considerati proprietà del pater familias che aveva pieno diritto di trattare i figli come pensava fosse giusto, per cui un trattamento severo veniva giustificato dalla convinzione che potesse essere necessaria una punizione fisica per mantenere la disciplina, trasmettere le buone maniere e correggere le cattive inclinazioni.
Lo sviluppo di una cultura dell’infanzia ha iniziato a diffondersi nei paesi industrializzati solo negli ultimi due secoli e solo dopo il 1900 è osservabile il diffondersi a livello nazionale ed internazionale di iniziative volte alla difesa dei diritti dei bambini, alla protezione dell’infanzia rivolgendosi al problema sommerso dei maltrattamenti, violenze e negligenze verso minori. Da questa trasformazione culturale è nata anche una diversa valutazione degli abusi che, da atti criminosi ed antisociali, vengono letti oggi come espressione di un disagio emotivo che non riguarda solo l’abusato ma anche l’abusante e tutta la famiglia , con un coinvolgimento di diverse discipline, dal diritto, alla psicologia, alla sociologia ed alla psichiatria.

L’attaccamento e l’amore per i bambini nel nostro Paese oggi è sentito intensamente come sentimento spontaneo e naturale. Viene naturale pensare e desiderare che tutti i bambini vivano felicemente circondati dalle amorevoli cure dei genitori e degli altri adulti che interagiscono con loro, zii, nonni, fratelli, insegnanti, etcc.. Ma la cronaca ci pone sempre più spesso dinanzi a fatti in cui i minori sono sottoposti a maltrattamenti, sfruttamenti, sevizie e persino abusi sessuali fin anche tra le mura domestiche.
Ascoltare la crudeltà e la gravità dei maltrattamenti inflitti ad un bambino se da un lato suscita sempre emozione ed indignazione dall’altro deve spingere tutti coloro che per il loro operare si trovano a ruotare nel mondo relazionale del bambino (insegnanti, pediatri, operatori sanitari, operatori sociali, forze dell’ordine, magistrati, ….) a conoscere meglio il problema dell’abuso all’infanzia per capire il senso, le radici di ciò che accade, per riconoscere il disagio emotivo e sociale da cui questi fatti derivano, per cogliere i sensi talvolta non molto chiari del disagio del minore abusato e cercare di intervenire per lenire le ferite devastanti che si determinano nel bambino violato.
I fattori di rischio
I fattori di rischio dell’abuso sessuale possono essere diversi:
Età: le fasce di età più a rischio sono rappresentate dalla pubertà e dai primi anni dell’adolescenza; tuttavia comportamenti sessuali anomali possono riguardare anche bambini molto più piccoli.
Composizione e strutturazione del nucleo familiare: nelle famiglie molto numerose la promiscuità favorisce gli abusi intrafamiliari, soprattutto tra padre e figli o tra fratelli o con parenti. Sono famiglie a rischio di abuso le famiglie isolate dal contesto sociale o dalle rispettive famiglie di appartenenza, quelle che vivono in condizioni abitative inadeguate, quelle emarginate ed immigrate.
Dinamiche familiari specifiche: in recenti studi sull’incesto è stato dimostrato che talvolta l’abuso sessuale intrafamiliare va visto nell’ambito di un sistema relazionale organizzato, distorto e “complice”. Inoltre in molti casi costituisce un fattore di rischio la presenza di genitori con esperienza di maltrattamento o abuso e/o che hanno vissuto gravi carenze affettive nella loro infanzia.
Psicopatologie e tossicodipendenze: spesso la presenza di una patologia mentale o le dipendenze possono essere fattori di rischio; madri depresse, genitori alcoolisti o tossicodipendenti possono con diverse motivazioni abusare sessualmente dei loro figli ( per compensare frustrazioni sessuali e isolamento affettivo, per sfruttare sessualmente il minore ecc.).
Deprivazione socio-economica: numerose ricerche condotte nelle diverse regioni italiane nonché all’estero hanno dimostrato che l’abuso sessuale familiare interessa trasversalmente tutti i ceti sociali contrastando l’opinione generalmente diffusa che l’abuso sessuale si verifichi solo nelle classi sociali più basse. Spesso la realtà dei fatti mostra invece l’aspetto aberrante e crudele di insospettabili professionisti e di persone anche i una certa cultura. Bisogna comunque riconoscere che in situazioni di deprivazione socio-economica e culturale si possono verificare situazioni di trascuratezza fisica e affettiva che non permettono al bambino di sviluppare la capacità di discriminare i pericoli e lo rende predisposto ad accettare qualsiasi attenzione affettiva gli venga proposta dentro e fuori casa, compensatoria di un vuoto affettivo permanente. Inoltre in questi ambienti è più facile riscontrare un atteggiamento di omertà da parte del genitore o di altri familiari non abusanti per timore delle conseguenze penali ma soprattutto per la situazione di grave insicurezza economica.
Scarsa socializzazione e mancanza di fiducia negli altri: queste persone hanno difficoltà di relazione, sono stati inadeguatamente formati come adulti e sono socialmente isolati in quanto scarsamente capaci di sviluppare e utilizzare i sistemi di supporto. Essi capiscono poco dello sviluppo di un bambino e quindi anche delle sue ragionevoli aspettative e dei suoi bisogni psicologici. Un esempio tipico è quello di una madre non sposata, che vive con una serie di compagni, ognuno dei quali resta per un breve periodo per poi andare via ed essere rimpiazzato da un altro. Questi uomini non hanno alcun interesse nei bambini della donna e tendono ad avere poca pazienza con loro.
Limitata capacità di controllarsi: lo stress, la rabbia e la frustrazione e tendenza ad esplodere con violenza, sia verbale che fisica, in risposta a sentimenti negativi.
Fattori di rischio legati al bambino:
- Bambini separati alla nascita dalla madre per malattia o prematurità, forse a causa di un legame deteriorato con una madre ad alto rischio.
- Bambini nati con anomalie congenite o con malattie croniche.
- Bambini considerati come difficili o diversi.
- Bambini adottati.
Un pericolo comune che lega tutti questi fattori di rischio, sembra essere quello delle aspettative disattese, sia per aspettative poco realistiche dei genitori che per l'incapacità del bambino di rispondere ad aspettative realistiche in conseguenza di un ritardo di sviluppo, iperattività o disciplina incostante.
Il maltrattamento fisico è definito come il procurare lesioni che suscitano un dolore significativo, lasciano segni fisici, alterano la funzione fisica o mettono in pericolo l'incolumità dei bambino. E' generalmente ripetuto nel tempo e tende ad aumentare di gravità.
La precocità della diagnosi, della denuncia e dell'intervento sono essenziali per prevenire lesioni future e più gravi. I padri e i compagni sono di gran lunga coloro che abusano più comunemente, poi vengono le baby-sitter ed, infine, anche le madri.
Gli eventi scatenati più comuni sono il pianto e i problemi legati all'igiene personale del bambino. La diagnosi della lesione provocata è stabilita sulla base di una serie di fattori tra cui i dati anamnestici, fisici e comportamentali.

Epidemiologia dell’abuso nell’infanzia

Ci sono una serie di ricerche con cui si individua un range, un arco, anche perché è difficile compiere ricerche sull'abuso all'infanzia, non si possono porre domande dirette ai minorenni, ci saranno altri modi per scoprirlo. Queste ricerche dicono che dal 14% al 64% della popolazione femminile ha subito un abuso e dal 3% al 29% per la popolazione maschile; il che vuol dire che l'abuso è molto diffuso e le vittime sono soprattutto donne. Qualcuno sostiene che il 20% dei minori ha subito una forma di abuso, un bambino su cinque; ovviamente bisogna cercare di capire che tipo di abuso è, quando è avvenuto, perché a seconda dell'età bisogna valutare il consenso, una serie di studi da compiere.
Effetti a breve termine: malattie sessualmente trasmesse, lesioni fisiche, disturbi affettivi. Aggressività, sensi di colpa, crisi di collera, ansia, paura, vergogna e bassa autostima, disturbi del comportamento, devianza, incubi, fobie, disturbi del sonno e dell'alimentazione, problemi a scuola.
Effetti a lungo termine: disfunzioni sessuali, difficoltà nell'eccitamento, evitamento o reazioni fobiche all'intimità sessuale, vulnerabilità ad un successivo abuso o allo sfruttamento sessuale, promiscuità, prostituzione, disagio nelle relazioni intime, isolamento, problemi coniugali, depressione, abuso di alcool e droghe, suicidio e, ancora una volta, disturbi nell'alimentazione.Non c'è molto di specifico, c'è di tutto. Quando ci occupiamo di queste persone che hanno subito, una delle cose che si nota di più è quella chiamata "confusione dei linguaggi", perché chi ha subito un abuso, soprattutto familiare, non sa di aver subito un abuso; la confusione dei linguaggi consente all'abusante, che quasi sempre è il padre, di utilizzare il linguaggio della tenerezza per fare violenza. Poi ci vorranno un bel po’ di anni prima che il bambino si renda conto di aver subito una violenza e quando se ne rende conto iniziano i problemi. Il problema è proprio quello di tenere separati questi linguaggi; quello dell'amore, quello della tenerezza e quello della violenza. E' difficile che queste persone, crescendo, imparino ad amare.
Effetti sulle femmine: 1/3 delle pazienti psichiatriche ambulatoriali e circa la metà delle giovani devianti (tossicodipendenza, prostituzione, condotte antisociali in genere), sono vittime pregresse di incesto. Alcune ricerche hanno dimostrato che il 75% delle prostitute sono state vittime, nella loro infanzia, di abusi sessuali.
Effetti sui maschi: in uno studio condotto su soggetti maschi che hanno subito un abuso sessuale da bambini è emerso che più dell'80% abusa di sostanze stupefacenti, il 50% ha avuto propositi suicidari, il 23% ha tentato il suicidio, il 70% ha ricevuto un trattamento psicoterapeutico, il 31% ha sessualmente abusato di altri bambini. E’ importante sottolineare quest'ultimo dato perché una delle cose più pericolose che si dice, è che gli autori degli abusi sessuali hanno subito nella loro infanzia, un abuso sessuale; l'hanno subito e lo fanno sugli altri: questa è diventata una vera e propria equazione. Perché è pericoloso continuare a dire questo? Immaginate quando questa notizia viene diffusa (soprattutto tramite la televisione dove si ha il così detto "effetto pioggia", nel senso che non si sa dove va a finire questa informazione) cosa può pensare una bambina che ha subito o che sta subendo un abuso sessuale. Questo minore crescerà con la consapevolezza che prima o poi lo farà lui. Questo, in termini psicologici, si chiama abuso secondario. Non è che non sia vero, ma non è sempre vero (lo è in un terzo dei casi) e, comunque, non è il caso di porgere la notizia come se fosse un'equazione.
Effetti rispetto all'età: più giovane è l'età in cui si scopre l'abuso, peggiori ed insopportabili sono le conseguenze che ne derivano. Se lo scoprono altri, nella vittima rimane il dubbio della complicità. Tutti gli studi clinici che sono stati fatti sulle vittime di abuso hanno accertato una cosa interessante: se lo svelamento, l'autoconsapevolezza dell'abuso, è spontaneo, si supera meglio; l'elaborazione di quello che è successo è più facile. Di solito accade che la bambina che ha subito l'abuso, intorno ai tredici, quattordici anni, si rende conto di averlo subito, si ribella, lo dice alla mamma, sperando che la capisca e che non si schieri con il papà (succede anche questo).Se la rivelazione succede autonomamente, l'elaborazione successiva dell'abuso, cosa molto lunga e laboriosa, va meglio; se invece la rivelazione o lo svelamento dell'abuso viene fatto da altri, di solito la madre, il rischio è che a questa bambina rimane il dubbio “se non lo avesse detto mia madre, io l'avrei mai detto? E perché non lo dicevo? Se è stato necessario che lo dicesse mia madre vuol dire che in qualche modo mi piaceva”.
Questo rientra nella confusione dei linguaggi di cui si parlava prima. Il problema di noi psicologi è: nel momento in cui ci rendiamo conto che c'è un abuso, dobbiamo aspettare che ci sia un'elaborazione autonoma interna? Ovviamente no, non possiamo aspettare che sia lei a denunciare.
Il problema vero è quindi quello di cercare di accompagnare questa vittima nel processo di autoconsapevolezza prima e processo penale poi. Queste denunce vanno fatte, perché se non vengono fatte, non solo non è giusto, ma gli abusanti continueranno a credere che godono di una impunità.I dati forniti dal Consiglio d'Europa riferiscono che i casi denunciati costituiscono dal 5% al 15% dei casi effettivi: il fenomeno è soprattutto sommerso. Nel 94% dei casi le denunce di abuso sessuale fatte dai bambini sono state confermate dalle indagini successive e solo nel 6% dei casi il minore non è attendibile, quindi bisogna smetterla di mettere in dubbio l'attendibilità del minore.
A questo proposito per gli psicologi diventa assolutamente importante l'ascolto del minore. Il problema non è ciò che dice, è come lo ascoltiamo. Se siamo in grado di ascoltarlo, probabilmente, lo renderemo più attendibile.
Altri pregiudizi sull'abuso: che l'abusante di solito è considerato un vecchio sporcaccione, un maniaco, un pazzo, un ubriaco; non è vero: la maggior parte degli abusanti sono giovani maschi, senza alcun segno di disagio mentale, né di abuso di alcool, appartenenti ad ogni classe sociale. L'alcool e la droga, se ci sono, hanno solo l'effetto di slatentizzare una condotta che comunque, in determinate occasioni (solitudine, promiscuità, intimità) può emergere.

Le cause e le configurazioni degli abusi sessuali
Gli approfondimenti prodotti nell’ultimo decennio hanno contribuito ad una migliore comprensione delle cause e della configurazione del fenomeno delle violenze sessuali compiute sui minori.
Numerose sono state le prospettive teoriche che nel corso degli anni hanno proposto delle ipotesi interpretative riguardo al fenomeno dell’abuso sessuale. Tra queste menzioniamo:
- l’orientamento psicoanalitico; la causa primaria dell’abuso va ricercata nei problemi psicologici e nei conflitti intrapsichici degli adulti aggressori, questi determinerebbero il comportamento abusante;
- l’orientamento sociale; l’abuso è un comportamento espresso da un determinato gruppo sociale;
- l’orientamento socio-ambientale; l’abuso è la risultante dell’agire di condizioni sociali e ambientali: disoccupazione, condizioni abitative inadeguate e povertà.
Differentemente secondo un approccio integrato, che prevede il concorrere di più fattori, l’abuso è considerato come l’espressione di un sintomo disfunzionale che origina dal confluire di più variabili interagenti tra loro, appartenenti al sistema familiare, sociale e relazionale e non unicamente legato alla componente psicologica dell’abusante.
L’episodio violento va collocato all’interno di un contesto familiare, dove ogni membro ha una sua storia e porta con sè le esperienze della propria famiglia di origine e del proprio ambiente sociale, esperienze che vengono, poi, ad interagire con quelle degli altri membri appartenenti al nucleo.
Tra i diversi autori si riscontra un parziale accordo circa l’identificazione dei fattori di rischio individuali e socio-familiari nella genesi del comportamento abusante e circa i tratti i specifici del bambino abusato.
Ad esempio alcuni autori reputano la giovane età degli abusanti come favorente le difficoltà nell’espletare le funzioni genitoriali e, quindi, anche l’espressione dell’aggressione di tipo sessuale, mentre altri rilevano che l’autore della violenza possa avere un’età molto superiore a quella della vittima. Dati di altre ricerche collocano l’età media degli abusanti nella fascia d’età che va dai 35 ai 45 anni.
Differiscono poi i risultati di numerosi lavori sul livello di intelligenza di coloro che abusano sessualmente di un minore. Per questi soggetti sono stati riscontrati livelli di intelligenza al di sotto della norma, ma i dati spesse volte non trovano conferma presso altre ricerche.
L’influenza dei fattori sociali, culturali ed economici, invece, non sembra essere rilevante. Il fenomeno dell’abuso sessuale infantile riguarda tutte le classi sociali. Anche se è vero che la maggior parte delle segnalazioni che arrivano ai servizi di assistenza interessano più i nuclei familiari appartenenti a fasce sociali marginali, il cui disagio è più visibile.
Per quanto riguarda l’età del minore abusato, gli studi compiuti in proposito non forniscono dati precisi. Ciò trova spiegazione nel fatto che si interpone un tempo variabile tra il momento di insorgenza ed il riconoscimento dell’abuso in base alle diverse forme di violenza sessuale manifesta o mascherata.
Nel primo caso si verificano veri e propri rapporti sessuali tra l’autore e la vittima dell’abuso ed il riconoscimento avviene in tarda età, in seguito alla raggiunta comprensione del significato dell’atto da parte del bambino stesso. E’ il minore che inizia, se riesce a parlarne con familiari e conoscenti.
Al contrario, per l’abuso mascherato in cui il bambino subisce contatti sessuali non propriamente violenti, accompagnati da una particolare cura e attenzione alle parti intime, il riconoscimento può avvenire con più tempestività e la data di insorgenza si colloca anche prima dei dieci anni. I bambini, difatti, possono esprimere l’abuso subìto attraverso il gioco e le interazioni con l’altro in assenza di quella sensazione di star a tradire un “segreto familiare”, caratteristica invece dell’abuso manifesto.
Circa il sesso delle vittime di abuso sessuale, tutti i dati delle ricerche confermano la maggiore frequenza per il sesso femminile. L’abuso sessuale si configurerebbe come un fenomeno che interessa soprattutto minori di sesso femminile: si stima che per una bambina o adolescente la probabilità di subire abuso sia da due a tre volte superiore rispetto al maschio. E’ però, probabile che le statistiche riguardanti vittime di sesso maschile siano sottostimate a causa della maggiore reticenza maschile ad ammettere esperienze di questo genere anche per il timore della stigmatizzazione sociale dell’omosessualità. Dalle numerose ricerche c’è convergenza sull’individuazione di una popolazione femminile pari al 15% e maschile pari al 6% che avrebbe avuto esperienza di vittimizzazione prima della maggiore età.
Ciò che realmente costituisce un elemento determinante nell’accadimento di un episodio violento, è la composizione del nucleo familiare: la maggior parte delle vittime risulta appartenere a famiglie disgregate e disorganizzate. In particolare nel caso dell’abuso intrafamiliare si deve constatare l’assenza dei confini generazionali.
Nel caso dell’incesto fra padre e figlia l’abusante tende a stabilire con la figlia un rapporto esclusivo, la elegge a figlia preferita, oppure cerca una particolare vicinanza affettiva mostrandosi incompreso e bisognoso di cure. Il padre tende ad invischiarla prospettandole realizzazioni sociali grandiose. Inoltre mette in atto una serie di strategie volte a svalutare la figura materna così da interferire nella relazione madre-figlia.
L’azione del padre volta all’isolamento della figlia agisce in molti casi su una difficoltà preesistente della madre a fornire protezione e vicinanza affettiva alla figlia. Queste difficoltà possono essere legate a sue problematiche personali o a fattori contingenti come malattie fisiche che aumentano la distanza tra le due in modo tale da rendere impotenti entrambi: l’una ad accorgersi dell’abuso e a difendere la figlia, l’altra a chiedere aiuto.
Alcuni autori hanno individuato le fasi attraverso cui si esplica l’abuso sessuale.
- fase dell’adescamento: l’abusante mette in atto una serie di comportamenti per attirare a sè la vittima;
- fase dell’interazione sessuale: l’abusante passa a forme via via sempre più intrusive (da discorsi pornografici a esibizionismo, voyeurismo, a contatti fisici fino alla penetrazione);
- fase del segreto: l’abusante costringe la vittima con vari mezzi a tacere;
- fase dello svelamento: il bambino comunica l’evento abuso;
- fase della rimozione: vi è il tentativo da parte della vittima di negare la realtà dell’abuso e il suo danno anche a causa delle frequenti pressioni psicologiche esercitate dal proprio nucleo d’appartenenza.
Per quanto riguarda la durata dell’abuso, quando questo è perpetrato da estranei nella maggior parte dei casi l’evento tende a fermarsi ad un solo accadimento.
Differentemente se l’abuso è compiuto da familiari o persone conosciute dal minore questo evento tende a ripetersi con un aumento della gravità.
Nelle situazioni caratterizzate da una violenza di natura prevalentemente sessuale è poco frequente che l’abuso sia accompagnato da violenza fisica. Inoltre gli studi clinici mettono in evidenza sempre più spesso l’esistenza di un legame tra maltrattamento e abuso sessuale, nel senso che differenti tipi di violenza possono accadere simultaneamente all’interno di un nucleo familiare.




Abuso Sessuale

Altro grande capitolo è quello dell'abuso sessuale; è noto ormai che questo fenomeno attraversa tutti i gruppi sociali senza sostanziali differenze di incidenza. L'influenza degli aspetti sociali, di quelli culturali ed economici appare quindi secondaria nella genesi di questi comportamenti. Questo non significa affermare che non esistano fattori di rischio psicologico e sociale rapportabili alle situazioni di abuso ma piuttosto che questi fattori di rischio sono in gran parte aspecifici e cioè non collegabili unicamente a queste situazioni. La definizione più accettata è quella per la quale è definito abuso ogni relazione sessuale imposta da un adulto a un minore. Il coinvolgimento di un minore in una relazione sessuale di questo tipo si basa infatti su una posizione di potere e dominio da parte dell'abusante. L'abuso costituisce, sul piano delle relazioni interne dell'abusato, una devastante esperienza di intrusione che può sovvertire, se non distruggere, i contenuti del suo mondo interno. Al bambino abusato vengono, infatti, imposti comportamenti sessuali anomali rispetto al suo stato di maturazione mentale e fisica e che quindi non può contenere, anche perché raramente ha in quel momento la possibilità di avere vicino a sé un adulto “sano” con cui condividere l'esperienza traumatica. L'abuso sessuale ha in comune con altre esperienze di maltrattamento, la caratteristica di essere, prima di tutto, un abuso psicologico. Quando l'abusante è, come spesso succede, un parente se non un genitore del bambino, questa caratteristica è ancora più gravida di conseguenze negative. Il bambino vittima di maltrattamento mostra spesso una sintomatologia composita, aspecifica, che pur non costituendo una prova certa che vi sia stato un abuso ai suoi danni, certamente può rappresentare un segnale di allarme per la famiglia.




Le conseguenze psicologiche nel tempo

Il problema delle conseguenze psicologiche di questi soggetti non ha una evoluzione univoca, ma è in funzione della situazione psicologica individuale e soprattutto di come l’ambiente familiare e sociale in cui vivono reagisce.
Oltre alle reazioni immediate, l’abuso determina nei minori effetti a lungo termine. Occorre inoltre ricordare che alle conseguenze della violenza sessuale in sé si aggiungono, dopo che il fatto è venuto alla luce, gli ulteriori effetti derivanti dall’aggravarsi della disgregazione familiare, dal discredito sociale e dall’intervento istituzionale sul minore. Anche a distanza di anni le vittime possono presentare stati ansiosi, depressione, insicurezza, aumento dell’aggressività, difficoltà di apprendimento, complessi di colpa e problemi sessuali. In certi casi l’esperienza incestuosa può essere responsabile a distanza di tempo di episodi di autolesionismo, di anoressia o bulimia.
Il bambino nella sua evoluzione ha delle fantasie connesse con la sessualità, l’aggressività, le tematiche incestuose (basti pensare ai miti di Edipo e di Elettra), ma queste sono funzionali al suo sviluppo fintantoché rimangono nel campo delle fantasie inconsce. Se però queste vengono sperimentate nella realtà assumono una possibilità gravemente traumatica perché danno al bambino l’esperienza che tali fantasie possano realizzarsi, e ciò fa perdere la distinzione tra realtà e fantasia, indebolisce l’Io, favorendo la strutturazione di gravi forme di nevrosi, fino allo sviluppo di veri comportamenti psicotici.
L’abuso sessuale è un abuso frequentemente sommerso e che riemerge talvolta nei racconti dei pazienti ormai adulti, poiché, quando l’abuso si era verificato, i sentimenti di vergogna, di imbarazzo, pudore nonché violenze psicologiche avevano impedito al bambino di parlarne o avevano prevalso sulla opportunità da parte di altri familiari non abusanti di denunciare il fatto all’autorità giudiziaria e di occuparsi del minore che aveva subito l’abuso.
Il trauma dell’abuso sessuale non viene mai completamente superato. Spesso l’abuso viene rimosso, cioè viene apparentemente dimenticato perché la vittima non è in grado di sostenere mentalmente l’angoscia ed il dolore dell’accaduto. Ma le conseguenze del trauma rispunteranno fuori con sintomi vari in un altro momento di debolezza o di confusione psichica, creando nuovi ed ulteriori danni. Occorre che la vittima di abuso sessuale venga aiutato da veri terapeuti ad affrontare il dolore che l’abuso provoca in lui, affinché quella esperienza venga circoscritta e isolata per evitare che si verifichino delle distorsioni come l’identificare la violenza subita con l’atto sessuale. Quando ciò si verifica, la successiva vita affettiva e sessuale risulta bloccata perché sentita come violenta e la vittima vivrà sola, incapace di relazioni sentimentali e sessuali. In altri casi la vittima di abuso sessuale può attribuire una connotazione sessuale alle future relazioni con figure importanti, quali insegnanti, medici, superiori, ecc., non tanto perché personaggi importanti in sé quanto per la figura che essi rappresentano.
Infine nei casi in cui il figlio maschio è abusato dal padre può predisporlo ad una ripetitività dell’esperienza, può anche verificarsi cioè che la piccola vittima di un abuso sessuale da adulto si trasformi in aguzzino ripetendo il comportamento abusante nei confronti di altri minori.
Le conseguenze psicologiche dell’abuso sessuale sono particolarmente gravi nei casi in cui l’abuso si è verificato in famiglia. Nei casi di incesto, le modalità dell’abuso sessuale possono essere determinanti. Quando la piccola vittima ha subito un vero e proprio stupro da parte di un genitore violento, le conseguenze saranno quelle di una violenza carnale aggravate dal fortissimo trauma psicologico legato alla trasformazione negativa della figura genitoriale, che passa improvvisamente da un ruolo protettivo a quello di aggressore. La situazione è diversa se il genitore ha agito senza violenza apparente, assumendo un atteggiamento deduttivo, sfruttando l’ingenuità del figlio o della figlia e mettendo in atto ricatti affettivi. In questo caso la partecipazione all’incesto potrà portare la vittima a sviluppare profondi sensi di colpa e di disprezzo nei propri confronti, unitamente alla tendenza all’autoisolamento affettivo e a repulsione verso il sesso opposto. Ne possono derivare comportamenti antisociali, tentativi di suicidio, abuso di alcool e di droghe. Infine in tanti casi le donne vittime di incesto paterno possono facilmente darsi alla prostituzione a causa delle dinamiche masochistiche che sviluppano.
E’ importante sottolineare che lo sviluppo di sentimenti di colpa è determinato in modo decisivo dal comportamento della famiglia e del gruppo sociale di appartenenza, che spesso tende ad attuare un vero e proprio processo di emarginazione e di colpevolizzazione nei confronti delle vittime dell’incesto. Specialmente le femmine subiscono queste conseguenze dal momento che l’opinione comune tende ad attribuire loro un ruolo attivo nella dinamica dell’incesto, ossia di provocazione verso l’abusante.
Non va tralasciato di parlare delle altre forme di abuso intrafamiliare. Quando è la madre ad abusare sessualmente dei figli, questa esperienza mantiene lo sviluppo psichico del bambino che lo subisce in una situazione endogamica e ad un livello infantile, e lo fissa in tali situazioni con gravi ripercussioni sulla capacità di stabilire relazioni sociali, affettive e sessuali da adulto.
Analogamente deleteria è l’esperienza incestuosa tra fratelli, che è causa di profonde sofferenze psicologiche e talvolta predispone ad un futuro abusante.




Sintomi Psicologici

L’abuso sessuale dei minori causa la disorganizzazione generale della vittima. Le caratteristiche estreme sono frequenti e possono coesistere. Una persona può essere “un genio stupido” o “tiranno remissivo” o “farabutto onesto”. Tra le principali manifestazioni di disorganizzazioni della persona si possono menzionare:
- onestà o disonestà;
- timidità o aggressività;
- ipervigilanza o indifferenza;
- obesità o anoressia;
- intelletto inferiore o superiore;
- ricerca per potere o sottomissione;
- autoaccusa o presunzione;
- fatalità o pensiero magico;
- ipersessualità o timore della nudità;
- ottimismo o ansia cronica;
- nessuna paura o paranoia;
- nuotando e bagnandosi o ignoranza dell'igiene;
- sposi remissivi o autoritari.










Sintomi di Disturbo di Personalità Multipla
La dissociazione ed il Disturbo di Personalità Multipla sono conseguenze dirette del trauma severo. Gli abusi sessuali sui minori sono la ragione più frequente per avere Personalità Multipla.
- depressione (Confidenza ~ 100%);
- attacchi di panico (Confidenza ~ 100%);
- comportamento seducente (Confidenza ~ 100%). Il comportamento seducente in adulti tende ad accadere con regressione di età;
- menzogna per nessun motivo;
- memoria malata di nomi di amici intimi;
- oblio immediato;
- animosità ingiusta e sbagliata (religiosa, etnica, razziale, sessuale ed altra);
- oscillazioni intellettuali;
- oscillazioni di umore;
- lacune nella memoria;
- falsi ricordi;
- la patologia bulimia;
- capelli molto corti (donne);
- barba di capra o baffi con contorni netti (uomini).
Oltre che Disturbo di Personalità Multipla, gli abusi sessuali sui minori producano altri disturbi dissociativi. Questi possono diventare evidenti come autoinganno, credenza nel soprannaturale, aggressione, comportamento impulsivo, confabulazioni, immodesto e una perdita di pensare, di intelligenza, di giudizio razionale e di inibizioni sociali.

Conseguenze

- Omosessualità
- Omofobie
- Incapacità di avere bambini (donne, dovuto gli aborti in età adolescenziale)
- Ragazze che hanno bambini ad un'età giovane
- Vegetarismo (dovuto la violenza orale)
Gli effetti di abuso sessuale sui minori sono imprevisti. La stessa natura e lo stesso grado della violazione possono avocare effetti differenti nelle persone differente. Tranne la dissociazione, le vittime dell'incesto non hanno indicatori universalmente comuni. La dissociazione è l'indicatore.
Indicatori comportamentali e psicologici di chi ha subito un abuso
Estremo interesse per adulti di un sesso in particolare, insolito interesse per i genitali di altri adulti, atti sessuali mimati con adulti, bambole o altri bambini, esibizionismo, masturbazione in pubblico, precocità, promiscuità, precoce condotta sessuale ripetitiva, repentini cambiamenti dell'umore o del comportamento, disturbi del sonno, incubi, enuresi, ansia di separazione, insicurezza, cambiamento delle abitudini alimenta. Più in particolare il bambino abusato sessualmente mostra un interesse inusuale verso le questioni sessuali e pone domande per capire se tra amore e sessualità c'è un nesso e se c'è sempre amore nella sessualità. Accusa disturbi del sonno, incubi, terrore notturno, enuresi; il bambino ritorna a fare la pipi addosso e non solo a letto, fa sogni paurosi con figure e mostri grandi che lo inseguono e lo trattengono contro la sua volontà. Può essere in preda a sintomi di ansia, depressione e comportamenti di isolamento.
Il bambino non vuole rimanere da solo con una certa persona, chiede di non essere lasciato solo infatti afferma spesso: "non mi lascerai da solo?” .Spesso è proprio questa frase - domanda che il bambino usa per comunicare il proprio problema. Può assumere comportamenti seduttivi nei confronti dell'adulto, per esempio, ricerca del bacio sulla bocca.
Per sentimenti relativi al proprio corpo vissuto come sporco o danneggiato, acqua e sapone vengono super usati ed aumenta anche la durata dei lavaggi; lamenta doloretti in varie parti del corpo. Rappresenta in giochi, disegni o fantasie, contenuti sessuali o aspetti dell'abuso.
Altri:
- riduzione dell'autostima;
- difficoltà ad amare o a dipendere dagli altri, è meno affettuoso, ha un comportamento aggressivo o distruttivo;
- ha paura di intraprendere nuove relazioni o attività: è stranamente silenzioso, non sembra incuriosito (come di solito) alle novità e alle nuove conoscenze;
- la maestra si accorge che qualcosa non va infatti vanno incontro più facilmente a fallimenti scolastici;
- fa abuso di alcool o di droga;
- instabilità emotiva, ansia, sensi di colpa e vergogna, passività, pianti improvvisi e immotivati, bruschi cambi di umore, irritabilità;
- esitamento o paura insilata di persone o luoghi;
- contentezza di essere in situazioni normalmente sgradevoli, ma vissute comunque dal minore come protettive (ad esempio ospedalizzazioni);
- riferimenti al fatto di avere dei segreti che non si possono comunicare;
- improvvisa perdita di interesse per attività prima molto gradite;
- rifiuto di partecipare ad attività ludiche o sportive;
- rifiuto di spogliarsi in occasione di attività sportive o visite mediche;
- rifiuto di sottoporsi a visite mediche;
- eccessiva docilità e passività durante gli accertamenti ginecologici in bambine piccole;
- inadempienza scolastica;
- disturbi dell’apprendimento, crollo improvviso del rendimento scolastico;
- fughe da casa;
- fobie, malesseri psicosomatici (cefalee, dolori addominali, nausee, enuresi, ecc.);
- comportamenti aggressivi;
- disturbi del sonno;
- disturbi dell’alimentazione;
- paura degli adulti;
- atteggiamento seduttivo e spesso sessualizzato nei confronti degli adulti;
- conoscenza anomala di aspetti della sessualità adulta in bambini molto piccoli;
- disegni a contenuto sessuale traumatico;
- giochi sessualizzati con bambini più piccoli;
- incapacità di stabilire relazioni positive con i coetanei;
- depressione, malinconia, angoscia;
- autolesionismo;
- tentativi di suicidio;
- condotta delinquenziale.
E’ importante non diffondere in maniera esagerata tutti questi indicatori poiché è reale il rischio che tutti vedranno abusi dappertutto.





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domenica, febbraio 10, 2008


            

A cura del Dr. MASSIMO SANTORO

 

L'immagine allo specchio e lo specchio dell'immagine attraverso la fotografia.

L'uso della foto nel Counselling

 

 

 

La fotografia è un fenomeno sociale: dalla fototessera alle foto di cerimonie e vacanze, ai reportage, alle cartoline, ai manifesti pubblicitari e alle foto d'arte essa assume funzioni di documentazione, interpretazione, memoria storica, ricerca sociale, antropologica e psicologica.

E' parte integrante della vita collettiva e familiare. Sicuramente nelle famiglie dove sono presenti bambini si fotografa di più, ma la necessità di immortalare con immagini fotografiche momenti di vita piacevole, di fermare ricordi ed emozioni viene sentita da chiunque. Basti pensare alla "frenesia fotografica" dei turisti davanti a paesaggi e opere d'arte. 

L'importanza delle fotografie, quale strumento educativo, deriva dall'interesse e dallo stretto legame che esse hanno per la memoria.

La memoria è il mezzo attraverso il quale gli individui conservano i propri trascorsi ed è attraverso i ricordi che noi possiamo comprendere svariate situazioni; infatti, essa contiene: azioni, idee, emozioni, persone, oggetti, che hanno fatto parte e che tuttora fanno parte della personalità e delle esperienze sociali di ciascun individuo.

Attraverso la memoria immagazziniamo le informazioni che assimiliamo dal mondo esterno. Essa può essere paragonata ad una biblioteca, dove accumuliamo tutte le conoscenze che possano servirci per la nostra esistenza o soddisfare i nostri bisogni.

Le fotografie, come mezzo educativo per comprendere e stimolare la nostra memoria, sono estremamente utili all'individuo, poiché la fissazione dei ricordi e del riconoscimento degli stessi, a livello individuale, avviene per mezzo di quadri individuali e sociali preesistenti all'individuo, quali il linguaggio, la rappresentazione dello spazio, le rappresentazioni del tempo, tutti elementi che forgiano ed educano gli individui.

Nella memoria, dunque, il passato non è mai accessibile in modo diretto, e non è mai conservato in modo definitivo.

La mediazione con il presente lo costituisce di volta in volta in forme diverse. La memoria emerge come insieme dinamico, luogo non solo di selezione, ma di reinterpretazioni e riformulazioni del passato (Bartlett, 1932).

La sua funzione più che essere quella di fornire ricordi perfettamente coincidenti del passato, consiste nel preservare gli elementi del passato che garantiscono ai soggetti il senso della propria continuità e la conservazione della propria identità.

Identità che si interseca e si mescola ad altre identità. I gruppi sono il fulcro dove si formano le personalità degli individui, dove si creano pensieri, idee, dove si condividono: oggetti, affetti, sensazioni. Ma le immagini che emergono, quando si richiama il passato, sono diverse da individuo a individuo, pur avendo condiviso lo stesso gruppo. In questa prospettiva la memoria è frutto di una mediazione, di incroci e di integrazioni di memorie diverse. L'azione educativa, quindi, consiste nel richiamare alla mente queste immagini stimolando la persona attraverso un elemento esterno che gli permetta di partorire i propri ricordi.

La fotografia stimola la persona a portar fuori se stesso, nel rispetto di quanto: prova, sente, ricorda.

Le foto portano a riappropriarsi della propria storia di vita o meglio a prendere coscienza di quanto si è vissuto, e ciò, servirà, soprattutto al soggetto per comprendere le rappresentazioni mentali, le immagini, le situazioni, le interazioni, che quotidianamente vede ma non riconosce. Attraverso le fotografie il soggetto ha modo di riflettere su se stesso, sulla realtà familiare, sulla situazione lavorativa, sulle dinamiche d'interazione che usa, sui suoi sentimenti, paure, ecc.

Come suggerisce Duccio Demetrio in "Storie di vita", (1996), l'educazione si occuperà di considerare soltanto ciò che ha generato apprendimento e ciò che è stato elaborato cognitivamente su questi piani:

I) il piano delle informazioni, rivelatesi indispensabili alla vita pratica, morale, affettiva, identitaria e che ci darà, allora, qualche cosa di significativo agli effetti della ricostruzione dell'educazione intellettuale, sentimentale, civile, professionale.

II) Il piano delle rielaborazioni, ovvero delle destinazioni che il soggetto ha impresso a quanto imparato, funzionali alla realizzazione di un'immagine positiva, accettabile, ed estimativa di sé.

IlI) piano delle restituzioni, coincidente con tutto quanto il narratore di sé racconta a se stesso tra sé e sé, o al suo interlocutore, in merito a quanto ritiene di essere riuscito a trasmettere, a comunicare.

Le foto in ambito educativo trovano applicabilità con giovani, adulti, anziani.

I tempi che abitano tale formazione sono: il passato, il presente, il possibile. I ritmi di crescita e di sviluppo cognitivo sono: i bilanci di vita; esami di realtà; proiezioni.

Esaminando gli scritti di Wallon, Preyer e Lacan[1] e precisamente nell'affrontare lo sviluppo dei bambini, si potrebbe ipotizzare un'analogia tra l'utilizzo foto e lo stadio" dello specchio", nonostante le diverse interpretazioni ed impostazioni a livello generale del suddetto stadio.

Durante la fase dello specchio si definisce lo schema corporeo, la distinzione fra sé e gli altri e l'articolarsi del linguaggio verbalizzato sintatticamente. Infatti intorno al quarto mese di vita l'interesse del bambino si acuisce per la propria immagine riflessa e quella di chi gli sta accanto.

Il bimbo cerca di toccare la propria immagine nello specchio, qualora sia presente anche una figura estranea al bambino, quest'ultimo tende ad osservare alternativamente la propria immagine e la figura reale dall'esterno. Intorno ai due anni si osserva che il bambino vive una forte conflittualità nei confronti dello specchio poiché il bambino sa che l'immagine di una figura nota è un'immagine vuota.

La mano che cerca l'altro dietro allo specchio riduce l'ampiezza del proprio movimento e si limita, nel caso della propria immagine, a toccare il retro dello specchio. In questa fase si possono generare dei disturbi, accentuando lo stato di conflittualità che si determina dal rapporto tra una figura raggiungibile e una figura vuota.

La persona si troverà di fronte ad un dilemma: immagini sensibili, ma non reali; immagini reali ma che sfuggono all'esplorazione percettiva.

Al termine della fase dello specchio vi è il punto d'arrivo che può essere raggiunto solo tramite la mediazione dell'altro.

Analizzando nei minimi particolari la fase o stadio dello specchio e di come esso favorisca lo sviluppo del futuro soggetto ossia la percezione del sé corporeo, i conflitti che lo specchio determina, l'importanza dell'altro, la consapevolezza dei propri limiti, ecc.; esperienze, che il bambino sperimenta per la sua crescita e il suo sviluppo, si ripetono sotto forme diverse al soggetto adulto nell'arco della vita.

Di fronte alle difficoltà, talvolta l'adulto perde il contatto col proprio sé corporeo e i conflitti sono visti ma non riconosciuti (Alvin W. Gouldner in "La sociologia e la vita quotidiana" p.41)

Inoltre, può capitare che il contatto con la realtà è precario e la percezione che si ha tra le istanze interne e la realtà, mancano di un collocamento stabile con l'esterno.

Partendo dall'immagine di sé, che il soggetto ha costruito nell'arco della propria vita che col tempo ha perso di vista o è diventato fonte di frustrazione.

La fotografia (proprio come lo specchio) può essere utilizzata, in ambito educativo, proprio per ripristinare e riordinare aspetti della propria vita che col passar del tempo si sono o sono stati oscurati. Proprio come lo specchio, l'immagine fotografica serve innanzi tutto per conoscersi.

Infatti la persona in difficoltà, attraverso le foto, ha modo di narrarsi e quindi di svelare come in realtà si percepisce e come si rapporta nell'ambito familiare e sociale. Per quanto riguarda la propria percezione corporea, l'adulto non si percepisce nella totalità, tutto ciò, è causato dal fatto che si guarda poco; e l'immagine che si crea di sé deriva dai rimandi che gli altri gli rimandano durante le interazioni. La foto invece rispecchiano angolazioni, posture, gesti, mai osservati.

Sull'immagine corporea, vero specchio mentale delle nostre percezioni, s'innesta il nostro vissuto psicologico, che condiziona e/o deforma la nostra l'immagine.

L'immaginazione oltre ad identificarsi con la rappresentazione mentale che ogni persona ha di se stessa, introduce anche la dimensione personale che interpreta la realtà e permette il confronto con il reale partendo proprio dal vissuto soggettivo.

Il problema in questo caso è: l'interrelazione tra la funzione cognitiva (che ci permette la visione oggettiva della realtà) e la funzione immaginativa (che trasforma il reale attraverso l'esperienza soggettiva che ne abbiamo).

Da non trascurare, poi, è la fantasmatizzazione, che non considera il reale ma lo ingloba nei vissuti psichici profondi.

La fotografia, utilizzata come specchio dell'immagine del proprio corpo, può far sì che si stabilisca un equilibrio tra le funzioni cognitive e affettive in relazione al corpo.

Variazioni dell'immagine corporea, secondo Schilder, sono gradite alla persona e vengono indotte anche per esempio dall'abbigliamento, dalla danza, dal maquillage, dal movimento espressivo ecc.

Talvolta guardando una foto si prende coscienza di come si è in realtà e quindi si avrà una differente percezione del proprio sé, diversa da com'è stata vissuta sino al momento considerato. Quindi l'immagine fotografica assume, in questo caso, anche un'altra funzione: svelare aspetti che non sono presenti alla coscienza, cioè attraverso le foto possono emergere situazioni conflittuali, stati d'animo, sensazioni, contenuti, sentimenti, che sono sfuggiti all'esplorazione percettiva del soggetto. L'individuo attraverso le foto, si riapproprierà della realtà che lo riguarda, materializzando ed interiorizzando il proprio vissuto, portando un cambiamento al suo presente. La fotografia sarà, quindi, fonte d'informazione, d'elaborazione, d'introspezione, di rimembranze, di proiezioni. Ancora le foto portano allo svelamento e alla percezione di una nuova realtà, di un rinnovato modo di vedere e vivere la quotidianità. Quindi, come lo specchio così anche le fotografie divengono un mezzo capace di divenire oggetto utile alla comunicazione, senza originare ansia eccessiva e predisponendo il soggetto al cambiamento.

Le fotografie possono spiegare e illustrare la storia individuale, di coppia e di famiglia del cliente.

Attraverso la descrizione che la persona fa si possono avere molte informazioni sugli individui ritratti, si viene così a conoscenza degli stereotipi, degli atteggiamenti, delle tradizioni presenti all'interno della famiglia.

In tal modo si potrà avere un quadro chiaro dei cambiamenti che, durante gli anni, hanno interessato i singoli membri ed il sistema sociale di appartenenza.

Si potrà, altresì, esplorare il significato che i mutamenti hanno prodotto, nonché studiare: le norme familiari, lo stile, l'abbigliamento, le alleanze.

Alcune foto aiutano ad entrare in contatto con ricordi legati a persone morte o con cui non si hanno più contatti. Esse sono una grande opportunità per rivedere i sentimenti e le emozioni legate a persone scomparse. Talvolta rivisitare queste foto con gli occhi da adulto permette la rivalutazione di eventi problematici. Rivisitando il passato le persone possono affrontare situazioni che potrebbero essere rimaste senza soluzione.

Nel guardare le foto si dovrà porre attenzione all'espressione della persona, agli stati d'animo, alle azioni, alla mimica facciale, alla postura e ai commenti spontanei.

Inoltre nell'esaminare le foto sarà opportuno esaminare le distanze esistenti fra i componenti: se sono troppe strette, invischiate oppure se sono distaccate. Molte foto rappresentano persone con le braccia conserte, con le mani dietro la schiena o sprofondate nelle tasche: tutto per evitare il contatto fisico con gli altri. Di notevole importanza sono i dettagli, quali: l'assenza di espressioni di affetto, di calore, d'intimità.

Altro aspetto da considerare è quanto affetto e sostegno hanno ricevuto le persone nei primi anni di vita, ciò è possibile esaminando le foto dove i bambini sono ritratti nelle braccia di un adulto, dall'atteggiamento e dalle espressioni impresse sulla pellicola o supporto digitale.

Il modo in cui i bambini vengono tenuti in braccio è estremamente importante nello sviluppo della loro capacità di rapportarsi agli altri.

Il bambino che viene tenuto – fisicamente ed emozionalmente – con vero affetto, da adulto saprà amare ed essere amato.

Diversamente proverà un senso di vuoto interiore e di nostalgia che si manterranno nel tempo e che comprometteranno i suoi rapporti da adulto e la sua capacità di essere genitore. Guardando le foto si nota spesso che alcuni adulti mostrano un modo contenente e sicuro di tenere i bambini in braccio; altri lo fanno in modo distratto e sembrano non prestare alcuna attenzione al bambino, altri ancora, li tengono in un abbraccio ansioso e troppo saldo.

Attraverso le foto si può prendere coscienza della distanza esistente tra familiari o vedere l'invidia e la rivalità esistente fra fratelli. La posizione che si occupa, le distanze e l'attaccamento nei confronti di un familiare sono degli indizi importantissimi per comprendere il ruolo che si ha o si aveva in famiglia. Attraverso la riproduzione fotografica si può ipotizzare la preferenza per i maschi o le femmine, perché il genere favorito occuperà la posizione in primo piano, mentre gli altri avranno un posto di minore rilievo.

Le fotografie sono di grande aiuto per individuare e vedere i problemi, perché mettono in risalto le interazioni familiari, talvolta confermando oppure smentendo memoria e percezione. Davanti alla macchina fotografica si possono inconsciamente manifestare aspetti importanti del funzionamento di una famiglia. Non di rado si possono esplorare legami dissolti da tempo, le persone in questo caso appaiono rigide, distanti le une dalle altre, con le braccia penzoloni o nascoste; oppure vediamo che alcune persone sembrano avere un ruolo protettivo, mentre altre sono chiaramente protette. Le foto ci possono dare dimostrazione del tipo di funzione svolta dai vari membri della famiglia all'interno del sistema familiare. Alcuni bambini, ad esempio, devono rivestire ruoli da adulti molto gravosi sin da piccoli. Di solito chi ha questo ruolo, nella foto, si situa o è posizionato al centro, questa centralità rappresenta il fulcro della famiglia, il soggetto che media ed unisce un gruppo. Di contro il <<capro espiatorio>> o la <<pecora nera>> di un gruppo, all'interno di una fotografia, è messo da parte, parzialmente nascosto dagli altri o addirittura escluso.          

Concludendo si può osservare come, attraverso le foto, i bambini imitano i genitori e come, assorbono l'aspetto degli adulti.

Infatti, spesso, gli adulti riproducono inconsciamente il linguaggio corporeo e le espressioni dei genitori; tale realtà emerge proprio osservando una vecchia fotografia.

 

 

 

 

 

 

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