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domenica, luglio 26, 2015

Un occhiata nel genio della complessità! Marco Chisotti.

"La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi." Bertrand Russell.

Detto questo non posso che annoverarmi tra i dubbiosi ...... Ma è così, se si considera l'intelligenza la ricerca del possibile, allora per uscire dall'ovvio e scontato mondo del conosciuto bisogna osar dubitare ed allontanarsi dalle strade segnate, illuminate, riconosciute ed accettate.

Sono immerso nella filosofia dell'essere e del divenire e la chiamo psicologia!
Così ho cominciato a pensare e pensare..... Ma oggi mi sento più immerso negli Stati d'animo o Stati Mentali miei e delle persone vicine a me, nei miei pensieri e nelle sensazioni, i motivi per cui siamo o non siamo, esistiamo o non esistiamo.
Sono estremamente affascinato da quanta intelligenza creativa siamo dotati, da quante cose sappiamo e quali altre non sappiamo di sapere, tanto che mi vien da dire che sappiamo sempre, sappiamo tutto, solo che non sappiamo di sapere, almeno a livello cosciente, così da vivere costantemente in una dimensione ideale ma con piena consapevolezza d'aver i piedi piantati perfettamente a terra.
Se vivessimo molto più nel sogno di quanto non pensiamo e la realtà fosse proprio un sogno perfettamente realizzato da non lasciar spazio a dubbi, allora non saremmo più intelligenti, saremo stupidi che non posson che sentirsi intelligenti.
Sto seguendo un documentario sulla vita di Stanley Kubrick, io son stato catturato dal suo film 2001 Odissea nello spazio, incuriosito di quanta creatività ed inventiva ci fosse stata nel suo mondo, è curioso vedere come, proprio dalla creazione di quel film, cominciò ad approfondire sempre di più i più piccoli dettagli, incredibile con quale meticolosa precisione riproduceva la realtà nella finzione, un incredibile esempio di meticolosità in ogni cosa, anche la più marginale.
Pensando a grandi personalità come Steve Jobs anche per lui era essenziale la precisione e la meticolosa preparazione di ogni piu piccola cosa.
Mi viene da pensare che la perfezione della bellezza stia proprio in questa ricerca "infinita" dei più piccoli ed insignificanti dettagli di un insieme infinito di dettali, la realtà stessa.
Più ci son dettagli e più una cosa risulta vera, più ripeti e ripeti un gesto, un esperienza e più si fa così ricca di dettagli da esser perfettamente percepibile come la realtà stessa, una realtà infinita che viaggia proprio dall'insieme a più piccolo dettaglio.
In ipnosi costruire una realtà plausibile e veritiera portando una persona, dal suo mondo infinito di convinzioni infinite accumulate nella sua storie ed in tutte le sue esperienze, attraverso la logica consapevole, al suo mondo immaginario viaggia proprio attraverso un arricchire di dettagli poco alla volta quell'esperienza immaginaria costruita, fino a renderla vera, anzi più vera del vero, assolutamente credibile, anzi assolutamente convincente, dunque fonte di nuove convinzioni.
Ma tutto questo non è forse il lavoro cognitivo che fa un bambino per costruir la realtà?
Credo che il segreto stia nel fatto che le esperienze primitive non son più disvelabili perché, maturando la propria crescita, il bambino che siamo stati, non potendo prescindere dall'adulto maturato nel tempo non è in grado di rendersi conto dell'origine della "realtà" e dunque delle sue conseguenze nel tempo, la realtà come "verità acquisita" potrebbe esser un semplice e completo accumulo di dettagli nel tempo, che, raggiungendo una certa massa critica, divengono giocoforza il "reale". Almeno penso questa sia l'opera dell'intelligenza umana.
È curioso per me vedere che ci si può perdere alla ricerca dei presupposti che ci motivano, ci condizionano, ci guidano, le nostre convinzioni non son altro che i presupposti del nostro vivere, gli infiniti motivi per cui pensiamo, scegliamo, decidiamo, accumulati nel tempo, una sorta di "verità per accumulo".
Alla fine mi sto accorgendo che mano a mano aumenta il mio interesse per il mondo dei presupposti del pensare umano, più mi racchiudo in un mondo di precisione che mi blocca a da cui devo fuggire per poter sopravvivere.
C'è bisogno di svuotar la soffitta, come la cantina, ogni tanto se non si vuol finire a contemplare l'infinito in una capocchia di spillo.
Ritorno a condividere la ragione ed il sentimento in giuste proporzioni per non correre il rischio di un indigestione o di pensieri o di sensazioni.
Penso che si possa arrivare a deformare la materia, il corpo, attraverso una certa attività del cervello, i nostri stati mentali, i nostri pensieri proprio perché pensieri e la materia son un tutt'uno anche se ci dilettiamo così tanto da distinguerli continuamente.
Come Bertrand Russell penso che l'uomo possa conoscere solo i dati sensoriali, percezioni momentanee e soggettive di colori e suoni, e che ogni altra cosa, compresi gli stessi oggetti fisici cui vengono riferite le nostre percezioni sensoriali, non possono essere conosciute direttamente. E di tutto ciò che non possiamo conoscere dobbiamo tacere, così taccio sul mondo "tra le vite", così taccio su ciò che non rientra nelle mie convinzioni lascaindomi affascinare da quel mondo di dubbi ed incertezze che riempie il mio "mondo immaginario infinito".
Vado in trance per bisogno non per possibilità, la nostra intelligenza non può rimanere legata ad un intelligenza così a lungo da perdere il suo senso di verità "scoprendo" che manca qualcosa, dopo un po di concentrazione deve evadere la scena per viver di suggestione mischiando le carte della convinzione nel mondo dell'immaginario.
L'immaginario della trance ultradiana, sfocar lo sguardo e sfumare la concentrazione su altro mondo, quello interiore, è un bisogno non una possibilità della nostra intelligenza, che usa l'immaginario per stabilizzare il nostro "mondo reale" che deve esser continuamente aggiornato da nuove convinzioni convincenti per mantenerci nella sicurezza critica della "verità", lontano per un po dai dubbi che d'altronde rendon intelligenti.

mercoledì, luglio 08, 2015

La vita per quel che è. Marco Chisotti

Alle volte mi chiedo se la vita è una cosa semplice che i pensieri tendono a complessificare.
Nel mio caso, e di questo posso parlare, credo di si, un grande del costruttivismo Heinz von Foerster dice che tendiamo a proiettare la complessità che viviamo dentro di noi nel mondo esterno.
Per questa ragione sento tutta la complessità del mondo esterno che confonde ogni mio più ordinato intento a descriver la semplicità del mondo stesso.
Ci son tanti che io definisco battisti che battezzano e cercan di fare proseliti ed hanno un pensiero per tutte le stagioni, li ascolto e spesso mi sento di dargli ragione, in fondo son goloso di verità.
Noto però che spesso la fede è un sentimento più che una ragione, io mi sento molto sentimentale, eppure so d'essere ragionevole, già si complica un po tutto.
Mi piace pensare che l'amore unisce, e mi son chiesto quale parola si antepone all'amore, li per li verrebbe da dire l'odio, ma è una risposta ingenua, è uno studioso di "storie e racconti" in salsa psicologica, Dan Mc Adams, che ha contrapposto all'idea di amore quella di potere, e il potere divide, così sembra semplice a dirsi ma in sostanza non lo è.
Mi chiedo spesso cosa influenzi di più l'umanità ed è facile considerare che l'umanità è condizionata dalla fede, che spesso si limita ad essere una speranza, è condizionata dai legami che spesso si spacciano per amore, come sentimento, mentre son più legami che definiscono un potere, un controllo, spesso un potere esercitato in nome del tuo bene, e qui si complicano ulteriormente le cose.
Forse è più semplice pensare che anche i significati delle parole son più sentimentali che ragionevoli, il mondo è complesso per quanto si confondono ragione e sentimento, semplice e complesso.
Si la ragione è semplice, come la tastiera di un pianoforte, i sentimenti son complessi come le stelle in cielo, milioni di milioni di punti interrogativi.
Son goloso di verità, ragionevoli verità, ma guardo sempre verso l'infinito, la libertà, verso quelle sensazioni che virano in sentimenti.
Il mondo è complesso, io son complesso, ma la vita è semplice, perché quando la viviamo stiamo bene o stiamo male, e non ci son parole che possono descrivere tutto il nostro vivere e morire.
Un caro amico giorni fa mi ha ricordato una bella storiella zen che aiuta a comprendere la vita così com'è, e che voglio qui riassumere a conclusione della semplicità con cui complessifichiamo la vita.
Un giorno lontano in un antico villaggio la giovane figlia di un influente mercante rimase incinta e non volendo denunciare il giovane amico della sua avventura s'inventò la storia che il saggio del villaggio aveva approfittato di lei.
Tutto il villaggio sapendo del misfatto accompagnò il padre della ragazza, dal saggio del villaggio per denunciarne il fatto e costringerlo così a prendersi cura del bambino.
Il saggio ascoltò tutte quante le accuse e le richieste che avevano da fargli e disse: "Ah si?"
Crebbe ed educò il figlio per molti anni fino a farne un forte ed intelligente bambino.
Un giorno, la figlia del mercante nel frattempo cresciuta e maturata sentì la mancanza di suo figlio, e senza farsi problemi racconto la vera storia del figlio chiedendo di poterlo avere indietro.
Tutto il villaggio accompagnò il mercante dal saggio ed insieme tutti quanti si scusarono dell'accaduto chiedendo così indietro il figlio.
Il saggio ascoltò tutte quante le scuse, le motivazioni e le nuove richieste che avevano da fargli e disse: "Ah si?"
La vita è bella e brutta, grande e piccola, vera e falsa, semplice e incredibilmente complessa, è tutto quanto e di più, ed è anche, credibilmente, l'unica complessa esperienza che semplicemente conosciamo.