Cerca nel blog

domenica, ottobre 14, 2018

Dalle allucinazioni alle convinzioni: la coscienza prima e dopo ogni esperienza.

Marco Chisotti


La nostra coscienza, o più semplicemente consapevolezza di un proprio Sè, si divide in due esperienze fondamentali: la percezione del mondo esterno attraverso i sensi, e la coscienza di noi stessi, il nostro Sè. 

Il nostro cervello continuamente produce delle previsioni sulle quali basare la percezione del mondo esterno.

In questa fase il cervello compara le percezioni dei suoi sensi con le aspettative, le convinzioni acquisite dalle esperienze passate su com'è il mondo intorno a noi, in modo da poter creare un'ipotesi su ciò che ha generato i segnali che i sensi gli fanno pervenire.

Il cervello non percepisce direttamente suoni, colori, immagini, sensazioni, prima costruisce un'ipotesi di quel mondo esterno e poi corregge l'ipotesi mano a mano che ottiene nuovi elementi percettivi.

In queste due figure è possibile cogliere il lavoro che fa il cervello quando utilizza le sue memorie passate per generare un'esperienza, le lettere A e B sono della stessa tonalità di grigio in verità, ma essendo la B sotto il cono di ombra la B risulta di un grigio più chiaro rispetto alla A.  

Quello che succede è particolare, quando noi non riconosciamo un suono, per esempio, per poterlo comprendere lo dobbiamo contestualizzare, contestualizzandolo riusciamo a capirlo, questo aumenta grandemente la possibilità di comprendere l'esperienza. 

Quello che succede quindi è che la percezione è subalterna alla previsione, piuttosto che essere direttamente dipendente dai sensi.

La percezione dunque funziona in due direzioni: una arriva dall'esterno, l'altra proviene da una costruzione interna legata alle nostre esperienze passate, in grado di generare una previsione, il mix di queste due esperienze ci avvicina alla percezione finale, la realtà che ci sta attorno.

Possiamo pensare che le allucinazioni ad esempio siano una percezione che noi non controlliamo, dove vengono cambiati degli elementi all'insaputa della coscienza, e noi subiamo quegli elementi come dominanti nella nostra percezione visiva.

Ad esempio provate a pensate che in questo momento, mentre state leggendo queste parole, potreste essere in una allucinazione, una speciale allucinazione dove gli elementi che leggete, da me riportati in forma scritta, costituiscono la vostra realtà. 

La cosa magica è che io posso immettere in questo articolo tutto ciò  che voglio, ma quello che rende quello che io dico interessante o meno per voi dipende dalle vostre previsioni, il che è quello per cui state leggendo, oltre a ciò che ho scritto.

Possiamo pensare che il nostro cervello crei delle allucinazioni, corrette in tempo reale dagli organi sensoriali, i quali limitano le ipotesi di queste possibili allucinazioni, la loro viabilità. Definiamo con "viabile" un concetto del costruttivismo, che rende l'idea del più probabile, ed è il più utile elemento che entra in gioco. La viabilità è data da un confine che si viene a creare tra le informazioni esterne e le previsioni interne del cervello.

In questa modalità si può vedere come il cervello, generando ipotesi e valutandole attraverso i sensi nella loro prevedibilità, crei un mondo curioso, interessante, monotono, stancante, a seconda delle condizioni e delle situazioni che noi veniamo mano a mano a vivere.

La vostra lettura è una costruzione continua, attraverso allucinazioni indotte da ciò che io ho scritto, considerandole alla fine reali, e succede che, quando tutti quanti siamo d'accordo sull'allucinazione, la chiamiamo "realtà". 

Sia la percezione che l'allucinazione sono i confini diversi del nostro reale, le allucinazioni sono percezioni incontrollate, e le percezioni sono allucinazioni controllate.

Se prendiamo in considerazione il Sè autobiografico abbiamo la stessa esperienza nella percezione di noi stessi, non più il mondo esterno ma la nostra identità. 

Anche quest'identità è un'allucinazione controllata, generata dal nostro cervello. Ora è facile pensare che la realtà esterna sia percepita in modo distorto dai nostri sensi, più difficile pensare che il mio IO interiore sia ingannato e generi allucinazioni su me stesso. Anche se possiamo dare la percezione di noi stessi come scontata, in verità non è così. Se entriamo nel campo degli stati mentali possiamo percepire noi stessi veramente in modi molto molto diversi, possiamo creare molte ipotesi su noi stessi, generate dal nostro cervello, tutte quante plausibili. 

Ci sono diverse coscienze che partono dall'esperienza corporea, come la coscienza legata a ciò che stiamo facendo, la conoscenza legata alla nostra volontà, la coscienza della nostra identità, una coscienza, ad esempio, ricca di ricordi, interazioni sociali, emozioni, che si vive nel tempo, ed è la nostra storia. 

E facile che la percezione di unicità che viviamo per esempio vada a perdersi generando forti disagi fino ad arrivare a creare problemi mentali, la costruzione del nostro cervello di un'identità unica e stabile è spesso fragile.

Credo che sia questa la ragione per cui tendiamo a sviluppare abitudini, routine, ripetizioni che mantengono   l'allucinazione dedicata all'idea di noi stessi, unica e costante nel tempo.

Se torniamo alla percezione del Sè corporeo anche qui il cervello genera una sua ipotesi di come è il nostro corpo.

La percezione del corpo interno è chiamata interocezione, ed è la sensazione di avere delle parti interne le quali comunicano con il nostro cervello cosa sentono. Alcune parti come la pancia che contiene 500 milioni di cellule nervose, o il cuore che contiene 50 milioni di cellule nervose, sono più sensibili di altre.

L'esperienza della percezione interna del nostro corpo, anche non la consideriamo granché, è molto radicata ed è collegata alla percezione che abbiamo del corpo esterno.

Non percepiamo molto bene e  ben dettagliati gli organi interni - come invece accade con il mondo esterno e i suoi oggetti, e le persone, e il nostro corpo esterno - a meno che questi organi interni non facciano male. 

Quindi noi preleviamo il nostro mondo interno ed il suo funzionamento come un'allucinazione.

In sintesi, l'esperienza del mondo intorno a noi e di noi nel mondo è una serie di allucinazioni controllate, formatesi in milioni di anni di evoluzione per mantenerci in vita in mondi pieni di pericoli ma anche di opportunità.

Noi prevediamo costantemente noi stessi in vita, e da questa considerazione possiamo trarre queste implicazioni.

Come è possibile percepire in modo errato il mondo così è possibile percepire in modo errato noi stessi. Il presupposto implicato è che esista un meccanismo, anche se molto complesso evidentemente, che regola la percezione di noi stessi, quando questo meccanismo non funziona noi possiamo soffrire di depressione, schizofrenia e quant'altro.

La percezione che ho di me non può essere trasferita con facilità in un altro meccanismo pensante, se non attraverso l'empatia, Il nostro è un essere "Psicobioautobiograficosociospirituale" troppo complesso per poter essere previsto da una forma di intelligenza artificiale.

La coscienza umana è solo una delle tante possibili esperienze di coscienza che l'universo intero prospetta.

Il nostro sé individuale, la somma dei nostri 5 Sè, si basa su meccanismi che partono dal corpo biologico simili a tutti gli altri animali. Viviamo in un mondo complesso la cui complessità genera il mondo in cui viviamo e come elaboratore di terzo ordine produciamo l'elaborazione che lavora su noi stessi, così come fa la natura con noi. Viviamo in un mondo di allucinazioni che non sono altro che previsioni di un mondo possibile, e possiamo elaborare al meglio il mondo uscendo alla convenzione che esso sia già dato. 


mercoledì, ottobre 03, 2018

L'Ipnosi dai contesto al contenuto: come sviluppare magia. 

Marco Chisotti

La vera magia dell'ipnosi sta nel non detto, mentre troppo spesso l'attenzione e la preoccupazione vien data al contenuto.  Sembra strano a dirsi ma la vera arte ipnotica è proprio quella di dar spazio all'immaginario creativo della persona, meno parole si spendono è più la persona va alla ricerca trans derivazionale del significato, una ricerca funzionale nella propria esperienza passata. 

Per la precisione il contenuto deve proprio guidare in questa direzione, dar spazio alla creatività della persona di trovare un senso costruttivo e funzionale all'esperienza. 

Due son i motivi che rendono importante lavorare sul contesto piuttosto che sul contenuto:

Dare spazio alla creatività immaginativa della persona, facendola allontanare dal mondo della sua critica. 

Riconoscere il potere terapeutico dell'inconscio, le persone hanno dentro ai propri Sè le risposte, sta a noi metterli nella condizione di trovarle. 

Tu puoi ... tu sai ... tu conosci la risposta, o meglio il tuo inconscio la conosce ... a te il compito di dar fiducia alle risposte che ti arriveranno come suggerimenti, intuizioni ... ecco un esempio di induzione nel contesto  positivo di riuscita e fiducia nei propri mezzi. 

Il contesto parte prima dei contenuti, viene creato fin dalla prima fase orientativa dov'è si sottolinea l'efficacia positiva dell'esperienza che si va a fare, il cosiddetto Pretalk. 

Il contesto genera effettivamente  la giusta aspettativa che ci serve per orientare le persona verso l'esperienza positiva che andrà a vivere. Inoltre permette di preparare il terreno o all'esperienza di cambiamento che ancora non si conosce, dopo una prima fase di preparazione si da spazio all'incubazione, impossibile da comprendere  nei suoi effetti se non si conosce il contesto entro cui avviene. 

Senza il contesto si dice sia impossibile comprendere correttamente un messaggio, nell'esperienza ipnotica, senza il contesto che guida l'esperienza, è impossibile completare l'induzione che deve far transitare la persona dalla suggestione vissuta alla guida ipnotica. 

La Magia risiede nella persona, l'ipnotista può solo guidare il soggetto verso le sue risorse interiori, dando fiducia all'esperienza ipnotica stessa, inoltre, ci si appoggia all'aspettativa di esperienza magica che solitamente ci si aspetta di incontrare con l'ipnosi.     

Il contesto si arricchisce poi dei contenuti, corretti dal contesto stesso, creando così un continuum funzionale dove l'aspettativa favorisce, se non genera, l'esperienza che porta al risultato desiderato. 

Creare magia è creare un'associazione, un rituale che crea il mantenimento di un legame, Ogni volta che si presenta un elemento ne viene implicato un'altro, l'implicazione è, nel processo ipnotico, un atto di congiunzione tra due fatti: se X allora Y o quando X allora Y.

Ogni volta che definiamo un contesto proponiamo uno scenario in cui avvengono delle cose e non altre, definire il contesto vuol dire orientare la persona, ciò che andrà a vedere, sentire o percepire sarà ciò che il contesto le indicherà. 

Un contesto non esiste a prescindere, è frutto di una scelta, una scelta di confini definiti entro i quali svolgere un'azione, per questa ragione non basta avere un contesto, il contesto autodefinito, o sottinteso, implicito, non è un contesto utile, bisogna prendersi cura del contesto perché sia chiaro alla persona, dal contesto scaturiscono suoi pensieri che son parte della sua storia, e quindi parte della sua identità. 

La memoria stessa è contesto dipendente, ricordiamo attraverso libere associazioni, viviamo in una realtà che ha senso proprio perché circoscritta da un preciso contesto di riferimento. 

Ci si concentra tanto sul contenuto dell'induzione ipnotica mentre la vera "magia" del cambiamento è data proprio dall'aspettativa positiva che si viene a creare, rispetto al futuro, e dall'immaginario costruttivo che permetterà di proiettarsi nel futuro, entrambi son aspetti dipendenti dal contesto, il rituale, il momento, le emozioni nel qui ed ora, la capacità di creare simboli e significati. 

Vi voglio far un esempio di contesto che tutti quanti possediamo, l'inconscio, L'attività cognitiva del nostro cervello e solo per il 10% dedicata alla coscienza, il 90% della sua attività è inconscia, ciò vuol dire che il 90% dell'attività del nostro cervello non possiede un contesto di riferimento, per creare un contesto se hai bisogno di una coscienza. Lavorare con l'inconscio vuol dire proporre un contesto di riferimento per l'attività del 90% del nostro cervello. 

La figura dell'inconscio è, a tutti gli effetti, il miglior contesto che si possa pensare e creare, quando è rivolto ad un individuo, a favore di un suo cambiamento costruttivo e positivo. Tutto questo è possibile proprio perché l'inconscio viene creato come contesto che mette in evidenza le qualità di un'amico che ti aiuta, di un'angelo custode che ti protegge e di uno spirito guida che ti indica il cammino da seguire, un contesto di aiuto, protezione e guida è il meglio che si possa sperare per affrontare i cambiamenti che ci riserva la vita. 

Auguro a tutti voi di trovare il vostro inconscio, quel contesto positivo e costruttivo entro il quale vivere al meglio la vostra vita.