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lunedì, novembre 03, 2003

SEMPLICEMENTE LA TERAPIA DEL SENSO COMUNE.

Eppure ci lavoro ogni giorno, mi sembra quasi banale poter affermare con
semplicità il valore della normalità in terapia, di quanto spesso ci capiti
da terapeuti di aiutare casualmente gli altri attraverso un semplice lavoro
di senso comune condiviso. Ciò che voglio dire, da terapeuta, psicoterapeuta
per la precisione, è che la terapia è molto più vicina al senso comune
condiviso di quanto non sia creduta, ritengo che ci si spinga a trovere
chissà quali recondite risposte teoriche in fatti terapeutici che sono al
contrario semplici, anzi banali.
Aiutare gli altri sembra più entrare nel loro mondo con la nostra
intelligenza, osservare la loro vita, analizzarla curiosamente, senza
riuscire a dar giudizio, stupiti magari, ma senza malizia ne doppi fini,
realmente incuriositi di quell’intelligenza che ha cercato soluzioni e le ha
trovate, magari con evidenti difficoltà, dimostrando tutti i limiti di una
lucidità ora offuscata, ora scoraggiata, ora disattesa. Com’è complesso il
temperamento umano, abitudini, comportamenti, conoscenze, sensibilità, tutto
sembra intrecciarsi in un groviglio insormontabile, ecco che quindi ti metti
a seguire ora questo ora quel ragionamento, ogni tanto scopri una logica
latente, sottesa a quella vita, altre volte più semplicemente vedi una
persona trascinata dagli eventi che non avrebbe potuto comportarsi meglio di
quanto ha fatto.
E’ il rispetto per quei tentativi che riesci ad avere, il rispetto per
quelle risposte anche se così limitate e circonstanziali, il rispetto per un
intelligenza che ha reagito correttamente pur perdendosi e facedo cadere la
persona nelle confusione, come nel panico o nel più totale smarrimento.
Fino a che si è giovani è facile dare ed avere risposte valide, è facile
l’adattamento, si è forti e reattivi, ogni ostacolo mostra punti deboli, lo
si può aggredire e venirne a capo. Con gli anni la freschezza se ne va ed i
primi acciacchi ci fanno sentire la fallibilità della vita, risulta sempre
più pesante stringere le spalle farsi forza e proseguire.
Non per questo ci si arrende, piuttosto sono i tempi di reazione che si
modificano, il tipo di risposte che sembrano cambiare, si scopre il buon
senso che tante volte ci ha dato una mano senza che ne fossimo consapevoli.
La terapia lavora per la ricerca del buon senso, del cambiamento di
prospettive, è una comprensione / condivisione della vita che si impone, che
si presenta e ci conquista trovando csualmente nuove risposte a vecchie
domande.
Mi chiedo spesso cosa sia mai terapeutico in ciò che faccio da terapeuta
quando induco cambiamenti in una persona, la risposta però non mi arriva,
probabilmente non esiste neppure, è forse addirittura tempo perso cercare
una regolarità nei cambiamenti, più semplicemente i cambiamenti sono la
quintessenza casuale dell’irregolarità, alle volte rappresentano addirittura
ciò che di più sbagliato avremmo preso in considerazione, razionalmente
parlando.
Mi accorgo in questo stesso momento di non riuscire a dare una spiegazione
al valore del senso comune condiviso nella terapia, se non constatandone i
risultati, mi rimetto dunque alla semplicità con cui molto spesso ed in modo
assolutamente casuale ci troviamo ad aiutare gli altri senza che ci fosse
stata chiesta alcuna prestazione in merito, o senza renderci conto del
risultato ottenuto.
Le persone cambiano a loro insaputa, o meglio all’insaputa di una parte di
loro che li tratteneva inconsapevolmente in empasse.
Parlare confrontarsi, come rider e o disperarsi costituisce un percorso in
cui ci si ritrova in un senso comune che ci dà la forza di reagire,
cambiare, comprendere megli i limiti e le possibilità che ci sono offerte, e
quando ciò accade è un po’ come ritrovarsi, ritrovare la stada di casa,
riconoscere e i posti e le persone e non essere più soli, non essere più
alla ricerca affannosa di un qualcosa di così poco chiaro.
Per rimanere nell’idea di semplicià mi sembra costruttivo dire che non c’è
risposta migliore ai problemi della vita che non passi attraverso la nostra
creatività, è li che possiamo veramente abbassare la nostra martellante
critica e darci tempo e spazio per reagire, cambiare è permettersi in modo
acritico di entrare a far parte del senso comune condiviso con l’altro, e
tutto ancor più semplicemente è da sempre riassunto in un atto d’amore verso
se stessi, gli altri, il mondo.
Fare terapia al momento non mi sembra altro che fare, o permetter di fare,
un “semplice e banale” atto d’amore verso se stessi, gli altri o il mondo,
essere terapeuti è in ogni caso saper abbassare la critica, il pregiudizio e
condividere col l’altro la sorte del momento.

giovedì, luglio 31, 2003

Il terapeuta che è in noi!
 
Nel nostro lavoro di terapeuti ci siamo chiesti cosa fosse terapeutico,  cosa permetteva alle persone di stare meglio rispetto alla loro vita, alle loro abitudini, cosa permettesse alle persone di cambiare.
Per rispondere ad una domanda del genere non ci siamo posti sul piedistallo autorizzandoci ad essere referenti privilegiati nel ruolo di psicologi, bensì abbiamo volutamente considerato il bisogno e la ricerca di soddisfazione, cioè a dire dove vanno le persone normali che desiderano cambiare, migliorare la loro vita,  tirare fuori le loro qualità e potenzialità?
La maggior parte del lavoro che potremmo considerare “terapeutico” è svolto da persone, professionisti e non professionisti, che svolgono la loro attività in qualità di individui che si occupano di  relazioni d’aiuto, i loro ruoli operativi sono i più diversi:  medium, maghi, sensitivi, ed altri ancora.
In comune questi operatori hanno un’utenza che cerca risposte, cerca un aiuto, una guida, cerca di cambiare la propria vita, di migliorare la propria condizione, cerca un proprio ruolo, l’occasione, desidera conoscersi meglio, o è semplicemente curiosa rispetto alla vita, alle proprie esperienze.
La considerazione che la maggior parte delle persone normali si rivolgano a queste figure come interlocutori privilegiati e non  si rivolgessero a psicologi, medici, psichiatri, neurologi o psicotarapeuti ci ha fatto pensare: cosa fanno tali individui da essere così ricercati, è stata la domanda che ci siamo posti, cosa distingueva il loro lavoro dal lavoro di un professionista laureato?
La risposta ci è arrivata venendo a conoscere il loro modo di fare “terapia”, mettendo in luce le loro qualità, la loro competenza in merito al loro operato.
L’impressione che ne abbiamo avuto è stata di avere a che fare con persone normali, semplici, assolutamente simili ad altre persone con altri mestieri, dunque solo il loro  interesse specifico, verso le relazioni d’aiuto, distingueva il loro operato rendendoli utili.
L’idea stessa di terapia sembra aver cambiato aspetto rispetto a queste “normali” qualità manifestate da questi “terapeuti” considerati in fondo dilettanti, si potrebbe parlare veramente di terapia della normalità, di senso comune, caratteristiche, qualità o doti riscontrabili in ogni individuo, la differenza è proprio da ricercarsi nella dedizione e convinzione rispetto a ciò che si fa.
Ogni individuo possiede doti che potremmo definire terapeutiche, qualità e caratteristiche che lo rendono capace di relazionarsi con gli altri, consigliare un amico, essere educativi, aiutare, guidare il proprio figlio, consigliare come sconsigliare.
E’ stata questa considerazione che ci ha fatto maturare l’idea di formare operatori in relazioni d’aiuto, riscontrando nella figura del counsellor tale operatore.
L’idea di fondo da cui siamo partiti è stata duplice, da un lato formare counsellor partendo dalle doti e qualità che ogni persona porta con sè, anche in modo inconsapevole, rispetto a qualità relazionali e terapeutiche, dall’altro lato sviluppare concetti ed esperienze terapeutiche che possano realmente appartenere al quotidiano, all’interno di un bacino culturale, filosofico e scientifico, di grande respiro concettuale e di grande apertura rispetto a scenari futuri, rispetto allo sviluppo ed alla conoscenza dell’uomo.
A tale proposito l’ipnosi ed il costruttivismo sono gli spazi ideali per considerare l’idea di “breve terapia”, non terapia breve che dà, al contrario, l’idea di un percorso ridotto rispetto a terapie considerate lunghe e complesse, noi riteniamo terapeutico ciò che permette di restituire ad una persona autonomia e benessere psico-fisico rispetto ad un obiettivo stabilito, in tale direzione per noi non ha molto senso pensare di conoscere se stessi, la persistenza di un comportamento va intesa come mantenimento della propria identità, possiamo solo considerare l’idea di costruire noi stessi, mente e comportamento, scelte e decisioni sono costruzioni della mente non scoperte, non ha dunque peso pensare di scoprire parti di noi stessi senza rilevare le intrinseche intenzionalità che ci guidano rispetto a obiettivi pre-stabiliti.
Se dunque si può intendere la terapia in un contesto differente, possiamo ipotizzare che normalmente non ci sia patologia nella vita delle persone, se non unicamente un ordine differente in cui disporre le esperienze della vita, un’organizzazione di pensieri, che può risultare asincronica rispetto all’esterno.
Parlare di terapia della normalità è possibile se ci si orienta all’idea di guidare le persone verso il senso comune condiviso, pur mantenendo  le proprie personali idee sulla vita, le proprie intenzioni, decisioni, essere in grado di adattarsi al mondo, motivando la propria vita, finalizzandone intenzioni ed esperienze.
La vita non ha scopo, siamo noi a darle uno scopo, a motivarci, a ricercarne il fine, non c’è scopo fino a quando non si comincia a trovarne uno, o ad adottarlo, o a riceverlo da altri, lo scopo della vita è come un imprinting a cui si rimane esposti fino a farne una ragione di vita.
Lo scopo o gli scopi della vita si fissano in noi lasciandoci un grande senso di appagamento, di realizzazione, il gusto alla vita si struttura poco alla volta con i principi ipnotici orientativi semplici e facili da comprendere attraverso i principi orientativi ed ipnotici dell’educazione: a) il “caricamento” di un programma; b) rinforzi positivi ogni volta che il programma viene seguito;  c) rinforzi negativi ogni volta che il programma non viene seguito;  d) scoraggiamento verso qualunque tentativo di modificare, anche in modo creativo, il programma ricevuto.
L’organizzazione della vita attraverso programmi differenti mette in luce le relazioni che vanno mantenute e che favoriscono un orientamento verso il fine, lo scopo alla vita, che ci si è dati, la vita viene poi vissuta, in modo contingente, attraverso le esperienze che di per sè costituiscono la causa del mondo in cui ci si trova a vivere, attraverso il senso comune condiviso, la conseguenza delle  scelte, delle decisioni, delle possibilità e delle necessità che si è dovuti affrontare.
“Le disgrazie sono tali dal momento che le conosciamo, se non le conoscessimo non sarebbero disgrazie!”. La conoscenza ci orienta a dare valore ed importanza alle cose, la conoscenza non è disinteressata, ci obbliga a creare catene di causa ed effetto, ci orienta umori, volontà, intenzioni; la conoscenza è radicata in noi e pretende da noi azioni, comportamenti, volontà.
L’intelligenza è come un metodo che media tra computi differenti, (semplici elaborazioni della mente), generando dei cogiti, (pensieri compiuti), l’intelligenza è il passaggio da un computo ad un cogito, in tal modo è favorita e favorisce il movimento fisico e/o cognitivo.
Il binomio problematico rispetto all’esistenza delle persone è riassumibile in quello che è il “principio etico ed estetico” della vita; il primo, principio etico afferma: “agisci in modo da aumentare le possibilità di scelta”. Il secondo, il principio estetico dice: “se vuoi conoscere devi agire”.
Proprio da questi due principi generano la maggior parte dei problemi psicologici delle persone.
In primo luogo i problemi generano da ambienti poveri di stimoli, in cui le persone non trovano modo di soddisfare le richieste di movimento cognitivo che la loro intelligenza richiede (possibilità di scelta troppo limitate).
Il secondo problema è legato all’impossibilità di agire; quando si è bloccati da principi culturali, valori e credenze, che non ti lasciano libertà di azione (limitatori esistenziali che derivano dall’ambiente esterno).
In terzo luogo si può rimanere bloccati da un non efficace metodo interno di organizzazione.
In ultimo si riscontano problemi a fronte di un eccesso di stimoli esterni all’individuo, che generano confusione o cattiva organizzazione al suo interno.
Il problema è che fino ad oggi si sono curati gli effetti di tali limitazioni, definendoli patologie mentali; non si è studiata l’eziologia di tali problemi, per poter agire in modo preventivo, rispetto ai risultati negativi ottenuti.
Soprattutto non si è tenuto in considerazione il problema dell’”intellingenza”, uno perchè non la si conosce ancora, due perché lavorando a valle sugli effetti dell’intelligenza stessa, noi consideriamo patologico un effetto e lo curiamo non considerando il fatto che questo deriva da una legittima organizzazione a monte che è l’intelligenza.
Già nel 1941, A. Korzybski, nel suo libro “Scienze and sanity” citava la relazione tra mappa e territorio: un messaggio, di qualunque genere, non è costituito dagli oggetti che denota, la parola gatto non ci può graffiare; il linguaggio è in una relazione con gli oggetti che denota, pari a quella esistente tra una mappa ed il suo territorio.
La “mappa” delle patologie mentali è stata ricavata da un territorio, l’intelligenza, considerando, di questa, i soli effetti negativi ottenuti dalle esperienze umane.
L’intelligenza vive in una dimensione di gioco in cui più elementi possono essere messi insieme in modo creativo e fantastico, la dimensione di scopo o fine spesso prende il sopravvento e attraverso un percorso di causa/effetto viene ad autogiustificarsi come percorso cognitivo, smettendo in tal modo di essere gioco e prendendo le connotazioni di “cosa seria”.
Il problema non deve esssere il considerare il gioco come una cosa seria, esperienza che viene fatta nel momento in cui si studiano gli effetti (mappa) dell’intelligenza (territorio), ma porsi la domanda: “Questo è un gioco?”.
Nel momento che un individuo ha un comportamento bizzarro, tendenzialmente riceve dall’esterno un rinforzo negativo; se questo , l’individuo tornerà a dare comportamenti accettabili, ricevendo rinforzi positivi. Nel momento che, però, il rinforzo negativo non viene collegato direttamente al comportamento bizzarro, l’individuo produrrà nuovi comportamenti bizzarri nel tentativo di ricevere rinforzi positivi, continuando a non capire cosa gli viene chiesto.
Essendo l’intelligenza il sistema più idoneo per modellare nuovi metodi di adattamento, l’individuo tende a giocare, attraverso la sua intelligenza, nuove carte di adattamento all’ambiente; essendo giudicato, in base ai suoi comportamenti evidenti, corre il rischio di essere frainteso.
Come all’interno di un sogno, il sognatore non si rende conto di sognare, così nei comportamenti intelligenti il nostro interlocutore dimentica di porsi la domanda: “Questo è un gioco?”. Prendendo sul serio i propri comportamenti è lui stesso a cadere irretito dagli effetti (comportamento patologico), rispetto alla causa (intelligenza).
Dinnanzi ad un processo terapeutico, un operatore professionale tende a rilevare da un comportamento preso in esame ciò che può capire, e lo fa rispetto alle sue teorie, conoscenze, credenze. Dunque i presupposti da cui parte l’operatore sono fondamentali per capire il processo terapeutico stesso; un presupposto è un qualcosa che dev’essere vero perché quel che segue abbia un senso. Dunque se considero la patologia, perché essa abbia un senso, devo dare lettura del comportamento, partendo da presupposti che giustifichino la patologia stessa.
Se ad esempio parto dall’idea che il cervello genera patologia, leggo i processi che la giustificano, senza prendere in considerazione i giochi dell’intelligenza, continuo a considerare gli effetti come unica causa, non conoscendo le cause che l’hanno generata.
Considerando la terapia da un punto di vista differente dai presupposti classici della psicopatologia, è possibile ipotizzare il cambiamento nell’individuo, lavorando sulla sua intelligenza, utilizzandone le risorse e lavorando sull’idea di salute.
Dal momento che è sempre importante avere una cornice di riferimento esterna, per comprendere ciò che succede al suo interno, il nostro comportamento va necessariamente considerato all’interno di una cornice più ampia che è l’intelligenza.
Ogni insieme va considerato a sé rispetto agli altri, l’insieme delle patologie non può portare con sé l’insieme delle terapie, come l’insieme dei comportamenti non può essere annoverato come l’insieme delle intelligenze. Nessun insieme può essere elemento di se stesso. Così nel considerare, un gioco è solo la decisione che ci permette di scegliere se tale gioco è un tentativo di distinguere tra elementi esistenti o di tracciare nuove linee di confine e ricavarne nuove conoscenze.
La “breve terapia” è interessata a tracciare nuove linee di conoscenza piuttosto che a dedurre vecchi concetti di patologia e, dovendo partire da punti di forza, cerca le risorse dell’individuo ed ipotizza una nuova organizzazione partendo da esse.
La “breve terapia”  è un metodo che permette di ricontestualizzare la vita della persona, fornendole strumenti di lettura diversi da quelli per i quali si era data spiegazioni.
Prima della terapia il paziente pensa ed agisce in base ad un insieme di regole (spiegazioni) con le quali costruire e comprendere le proprie esperienze; dopo la “breve terapia” il paziente opera con un insieme di regole diverse. Le esperienze (cause) generano, in tal modo, mondi diversi (effetti).
Perché questo possa avvenire, le regole non devono essere consapevolizzate, perché sono regole che lavorano sull’intelligenza, restano inconsce e non lavorano sui comportamenti, che sono consapevoli. Dunque nella terapia è fondamentale sviluppare una comunicazione ad un altro livello, rispetto  a queste regole, deve essere passato un messaggio di cambiamento delle regole stesse.
C’è una grande somiglianza tra il processo terapeutico, come nella “breve terapia ipnotica” ed il fenomeno del gioco: ambedue hanno bisogno di un codice di riferimento, per compendere quando si è nel  gioco e quando si è nella realtà, e comunque entrambi si rifanno ad una realtà concreta e condivisa rispetto  alle metafore che vengono utilizzate come mediatori. Praticamente sia il gioco, sia la terapia sviluppano la dimensione del “come se”, per trasformarla in “così è”.
E’ questa la ragione per cui l’ipnosi è lo strumento privilegiato per ogni forma di terapia.
Tendenzialmente la rigidità è un fenomeno collegato all’intelligenza, dal momento che il gioco viene trasferito in una categoria del reale e se ne di mentica questo passaggio. Al contrario, ciò che è regno della fantasia viene considerato come impossibile e quindi allontanato da criteri dell’intelligenza. E’ fondamentale imparare a riconoscere le verità all’interno della fantasia e poter in tal modo sfruttare le risorse di una persona.
In fondo possiamo parlare di sviluppo della comunicazione umana, quando si è smesso di rispondere automaticamente ai segnali dello stato di umore dell’altro, divenendo capaci di riconoscere che il scoprendo che i segnali sono solo segnali,“segno” è il “segnale”, divenendo così capaci di riconoscere che i segnali dell’altro individuo, ed anche i propri, sono soltanto segnali; possono essere creduti, non creduti, contraffatti, negati, amplificati, cambiati, e così via. Troppo spesso tutti noi reagiamo automaticamente ai titoli dei giornali come se questi fossero indicazini oggettive. E’ dunque fondamentale comprendere il dramma che l’uomo ha vissuto, forse mangiando il frutto dell’albero della conoscenza, che i segnali sono solo segnali e che un comportamento è solo un comportamento.
Nella semplicità con cui comprendiamo che spesso i segnali non vogliono dire nulla, accettiamo l’idea che la vita non abbia un fine, se non quello che siamo noi a darle, accettiamo il fatto che nella realtà non ci sono dati, ma solo presi (scelte), che dal momento che per poter percepire dobbiamo anticipare le esperienze, noi diventiamo i migliori profeti di noi stessi.
Da queste considerazione possiamo dire è iniziata la nostra attività formativa, invertendo la tendenza abbiamo messo al scienza psico-fisio-neurologica al servizio dell’uomo, della vita,  della normalità, del benessere, come del disagio, comprendendo come molte volte il problema stia nella scarsa comprensione del fenomeno, piuttosto dello scarso risultato ottenuto; come per la medicina ed altre scienze giovani che hanno impiegato secoli e secoli per poter comprendere i fenomeni e risultar efficaci, così anche per la psico-fisio-neurologia, e le altre scienze connesse al funzionamento del comportamento umano, ci vorrà ancora tempo prima di avere risultati utili ed innovativi, capaci di capire i fenomeni umani ed agire preventivamente rispetto alla loro eziogenesi.
Siamo convinti che le risposte stiano nello studio degli stati mentali, il lavoro attraverso l’ipnosi, per mezzo di considerazioni ed intuizioni di personaggi capaci di operare in contesti differenti, in discipline che ancora non parlano molto tra loro, il costruttivismo, che potremmo definire scienza e conoscenza della cognizione (cognitivologia), riesce a riunire scienze differenti, come le neuroscienze, la cibernetica,  la biologia, ed altre ancora, dandoci l’opportunità di affrontarne sviluppi ed opportunità.
La considerazione che si conosce ancora troppo poco dell’uomo psicologico, della sua vita futura, degli orizzonti che si stanno disvelando ai suoi occhi, per poter considerare svelata sua vita come la sua conoscenza, ci ha spinto a percorrere nuove strade per formare le persone ad operare nelle relazioni d’aiuto, partendo da ciò che sono in grado già di fare, comunicando con gli altri, usando la loro intelligenza, il senso comune ed il buon senso, aggiungendo ciò che la scienza della cognizione e l’esperienza dell’ipnosi permettono oggi di dirci e darci, questo è ciò che ci avvicina a trovare un terapeuta all’interno di ciascuno di noi.
 

mercoledì, maggio 21, 2003

L’IDEA DI REALTA’ CONDIVISA

di Marco Chisotti

Per come ci strutturiamo l’idea di realtà tutto ci sembra un prodotto compiuto; il prodotto di emulazione del nostro cervello ci risulta perfettamente coerente, armonioso e compiuto.
Ma se questo è il prodotto finale del nostro emulatore (cervello), il lavoro iniziale è un lavoro di approssimazione, dove molto spazio è lasciato all’anticipazione creativa, un processo attraverso il quale il nostro cervello, lavorando in modo parallelo su più fronti, coordina assieme aspetti di differenti realtà possibili fino a produrre, in un senso compiuto, un’unica realtà stabile.
Le anticipazioni sono il prodotto del tentativo di percepire una realtà comprensibile, partendo da conoscenze, aspettative, contesto di riferimento.
Dunque l’idea di realtà che siamo abituati a trattare è la risultante di approssimazioni consequenziali (pensiero logico/razionale) ed il prodotto di un lavoro di apprendimento socio – culturale sviluppato dal bambino negli anni che impara specifici parametri di percezione e contemporaneamente specifici parametri di traduzione, dall’analisi percettiva come quantità (stimoli visivi, auditivi, cenestesici, ecc.), all’idea del “che cosa” percepisce attorno a sé, l’oggetto compiuto e, soprattutto, condiviso.
Ciò che è magico, nella realtà, non è tanto il fatto che la possiamo percepire, quindi riconoscere ed utilizzare, neppure se quest’operazione nel nostro cervello avviene contemporaneamente (percepisco e nello stesso tempo posso riconoscere ed utilizzare); in fondo quest’operazione è fatta da molti organismi viventi. La vera magia sta nella possibilità di condividere con gli altri e condividere soprattutto la realtà in termini descrittivi e non solo concreti.
E’ questo che ci fa essere particolarmente unici nella nostra esperienza di realtà condivisa con gli altri.
Per quanto concerne l’esperienza della trance possiamo affermare che avviene nella stessa maniera con cui la nostra realtà si disvela a noi, la condivisione è però limitata tra l’ipnotista e l’ipnotizzato, dunque la differenza sta nel tempo a disposizione per condividere tale “mondo”, molto più limitato di quello che occorre per produrre una realtà stabile e condivisa come quella che conosciamo in comune con tutti gli altri.
La realtà della trance è uno stato mentale povero di esperienze, limitato al tempo dell’induzione stessa, ma di completo accesso al ricco potenziale mentale di ognuno.
Questo è ciò che rende l’esperienza della trance, rispetto all’esperienza della realtà, un’esperienza limitata sulla quantità, anche se unica dal punto di vista qualitativo, essendo possibile durante la trance utilizzare risorse mentali libere dai filtri che limitano la nostra idea di realtà fornandoci credenze e convinzioni del senso condiviso di realtà stessa. Per il resto la realtà costituisce uno stato mentale, al pari di una qualunque trance.

mercoledì, aprile 30, 2003

Ipnosi regressiva e dintorni………

Fantasia e creatività sono la principale risorsa per la mente nella costruzione della realtà, costituiscono i mattoni attraverso i quali arricchiamo la nostra percezione, sono le esperienze interiori che ci permettono di modificare il mondo in funzione dei nostri desideri, delle nostre necessità, il mondo interno che anticipa e genera il mondo esterno.

Il desiderio e la volontà di pianificare la nostra vita con progetti, piani, esperienze, il nostro bisogno di finalizzare la vita e la nostra atività ci mette nella condizione di trovare, in ogni occasione della vita, fonti dalle quali ricavare conferme, ricercare indizi, costruire prove che siano in grado di darci la realtà che ci aspettiamo, la dimensione del reale che meglio rappresenta la nostra intenzionalità psichica.

Non solo, sussiste un vero e proprio metodo attraverso il quale, cercando punti di riferimento e guida per le nostre scelte e decisioni, siamo portati a dare significato agli eventi, anche i più casuali della nostra vita, dandogli di volta in volta valore di segno, “…. è un segno del destino che siano successe queste cose….”, di simbolo “…grazie a questi fatti ho potuto vedere che….”, come di causa“…. non a caso e proprio per questo mi è successo….”.

Buona parte del lovoro e della struttura del nostro cervello si sviluppa in funzione dell’anticipazione degli eventi, prevedere è fondamentale alla vita perché ci cautela dagli incidenti, la nostra mente prevede il futuro creando continuamente ipotesi che ci mettono in condizione di avere la migliore risposta d’adattamento possibile.

Contemporaneamente all’anticipo degli eventi, che rappresenta la parte preventiva del nostro comportamento, sviluppiamo la nostra parte attiva, costruttiva, cercando di modificare, per quanto ci è possibile, il mondo per avere da esso ciò che desideriamo, le opportunità migliori rispetto alle nostre ambizioni, per vivere la vita che desideriamo.

La curiosità ed il bisogno di novità e nuove emozioni ci spinge a generare occasioni e a dare nuove risposte a vecchie domande, i nostri valori attraverso fede e speranza alimentano questo nostro bisogno di ciò che ci occorre per credere, mantenedo alte le nostre convinzioni, la memetica, la teoria che considera come organismi capaci di vita propria il mondo delle idee, è un esempio di come idee e concetti sopravvivano all’uomo che le ha create, andando ad influenzare la vita futura.

Noi dunque cerchiamo continuamente risposte attraverso la nostra fantasia e la nostra creatività e questo lo facciamo per almeno tre principali ragioni:

modificare la realtà esterna rispetto al nostro sogno, ambizione, desiderio interno (costruzione)
anticipare risposte interiori in modo da poterci adattare nel miglior dei modi all’ambiente (adattamento)
creare l’inatteso, ciò che non è determinabile, ci mette nella condizione di arricchire l’esperienza (caso)

L’ipnosi regressiva si presta molto bene ad esaltare caso, necessità e volontà della vita, attraverso fantasia e creatività si può inventare una realtà, ci si può mettere nella migliore condizione per dare risposte plasmando percezione, piani di comportamento, progetti, idee, modificando in tal modo la realtà, e creando nuove occasioni in cui ritrovarsi.

Viviamo in una dimensione in cui sono molte le opportunità di vita che possiamo permetterci, ma il modo conforme e scontato in cui ci troviamo forzatamente adattati al mondo modifica continuamente le esperienze, appiattendo la vita stessa, la dimensione del sogno è la via di fuga migliore rispetto ad un mondo progettualmente scontato.

Il problema del sognare è la passività nel vivere in sogno un mondo che non ha confini, non permette di condividere con gli altri le esperienze, molto spesso poi non si è in grado di ricordare i propri sogni, d’altro canto sognare ad occhi aperti porta il limite della realtà che ci circonda, ed i limiti della ragione, troppi limiti rendono il sogno onirico, come il sogno ad occhi aperti, un percorso spesso improduttivo o frustrante, è difficile credere ad esperienze che non posseggono un senso compiuto, o che non possono esistere.

L’esperienza dell’ipnosi regressiva, in particolare quando è orientata alla ricerca di vite precedenti, mette nella condizione di affrontare e spesso risolvere molte problematiche:

dare alla vita nuove occasioni creando un incorniciamento differente agli eventi, superando con maggior agilità le difficoltà
sviluppare una vita parallela che, attraverso la vita del nostro “doppio”, alimenti fiducia e speranza nel quotidiano
aumentare le possibilità di cambiamento e dunque le possibilità di scelta
credere in una vita passata e nella possibilità di una vita attuale da essa influenzata
creare le risorse per agire in un modo diverso nel corso della vita

Il nostro inconscio è molto più complesso ed esigente di quanto riusciamo a comprendere, le strategie dell’inconscio sono raffinate e particolari; la fantasia e la creatività sono gli strumenti migliori che l’inconscio possiede per condizionarci portando avanti le sue reali intenzioni.

Dunque l’ipnosi regressiva porta molteplici risultati, oltre a quelle trascendentali come la fede nella reincarnazione, è in primo luogo una grande valvola di sfogo rispetto ai limiti della vita, le regole sociali, i valori e le opportunità che ci troviamo a vivere; costituisce l’opportunità per credere maggiormente nei propri mezzi, dunque permette di credere in sé stessi; in fondo permette di delineare nuovi collegamenti storici e personali con altre persone che hanno avuto con noi un legame, una “storia” in comune, è una forma di attaccamento riflessa verso persone diverse da noi; l’ipnosi regressiva permette di sognare, usare l’immaginario per costruire storie, avventure, possibili strade, come una strategia per la mente, una modalità di viaggiare, conoscere, amare, sentire, il tutto senza limiti, senza confini.

Il contesto terapeutico dell’ipnosi in generale e di quella regressiva in particolare permette alle emozioni di emergere, durante la trance non esistono confini, non esiste nulla che limiti queste possibilità, è l’espressione della mente alla ricerca di nuove risposte; di particolare utilità si dimostra la trance per ciò che riguarda il riequilibrio tra le nostre parti razionali ed emotive, l’ipnosi regressiva è un canale privilegiato per questo tipo di esperienza, l’emotività viene sostenuta dalla fantasia e dalla creatività, oltre che la fede e la speranza, sicuramente una modalità di “narrarsi”diversa dall’ordinario, spesso in alternativa alle idee di cui si è rimasti convinti, con cui ci si deve misurare.

Oltremodo risulta importante considerare i risvolti emotivi del coinvogimento con la trance tra ipnotista ed ipnotizzato, l’esperienza maturata durante la regressione, in particolare verso vite precedenti, vuoi per la sorpresa, o per la curiosità che si sviluppa, ci crea complici di un esperienza unica, come un mondo parallelo che si disvela ai nostri occhi; le domande e le risposte si alternano in una danza che crea nuovi orizzonti, tanto che ogni condizione di trance ipnotica implica due strutture cognitive (cervelli) che si alternano vicendevolmente nel guidare ed essere guidati, due modi differenti di filtrare il “reale” strutturano un nuovo panorama esistenziale.

Nell’affermare e considerare i nuovi mondi della psicologia trans personale che l’esperienza dell’ipnosi permette di coniugare è corretto ora portare l’attenzione ai punti di svolta che una tale disciplina apre.

In particolare l’esperienza dell’ipnosi modifica i criteri classici del rapporto tra terapeuta e paziente, si ampliano le considerazioni scientifiche e cognitive rispetto ai modelli di riferimento della psicologia.

Considerando l’influenza reciproca, oggi dimostrata scientificamente, che si sviluppa tra due persone in sincronismo tra di loro, (esperienza empatica protratta nel tempo), la comunicazione interpersonale non può più limitarsi al “detto” verbale o al “mostrato” non verbale, deve tener anche conto di ciò che viene pensato, il pensiero influenza l’esperienza comunicativa, a maggior ragione influenza l’esperienza terapeutica.

Gli scenari offerti dal coinvolgimento terapeutico emotivo, in alternativa alla classica posizione distaccata tenuta da molti terapeuti, come la portata creativa di certe esperienze di ipnosi regressiva, portano a declinare nuove e differenti procedure e sistemi di lettura del comportamento comunicativo e relazionale.

E’ impossibile, alla luce di queste esperienze, tracciare uno scenario, alternativo alla psicologia classica, senza spostarsi in un contesto interdisciplinare in cui molte classiche esperienze risultano inutili mentre se ne disvelano di nuove come l’ipnosi regressiva; qui si analizzano elementi diversi che pur assomigliando agli studi psicoanalitici sul sogno che tanto hanno alimentato il fascino della psiche umana, risultano però diversi, sicuramente ricchi di vissuti “reali” che le persone possono permettersi di vivere.













sabato, marzo 22, 2003

Articolo composto in due parti: Ipnosi: oltre le idee i fatti.

Prima parte articolo: Ipnosi: oltre le idee i fatti.


Quando si parla di ipnosi si pensa solitamente ad una esperienza che ha a che fare con il controllo da parte di una persona sulla volontà di un'altra. Questa visione parziale e distorta non permette di comprendere quali sono le esperienze dell’uomo interessate direttamente o indirettamente dall’ipnosi.
L’ipnosi è un esperienza che riguarda gli stati mentali che l’uomo vive costantemente, dallo stato mentale di veglia, l’idea stessa di realtà condivisa nella vita quotidiana, a tutti gli altri possibili stati mentali alternativi.
Per meglio intenderci sull’ipnosi passando dalle idee ai fatti è utile comprendere alcuni punti fondamentali:
Il peso delle parole con l’ipnosi; sistemi di preveggenza e ipnosi; il senso del simbolo e del magico ed i collegamenti con l’ipnosi; l’ipnosi nei sistemi di coercizione psicologici, il lavaggio del cervello; i sistemi totalitari, Il carattere illusorio della conoscenza, la realtà come trance condivisa..


Come fare cose con le parole.

Quando le parole riescono a trasformare la realtà noi ne veniamo travolti e condizionati al punto che tutto si trasforma in altro, senza lasciarci il tempo neppure di reagire, le nostre aspettative si trasformano nella nostra realtà, qui si disvela il segreto dell’ipnosi, far avvenire cose con parole.


A un malato grave e in punto di morte i medici hanno francamente comunicato che non sanno diagnosticare la sua malattia, ma che probabilmente potrebbero aiutarlo se conoscessero la diagnosi. Gli comunicano inoltre che un famoso diagnosta visiterà nei giorni successivi l'ospedale e sarà forse in grado di riconoscere la malattia.

Un paio di giorni dopo lo specialista arriva e fa il suo giro. Giunto al letto del malato, gli getta un'occhiata frettolosa, mormora «moribondus» e prosegue.

Alcuni anni più tardi l'uomo va a trovare lo specialista e gli dice: «Volevo già da tempo ringraziarla per la sua diagnosi. I medici mi avevano detto che avrei avuto la possibilità di cavarmela se lei avesse potuto diagnosticare la mia malattia e nel momento in cui lei ha detto 'moribundus' ho saputo che ce l'avrei fatta» (Brancka Skorjanec, Il linguaggio della terapia breve, Ponte Alle Grazie, Milano 2000, p. 26)

Il racconto appena citato fa riferimento a un fatto veramente accaduto ed è un ottimo esempio di come sia possibile "fare cose con le parole". Questo termine è presente nella teoria degli atti linguistici di Austin (How to do things with words, 1962). Secondo questa teoria un atto linguistico è una frase che non serve a definire una cosa vera o falsa ma a porla in essere. Un enunciato di questo tipo è detto performativo per distinguerlo dai constatativi.

Per chiarire meglio il concetto facciamo alcuni esempi di atti performativi:
• Dichiaro guerra
• Mi scuso
• Vi dichiaro marito e moglie
• Ti battezzo
• Ti nomino
• Ti condanno
• Ti avverto
• Ti lascio in eredità
• Ti dò la mia parola
• Con questo, sei avvertito
• Scommetto con te 10 euro che domani piove

In realtà Austin finisce per superare questa dicotomia tra constatativi e performativi con la semplice constatazione che tutti gli enunciati oltre a significare qualcosa eseguono anche atti particolari (evocano delle risposte) perché sono dotati di una forza specifica che va oltre la loro forza letterale.

Un esempio di ciò può essere l'uso indiretto: "Quella porta è aperta?", "Sai le ore?". Oppure prendiamo una frase del tipo: "Ti avverto che il toro caricherà". Tale frase compie l'azione di avvertire (performativo) e predica qualcosa di vero o di falso (constatativo).

Si dice che un atto linguistico può essere ben riuscito solo quando soddisfa e si attiene a una procedura convenzionale esistente e lo fa in modo corretto e completo secondo il contesto appropriato determinando così il risultato previsto secondo la volontà dell'autore.
Per contesto appropriato si intende che le circostanze, le persone, i pensieri, le emozioni e le intenzioni sono appropriate e congruenti.

L’ipnosi non si ferma alle parole, utilizza il linguaggio in tutte le sue manifestazioni, quando una persona, che partecipa ad un rituale molto toccante, come può essere una funzione liturgica in un Santuario conosciuto, con una forte aspettativa di guarigione da una malattia, ad un certo punto entra in trance, anche senza rendersene conto e la sua attenzione si focalizza solo sulla monoidea di guarigione, se rimane concentrata sulla monoidea realizza un'ideoplasia, muovere proprie azioni solo col pensiero senza una diretta volontà, avviando un processo di auto-guarigione, più o meno veloce, che sicuramente risulterà efficace.

L’atto di fede contiene gli stessi ingredienti di un’indizione ipnotica:

forte aspettativa positiva (che possa succedere)
attivazione emotiva (carica emotiva)
abbassamento della critica (pensiero indifferenziato)
monoideismo (sviluppo della stessa idea)

Questi elementi garantiscono l'attivazione dell'emisfero destro capace di influire con ideodinamismi sul corpo e sistema neurovegetativo: il cervello pre-ipotalamico, mobilizza l'energia emotivo-affettiva collegata alla monoidea per dar luogo ad una sintesi di neurotrasmettitori, di mediatori, di peptidi e di ormoni, all’interno dell’ipotalamo che fa da trasformatore, queste sostanze a cascata trasmettono l'informazione sia nel resto del cervello post-ipotalamico, e sia nel resto del corpo, per trasformarla in azione.

Sistemi predittivi e veggenza.

In riferimento ai mentalismi, (virtuosismi di pensiero logico ed intuitivo) come capacità predittive, previsioni, considerazioni sul futuro, analizzando il modo di operare dei veggenti è possibile suggerire delle regole per risultare loro pari:

Fare tante previsioni, e sperate che qualcosa si avveri. Se ciò avviene, esibirle con orgoglio. Ignorare le altre.

Essere vaghi e ambigui. Le dichiarazioni precise possono essere sbagliate.

Usare molto simbolismo. Essere metaforici e utilizzare immagini di animali, nomi e iniziali. I credenti possono combinarle in molti modi.

Per ogni previsione cercare di coprire ciascuna possibilità e scegliere quella che si verifica come il «reale» intendimento della vostra previsione.

Indicare sempre un'origine divina per le vostre predizioni. In questo modo, i detrattori dovranno prendersela con Dio.

Non importa quanti errori farete, andate avanti. I credenti non prenderanno in considerazione i vostri sbagli e continueranno a seguirvi.

Predicare catastrofi: i devoti si ricorderanno più facilmente e diventano di gran lunga le più celebri profezie.

Per fare un po’ di autocritica anche l'ipnotista fa cose analoghe. Per poter essere efficace copre tutte le risposte possibili, rimane molto vago e ambiguo, fa uso di un linguaggio immaginifico e metaforico, incorpora tutti gli eventi e li utilizza a suo favore prendendosi il merito, evoca entità non verificabili come l'inconscio, nel caso in cui realizza fenomenologie negative come l’impossibilità ad alzarsi, a parlare, il suo prestigio viene enormemente ampliato. Possiamo però aggiungere che seguendo il principio della regola aurea del buon ipnotista: ogni persona al termine di un’induzione deve poter portare con se qualcosa in più di positivo e questa è la differenza che fa la differenza.

Parole senso e significato nel contesto magico.

Il lavoro con l’ipnosi avvicina al mondo della magia in quanto crea possibilità e nuovi ordini attraverso percorsi diversi da quelli condivisi, permete un riordino dell’esperienza, pensiamo all’idea di scoperta, in fondo la scoperta, come l’induzione ipnotica, come un sogno guidato, è un atto di magia, unisce cose e persone in un modo nuovo, differente.
"La scoperta consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò che nessuno ha pensato" ci è suggerito da Szent-Gyorgy, la psicoterapia lavora sul cambiamento e permette ad ogni individuo di reincorniciare la propria visione del mondo, è possibile usando l’ipnosi far cambiare comportamenti e pensieri che la persona ha organizzato in base alla propria esperienza.

Il pensiero arcaico, antico è ad un tempo pensiero empirico/tecnico/razionale da un lato e simbolico/mitologico/magico dall’altro. Il segno ed il simbolo si distinguono in due sensi diversi:

- un senso indicativo e strumentale in cui prevale l'idea di segno
- un senso evocatorio e concreto in cui prevale l'idea di simbolo (croce cristiana, croce uncinata ecc.)
Con le parole vengono evocati percorsi strutturati di esperienze differenti, l’ipnosi guida alla struttura dei propri piani comportamentali, ogni nome racchiude in se il segno ed il simbolo, il significante (segno arbitrario), il significato (senso), il referente (l'essere o la cosa nominata).

Il pensiero mitologico si rifà all'intelliggibilità del vivente, il particolare, ed il concreto, tutti gli eventi sono dei segni, vanno interpretati, collegandoli tra loro si creano nuove associazioni che orientano nella lettura delle proprie esperienze.
Ad esempio l'analogia tra sfera umana e sfera naturale ha portato a considerare i caratteri antropomorfi del cosmo, un paradigma antropo socio cosmico di riferimento. Questa visione identificativa e proiettiva ha portato a delineare l'influsso degli astri sulla vita delle persone, tanto da rendere gli individui influenzabili dalle predizioni ipnotiche dei programmi che l’astrologia declina per ogni periodo ed attività umana.

Prendendo in considerazione la magia possiamo egualmente vedere come si intreccia al mondo dell’ipnosi.

Le pratiche magiche non inibiscono il principio di realtà il desiderio deve obbedire a regole e riti per compiersi.
La magia obbedisce alla regola dello scambio, la magia corrisponde al pensiero simbolico/mitologico nello stesso modo si può sostituire al termine magia il termine ipnosi:

1) L’Ipnosi come l'azione magica si fonda sull'efficacia del simbolo, evocare e contenere ciò che il simbolo simboleggia.
2) L’Ipnosi come la magia si fonda sull'esistenza mitologica dei doppi, degli spiriti, delle reliquie, delle statue, delle immagini, delle esperienza reali o immaginarie presenti in noi.
3) L’Ipnosi come la magia si fonda sull'analogia, la forza dei simboli figurativi di immaginette, fantocci, bambole.
4) La magia utilizza il sacrificio, che porta fertilità, si ingrazia gli spiriti, ottenendo protezione, e sviluppando l'idea di purificazione, l'ottica del sacrificio è ancor oggi molto utilizzata per poter ottenere vantaggi, con l’ipnosi si lavora associando esperienze tra loro ed ottenedo risultati analoghi.
5) Tutte le magie del doppio si ritrovano ad agire su bambole, feticci, simbolismi, così strutturando parti differenti in un individuo con l’ipnosi è possibile creare nuovi significati, comportamenti.
6) La magia si fonda sulla potenza simbolica del linguaggio, sulla potenza analogica del mimo (comunicazione non verbale), e sulla potenza del rito, l'integrazione dell'universo mitologico che permette di stabilire il commercio con gli spiriti, nell’ipnosi succedono cose analoghe, l’immaginario si confonde con il reale, si emulano realtà possibili che poi si strutturano nei programmi di vita delle persone.

Simboli mito e magia devono essere uniti e proposti assieme perchè ognuna di esse possa dare un risultato compiuto, il pensiero razionale/empirico/tecnico si fissa sull'oggettività del reale, il pensiero mitologico si basa sulla soggettività dell'esperienza, la realtà soggettiva, l’ipnosi dal canto suo declina questi due livelli su di un unico piano esperienziale.

Nel pensiero simbolico/mitico/magico soggettivo ed oggettivo non sono dissociati si confondono, la rappresentazione si confonde con la cosa rappresentata, immagine e parola sono ad un tempo segni/simboli/cose (nome evocatore, immagine evocatoria, cosa evocata), il linguaggio è ancora indissociato non distingue tra indicazione ed evocazione, prosaico e poetico. Ogni attività mentale indifferenziata, l'attività della retromente, tende a reificarsi, ad unire immagine, parola e cosa, tende alla proiezione/identificazione, questo è anche il livello che l’ipnosi sfrutta, utilizzando l’attività del cervello “rallentata” (onde alfa) nello stato di trance, rispetto allo stato di veglia, il pensiero indifferenziato, e l’attività ideomotoria conseguente.

Anche il pensiero razionale tende alla semplificazione quando degenera nella razionalizzazione, risultato dell'attività di computazione che mette in primo piano soltanto entità dotate di senso, i segni ed i simboli, tanto da credere che l'universo emetta segni, mentre è la mente ad inferire segni, senso e significato dall'universo stesso.
Caso ed evento fortuito sono stati solo tardivamente ammessi dall'evoluzione della conoscenza.

Il pensiero simbolico/mitologico/magico utilizza l'identificazione per analogia, struttura la metamorfosi come formula onnicomprensiva e potenziale.La soggettività tende ai miti e l'oggettività tende a distruggerli, ma l'oggettività ha bisogno di un soggetto e il soggetto ha bisogno dell'oggettività, il soggetto che è all'interno del pensiero simbolico/mitologico/magico controlla dall'esterno il pensiero empirico/razionale/logico che gli serve a imporre il suo potere sulle cose.

Il mondo magico trae i suoi limiti dai limiti di quelli della mente:

l'incapacità o la grande difficoltà di fare tesoro dell'esperienza ed imparare dai propri errori
l'incapacità o la grande difficoltà di modificare i propri schemi mentali, in funzione delle novità
l'incapacità o la grande difficoltà di discernere i veri presupposti, problemi e criteri di giudizio da quelli falsi, raccogliendo una inutile mole di dati di riferimento
l'incapacità o la grande difficoltà di concepire mezzi adeguati ai fini, ricordare i fini nell'uso dei mezzi, cause finali da cause efficenti


La definizione di magia: è la scienza o meglio l'arte di causare il verificarsi di cambiamenti conformi alla propria volontà.
Il presupposto della magia è che qualsiasi cambiamento si richieda, può essere provocato mediante l'applicazione di un giusto grado d'una certa forza, nel giusto modo, attraverso il giusto mezzo ad un giusto oggetto.

Da qui i seguenti corollari:

- Ogni atto intenzionale è un Atto Magico, in quanto è una forza di volontà applicata con modi e mezzi idonei al raggiungimento di un obiettivo.
- Il primo requisito necessario per provocare qualsiasi cambiamento è la completa comprensione, qualitativa e quantitativa, delle condizioni di partenza.
- Il secondo requisito necessario per provocare qualsiasi cambiamento è la capacità pratica di mettere in azione le forze adatte alla situazione.

Se prendiamo l'esempio di un atto magico del tipo "con questo sortilegio io ti libero dal malocchio!" sappiamo che può avere effetto solo se le persone coinvolte hanno i pensieri, i sentimenti e le intenzioni richieste dalla procedura e se la procedura è stata eseguita come richiesto. Inoltre questa procedura o prassi il più delle volte si fonda su convenzioni ratificate dalla comunità di appartenenza.

Il potere della magia risiede proprio nella capacità della parola di suscitare immagini e emozioni nell'interlocutore.
Per il mago l'immaginazione è realtà, perché quando un uomo immagina qualcosa crea effettivamente una forma pensiero sul “Piano Astrale”. Questa forma pensiero può avere effetti benefici o malefici una volta che è stata vitalizzata dalla Volontà, dall'Emozione e dalla Fede. A questo proposito scriveva Paracelso: "L'immaginazione è come il sole, la cui luce non è tangibile, e tuttavia può incendiare una casa".

Queste forme pensiero hanno una caratteristica peculiare, possono sfuggire al controllo del loro creatore che ne rimane effetto.
Qualcosa di simile accade quando acquistiamo un cagnolino per il nostro piacere, perché ci tenga compagnia. Col tempo esso diventa il nostro padrone, ne siamo dipendenti e dobbiamo soddisfare tutte le sue voglie.

In altri casi le forme pensiero sono create e potenziate dalla collettività. Si parla allora di una eggregora, cioé di una creazione sul piano astrale frutto della forza psichica congiunta di un certo numero di persone costituenti la catena magica.


I cerimoniali magici hanno proprio la funzione di creare e potenziare queste forme pensiero tramite il coinvolgimento emotivo nei confronti di qualcuno, di qualcosa, di un'idea; in genere qualunque cerimonia tende ad apportare un tono emotivo, mantenedo un atmosfora “magica”, dove gli stessi cerimonieri sono in uno stato di trance condivisa col resto del pubblico partecipe.
In altri casi succede che la forma pensiero sopravviva all'autore. Per esempio i mondi descritti da Tolkien esistono ancora e possono essere visitati da tutti noi quando leggiamo i suoi libri. Lo stesso vale per qualsiasi personaggio di fantasia. Questi personaggi esistono in un mondo parallelo, chiamatelo come volete piano astrale o mondo 3 come lo chiamava Popper, il mondo dello spirito umano delle sue storie e racconti continuamente potenziato e vitalizzato da tutti coloro che vi credono ancora. Una cosa esiste e vive per quanto viene evocata, il semplice ricordo evoca mondi che quando sono condivisi divengono, giocoforza, esperienze collettive di trance, l’ipnosi è dunque costantemente presente come dimensione individuale o collettiva dell’esperienza. Qunado si dice che l’esperienza è la causa ed il mondo ne è la conseguenza si declina un atto magico, si connota, meglio detto si costruisce, una realtà, il mondo, partendo dalla condivisione di una punteggiatura di fatti, l’esperienza appunto.
Ogni “fatto” sussiste sul piano reale per una punteggiatura, descrizione, fatta sul piano formale, astratto; la prassi operativa, processo, equivale alla descrizione di un osservatore rispetto ad un osservato, l’ordine dichiarato per tale processo equivale ad una proposta “rappresentativa”, un listato di comandi che deve essere eseguito se si desidera comprendere l’esperienza suggerita.
Quando per esempio si segue con devozione una certa tradizione spirituale viene spesso chiesto all'adepto di visualizzare la catena dei guru fino al capostipite perché gli impartiscano l'insegnamento, magari durante il sogno, e lo proteggano nel suo cammino.

Talvolta capita che queste idee, o descrizioni, cominciano a proliferare in modo "selvaggio", è per esempio il caso delle leggende metropolitane. In certi ambienti esoterici per esempio, la leggenda vuole che il romanzo Necronomicon di Howard P. Lovecraft si riferisca a divinità arcaiche realmente esistenti, divinità che il mago sarebbe in grado di evocare. Secondo Crowley invece gli spiriti e le entità con cui il mago viene in contatto sono manifestazioni di livelli (individuale o collettivo) dell'inconscio dell'uomo.

In modo simile in ipnosi si parla di monoideismo: quando una persona concentrandosi su un solo punto arriva ad annullare tutto il resto e si fa guidare da quel punto, da quell'immagine. In ipnosi si è dimostrato che tramite le ideoplasie, le forme pensiero, è possibile agire sul proprio corpo.
Effetti particolarmente evidenti di questo fenomeno sono presenti nelle sette, nei fondamentalismi, anche il monoideismo dell’atleta è l’elemento che gli consente di superare ostacoli per altri insormontabili. Il monoideismo plastico non è altro che un fenomeno molto potente di risposta ideodinamica presente per esempio nella gran parte dei cosidetti "fenomeni paranormali" come il tavolino che si sposta, il pendolino che si muove, la scrittura automatica, la rotazione della bacchetta dei rabdomanti. Tutti questi fenomeni si verificano quando la mente è assorta in concentrazione, allora i muscoli obbediscono alla immagine mentale senza che l'operatore sviluppi un intenzione volitiva diretta. Recenti studi sui fenomeni di telepatia del cervello, condotti con la PET, Tomografia ad emissione di Positroni, hanno rilevato la presenza di un sincronismo funzionale in relazione ad uno stimolo ricevuto da uno dei due individui, mostrando l’attivazione, per tutta la durata dello stimolo, di stesse aree del cervello; questa rilevazione è stata fatta tra due individui, tra loro molto legati, in cui era presente una forte intesa, (partner, parenti, amici intimi)che erano stati divisi in due ambienti separati e schermati e che si trovavano ad una quindicina di metri di distanza. Questo esempio, pioniere nella ricerca sulla telepatia, mette in luce come possano esistere fenomeni, difficilmente rilevabili scientificamente, i cui effetti spiegherebbero la capacità percettiva di certi individui con doti particolari di veggenza, la loro straordinaria capacità deriverebbe dalla possibilità di sincronizzarsi sull’attività cerebrale dell’altra persona, descrivendone gli effetti, vissuti in diretta, nella propria esperienza mentale.
L'ipnosi non è altro che una trance, uno stato di forte attenzione responsiva, in cui ci si sincronizza con l’altro su di una stessa lunghezza d’onda, creando uno stato di coscienza alternativo condiviso, nella cui posizione si attiva un potenziale mentale e si verificano fenomeni di ideoplasia, un’attivazione mentale che genera effetti e sviluppa risposte in base agli obiettivi declinati.
Ipnosi, lavaggio del cervello e destrutturazione dei piani d’azione.

George Miller, Eugene Galanter, Karl Pribram, nell'opera Piani e struttura del comportamento, un opera orientata allo sviluppo degli studi sul comportamento nella psicologia dell’individuo, descrivono l'attività pianificatrice dell'uomo secondo degli schemi d'azione che possono essere scomposti e analizzati a più livelli come il linguaggio:

"Questo tipo di organizzazione del comportamento è senza dubbio più evidente nel comportamento verbale umano. I fonemi individuali sono organizzati in morfemi, i morfemi vengono uniti per formare i sintagmi (phrases), questi in sequenza appropriata formano una frase (sentence), e una stringa di frasi forma l'enunciato (utterance). La completa descrizione dell'enunciato implica tutti questi livelli." (George A. Miller, Eugene Galanter, Karl H. Pribram, Piani e struttura del comportamento Franco Angeli Editore, 1973 Milano, p. 29)

In quest’ottica l'uomo crea una "organizzazione gerarchica del comportamento", un Piano è l'equivalente di un programma di un calcolatore capace di determinare una particolare strategia d'azione: "Un Piano è ogni processo gerarchico nell'organismo che può controllare l'ordine in cui deve essere eseguita una serie di operazioni." (Id., Ibid., p. 32)

L'uomo non potrebbe neanche alzarsi dal letto senza piani cioè senza una serie di schemi comportamentali. I Piani sono inerenti alla conoscenza normativa (regole) e pragmatica (esperienziale) della vita, permettono di orientarci nel mondo attraverso una serie di routines che si sono cristallizzate grazie alla ripetizione. Una volta “cablati” questi schemi di comportamento possono essere riprodotti senza lo sforzo cognitivo originario.

Con l'ipnosi ci si trova in una condizione analoga, il problema da risolvere è come fare in modo che una persona smetta di portare avanti i propri Piani e accetti di eseguire un Piano suggerito dall'ipnotista.

Secondo Miller, Galanter e Pribram, con l’ipnosi si ha qualcosa di simile al sonno profondo: il soggetto elimina il proprio linguaggio interno col quale elabora normalmente i suoi Piani d'azione e a questo subentra la voce ed il Piano dell'ipnotizzatore.
Gli autori per avvalorare la loro tesi riportano le descrizioni di Weitzenhoffer circa l'incapacità o la difficoltà a parlare dei soggetti in trance profonda (p. 130).

Per far smettere a una persona di elaborare Piani occorre impegnarla su argomenti particolarmente noiosi, insignificanti o ripetitivi come la concentrazione continuata su un punto luminoso, oppure si possono dare una serie di istruzioni particolarmente difficili e in contraddizione fra loro per indurre uno stato di confusione. Sovraccaricando il sistema cognitivo, l'ipnotista riesce a interrompere la capacità del soggetto di pianificare adeguatamente e quindi può suggerire una serie di istruzioni che vengono accettate come rimedio allo stato confusionale (p. 125). È curioso il fatto che il Piano sostitutivo deve essere presentato al soggetto come se fosse suo, come se stesse nascendo autonomamente al suo interno; in altre parole non deve essere percepito come una imposizione inculcata dall'operatore, ma come un programma che potrebbe essere stato costruito dall’individuo stesso (p. 125).


Queste pratiche vengono utilizzate anche nel cosidetto “lavaggio del cervello”:

"Il primo passo dovrebbe presumibilmente essere quello di far smettere alla persona di far Piani da solo. Ciò si può realizzare frustrando deliberatamente ogni Piano fatto autonomamente che tenti di eseguire, anche quelli rivolti alle sue funzioni coorporee più personali. L'obiettivo è fargli credere che possono essere eseguiti solo i Piani che originano da chi ti tiene prigioniero. Gli si può assegnare il compito di confessare, ma senza dargli la più vaga idea di ciò che deve confessare. Qualunque cosa confessi sarà errata o insufficiente.." (p. 132)

Anatomia di una struttura totalitaria

Lifton nel suo studio (Lifton R. J., Thought reform and the psychology of totalism, Norton Library, New York, 1963, pp.420-434) ha individuato otto caratteristiche che sono riscontrabili all’interno di un sistema totalitario:

1. Controllo dell'ambiente, lo stato totalitario risulta onnipresente richiamando continuamente l’attenziione su di sé.

È essenziale il controllo del comportamento. L'ideologia totalitaria deve permeare ogni realtà, il suddito non può essere mai lasciato solo, egli deve trovare continuamente modo di imbattersi nel potere e nella dottrina onniscente del Governo.

I flussi comunicativi provenienti dall'esterno vengono regolarmente censurati e alterati e al contempo viene lasciato ampio spazio alla propaganda di regime.

Le comunicazioni tra individui vanno regolate; lo scopo finale è giungere al controllo dei sentimenti delle convinzioni e in genere della vita interiore del suddito di modo che le controargomentazioni vengano sedate sul nascere.

Per quanto riguarda i prigionieri nelle carceri cinesi il controllo dell'ambiente e del carcerato è evidente e totale. Tramite confessioni e autocritiche in gruppo si richiede la fusione con l'ambiente circostante. Il carcerato sotto continue pressioni non riesce più mantenere quel distacco che gli consentirebbe di passare relativamente "indenne".

Attraverso il siitema di punizioni e premi impara anche a rispondere correttamente alle aspettative degli aguzzini, d'altronde non ha altra via di uscita se non adattarsi all'ambiente ostile. Sviluppa dunque un'attenzione responsiva ed impara a cogliere ogni segnale verbale e non verbale per andare incontro alle richieste degli aguzzini e anticipare le pressioni dell'ambiente. In altre parole impara a seguire la corrente piuttosto che contrapporsi ad essa. Quando sarà pronto potrà partecipare attivamente nella conversione e manipolazione dei novellini, e questa azione insieme alle false autoaccuse estorte è una mossa fondamentale nel processo di rieducazione e indotttrinamento.
In particolare sono quattro i livelli attivati in un sistema educativo:

1. Caricamento
Un programma viene proposto come base
Il programma si npresenta come un piano completo di comportamento
2. Feed-back positivo
Sono premiati tutti gli atteggiamenti in linea con il programma
Vengono dati riconoscimenti diretti ed indiretti a chi si allinea col piano programmato
3. Feed-back negativo
Sono puniti direttamente o indirettamente atteggiamenti non in linea coi piani proposti
4. Censura dei piani alternativi
Ogni iniziativa personale creativa viene disincentivata


2. Richiesta di purezza, il ben ed il male sono coniugati perfettamente con le intenzioni del regime.

Nel movimento totalitario sono presenti grosse pressioni sul piano morale.

Il mondo viene diviso in assolutamente buoni e assolutamente cattivi. Ma la perfezione assoluta così come immaginata e richiesta dallo Stato è in realtà impossibile. Se il futuro radioso tarda ad arrivare occorre rafforzare il controlo ed eliminare il marcio. Qualunque cosa fatta in nome della purezza è alla fine morale.

3. Manipolazione mistica., un alone di mistero circonda il potere, una precisa gerarchia aiuta a mantanere l’ordine stabilito.

Un'aurea mistica circonda il Partito il quale è detentore di una verità assoluta, il quale in virtù del suo potere e prospettando scopi irragingiungibili mantiene un senso di colpa esistenziale nel suddito e una vulnerabilità che può essere manipolata agevolmente.

L'onniescenza dei vertici organizzativi e del leader non è meno evidente quando in virtù della loro benevolenza desiderano perdonare il peccatore redento, un modello perpetuato anche dai totalitarismi religiosi.

"L'individuo dunque finisce per applicare la stessa polarizzazione totalitaria fra bene e male anche ai suoi giudizi e al suo carattere: tende a impregnare certi aspetti di se stesso di eccessiva virtù, e a condannare ancor più eccessivamente altre caratteristiche personali [...] Deve guardare alle sue impurità come se originassero da influenze esterne [...] In tal modo, la tendenza psicologica universale verso la "proiezione" è alimentata e istituzionalizzata..." (p. 425)

4. Culto della confessione, lo stato totalitario deve conoscere tutto, deve poter disporre di tutte le “confidenze”, delle voci, dei detti e dei non detti. L’identità personale lascia il posto a quella collettiva.

In stretta realzione con la domanda di purezza troviamo il culto della confessione che presume una resa del proprio io e una fusione con l'ambiente circostante.

Non c'è nulla che possa restare nascosto al Governo, anche i pensieri e le emozioni più riposte.

Nell'istituzione totalitaria la confessione, piuttosto che funzionare come sollievo viene usata come mezzo per manipolare il "peccatore".

5. L’ideologia del partito è elevata a scienza sacra, è la scienza del partito, il sistema di conoscenza approvato, il piano di attività promosso e permesso,

La dottrina del Partito acquisisce la sembianza di una scienza sacra. Le opinione contrarie non solo sono criminali ma sono anche pazzesche perché non scientifiche.

6. Linguaggio ideologicamente connotato, costruisce nel quotidiano la psicologia del partito, slogan ed attribuzioni significato guidano le letture dei fatti mantenendo l’identità delle persone allineate alla struttura cognitiva dello stato

Il linguaggio totalitario è basato su un gergo riduttivo, zeppo di luoghi comuni e frasi fatte ripetute fino alla noia.

7. Dottrina sopra la persona, il meme, la particella logica dell’idea, è sopra all’individuo

L'ortodossia chiede che l'individuo si adatti alla dottrina.

In effetti la divisione manichea della realtà presume un solo e unico modo di pensiero e comportamento in accordo con un grande piano di salvezza che considera intrisicamente cattivi tutti gli altri modi di essere. Mentre la propaganda altera l'interpretazione dei fatti presenti e passati il linguaggio interiorizzato serve per la costruzione di un certo modello del mondo che unitamente alla manipolazione della coscienza e della memoria (false confessioni, autocritica) dei prigionieri di guerra è efficace per la costruzione del nuovo sé.

8. La dispensa dell'esistenza, il credo condiviso è l’unica realtà accettata, non sono previsti altri pensieri che possano lasciare spazio all’iniziativa individuale.

La dottrina del partito introduce l'ultima caratteristica del sistema totalitario: solo coloro che si accordano col modo giusto e naturale di vedere la vita possono avere diritto all'esistenza e essere riconosciuti come persone.

Continua nella seconda parte.
Seconda parte Articolo: Ipnosi: oltre le idee i fatti.



Il carattere illusorio della conoscenza, la realtà come trance condivisa.


Nell’essere umano le vie di entrata del cervello, (apparato sensibile), rappresentano solo il 2% del complesso, il 98% concerne il funzionamento interno, si è costituito dunque nell’uomo un mondo psichico relativamente indipendente,nel quale fermentano bisogni,sogni, desideri, idee, immagini, fantasmi, e questo mondo impregna di sé la nostra visione del mondo esterno. Inoltre la mente è in grado di mentire a se stessa (self-deception), egocentrismo, autogiustificazione, proiezione sugli altri sono tutti meccanismi che alimentano l’illusione. La memoria dal canto suo contribuisce ancora all’autoinganno, la mente tende a deformare i ricordi attraverso proiezioni e confusioni inconsce, i ricordi possono poi essere fonte di convinzioni reali quando sono costruiti, al contempo possono scomparire senza lasciar traccia.
Le illusioni sono facilmente tracciabili attraverso l’esperienza dell’ipnosi, la struttura delle idee può favorire il perpetuarsi delle illusioni. Nell’ipnosi, attraverso l’esperienza della trance si accettano, si abbassa la barriera della critica, viene favorita l’esperienza dell’ascolto, dunque la trance permette una maggiore attenzione all’esperienza esterna rispetto all’esperienza interna, solitamente dominante. Di solito la mente accellera il processo percettivo attraverso l’anticipazione dei fatti, nella memoria si depositano esperienze, ricordi, considerazioni nonché conclusioni che vengono utilizzate continuamente, la trance condivisa struttura un processo organizzativo anticipatorio, nella stessa misura in cui abbiamo bisogno di percepire attraverso le nostre anticipazioni e conoscenze pregresse.
L’esperienza cognitiva logico/razionale è un esperienza sequenziale in cui si susseguono gli eventi e si orientano attraverso tracce differenti, contemporaneamente gli anticipi all’esperienza guidano le conseguenze, l’esperienza cognivìtiva inconscia può viaggiare in parallelo con altre esperienze cognitive ed intessere una complessità di legami creativi altrimenti “evitati” dal dominio cognitivo logico/razionale. Durante la trance ipnotica la persona percepisce parallelamente eventi cognitivi differenti e li interseca in modo creativo tra loro rendendoli contemporaneamente “veri” attraverso un accreditamento interiore legato all’impossibilità di distinguere tra realtà e allucinazione della mente.
Lo stesso effetto lo viviamo durante la condivisione del mondo “reale”, l’idea di realtà percepita dall’esterno, l’intreccio in questo caso è tra un mondo sequenziale logico/razionale, il metodo condiviso, e la traccia personale che il mondo interiore lascia in ogni individuo. Ciò che permette di distinguere tra veglia e sogno, tra immaginario e reale, tra soggettivo ed oggettivo è l’attività razionale della mente, che fa appello al controllo dell’ambiente, al controllo della verifica, al controllo del sapere comune, al controllo del confronto con gli altri, azl controllo corticale attraverso la memoria, le operazioni logiche, la razionalità accomoda fantasia e creatività, la razionalità è utile fino a che non si trasforma in razionalizzazione, a questo punto la logica delle idee, l’ideologia, sovrasta e declina l’esperienza stessa, il mondo che ne deriva è in questo caso una logica necessità.
Guardando l’oggetto con cui sto costruendo questo articolo mi rendo conto dell’effetto che ha su di me, nella mia mente nonn c’è bisogno di quest’oggetto, ma la sua presenza mi fa sentire e percepire la realtà, senza l’oggetto potrei avere la stessa idea naturalmente, ma attraverso l’oggetto io mi permetto di avvicendarmi nell’illusorio mondo percettivo trasformandolo nell’esperienza che mi causa il mondo condiviso.

Conclusioni.

La lettura delle esperienze fin qui riportata permette di utilizzare l’ipnosi come una chiave di lettura degli eventi umani, in particolare sottolinea quanto gli stati mentali siano alla base di ogni atto di coscienza da parte dell’uomo, e come dal loro studio ci sia permesso accedere al profondo dominio di esperienza fino a ieri considerate inspiegabili.
Molto importante risulta l’imprinting che riceviamo nell’infanzia, l’ipnosi si “impara” da bambini, l’impostazione funzionale che si riceve, pur nella sua complessità, l’imprinting culturale, all’origine delle credenze e delle idee, esercita da sempre un controllo sull’uomo.
Da quando l’homo sapiens ha sviluppato deliri, massacri, crudeltà, adorazioni, estasi, sublimità sconosciuti al mondo animale noi viviamo in un mondo di miti, segni e simboli.
La società addomestica gli individui che creano la società, miti ed ideologie fagocitano i fatti, siamo in un mondo grazie ad un metodo, dipendiamo dal metodo attraverso il quale ordiniamo il mondo ed il mondo dipende da noi che l’abbiamo creato e lo manteniamo.
“El camino se hace al andar” Antonio Machado (“La via si fa con l’andare”, in questa citazione si sintetizza il mio lavoro sull’ipnosi, l’interesse con cui continuo a declinare esperienze differenti con l’esperienza dell’ipnosi, una continua ricerca della struttura che connette le esperienze del vivere, questo il testimone che lasciamo a tutti coloro che desiderano seguire le nostre esperienze formative.