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mercoledì, giugno 30, 2010

L'arte della terapia, ciò che non si dice ma si sa!.

Come ho già detto diverse volte lavoro da anni con l'ipnosi e trovo le mie risposte dentro l'esperienza dell'ipnosi, son arrivato alla conclusione, tra esperienze e competenze, che non sono le tecniche a far cambiare le persone, ne le filosofie, l'ipnosi, in effetti, non è una tecnica, ne è una filosofia, è uno piuttosto stato della mente, generato dall'attività della mente, uno stato che favorisce l'apprendimento per la mente. Le tecniche son solo carta da regalo, ciò che fa è la relazione, la relazione che costruiamo con l'altro è il regalo. Le terapie, qualunque esse siano, passano attraverso la relazione, ciò che "cura" è la relazione, per questo motivo nessuno può sostituirsi a noi, ne noi a loro, possiamo solo portare avanti le nostre relazioni. Farsi strada nella vita equivale a costruire relazioni significative, il nostro cliente, il nostro paziente cambia, migliora, alle volte risolve il suo problema per quanto crede nella nostra relazione con lui. Dicendo questo si può capire che non credo proprio nelle tecniche in se, la relazione al contrario è tutto ed ognuno ha la sua personale modalità di costruire una relazione che può diventare terapeutica. Ora non è facile comprendere come far crescere una relazione, è la cosa più naturale e normale del mondo relazionarsi con gli altri, ma perché la relazione possa diventare terapeutica occorre altro, forse non si può apprendere l'arte di relazionarsi con gli altri ma si può curare la modalità con cui ci relazioniamo con gli altri. Ancora una volta ci vien in aiuto l'ipnosi, per imparare qualcosa bisogna entrare nello stato mentale giusto, la passione, il coinvolgimento ci avvicinano a tale stato, relazionarsi nello scopo di aiutare gli altri, è immedesimarsi, comprendere, vivere ciò l'altro porta, è stupirai, incuriosirsi, andare oltre ogni giudizio. Le tecniche che vengono insegnate son il contesto in cui si studia la relazione che è il contenuto, è nella relazione il segreto del "guarire", noi preghiamo Dio ma diamo il messaggio a noi stessi, guariamo attraverso la relazione con noi stessi, crediamo a qualcosa di esterno a noi ma attiviamo il potenziale che è in noi. Aiutare qualcuno è permettergli di migliorare la relazione con se stesso attivando la relazione che può avere con gli altri, dialogo interno, dialogo esterno, fiducia e collaborazione col proprio mondo interno, fiducia e relazione con gli altri.


-- Post From My iPod Marco Chisotti
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Psicologo Psicoterapeuta
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domenica, giugno 27, 2010

Ipnosi regressiva e progressiva.

Visioni diverse del"ipnosi regressiva a cura di Giovanna Lombardi.

A chiunque di noi sarà capitato qualche volta di vedere una persona sconosciuta o entrare in un posto mai visto e avere la sensazione di conoscerli già. Si tratta del così detto déjà vu. Chi crede nelle vite passate non può fare a meno di chiedersi se quella persona o quel luogo appartengano a una vita precedente.

Questa idea appare bizzarra a noi occidentali, che siamo tanto razionali e tanto legati a questa nostra vita terrena dopo la quale, al massimo, ci potrà essere ad aspettarci solo il Regno dei cieli.. Nelle filosofie orientali, invece, la reincarnazione è comunemente accettata. Ci si reincarna migliaia di volte, a seconda del karma, – cioè delle azioni compiute nelle vite precedenti, che determinano le vite successive- fino all’illuminazione, stadio in cui non ci si reincarna più e ci si unisce al Tutto o ci si incarna per aiutare gli altri.

L’ipnosi regressiva

L’ipnosi regressiva è uno strumento usato comunemente dalla psicoterapia per far riaffiorare dall‘inconscio ricordi, eventi o traumi dell’infanzia o del passato che influenzano la vita presente di un paziente e gli provocano dei problemi psicologici.

Tuttavia la normale ipnosi regressiva ha cominciato ad assumere connotati inquietanti quando sotto ipnosi alcuni pazienti hanno cominciato a descrivere situazioni collocabili in epoche e luoghi del tutto slegati dalla loro vita presente. Il caso più frequente è quello di pazienti che cominciano inaspettatamente a parlare lingue che in realtà non conoscono o che descrivono nei dettagli luoghi in cui non sono mai stati. A volte i pazienti rivivono sotto ipnosi la propria morte e spesso è a causa di una morte particolarmente violenta (soffocamento, annegamento, sepoltura da vivi, etc) che le persone si portano dietro fobie o dolori fisici altrimenti inspiegabili e fino al momento dell’ipnosi inguaribili.

Brian Weiss, il più famoso sostenitore dell’ ipnosi regressiva a livello mondiale, nel suo libro Molte vite molti maestri racconta ad esempio la storia di Cathrine, una sua paziente affetta da depressione e attacchi di panico, che durante le sue regressioni ha raccontato i particolari di incredibili vite come quella nei panni di una sacerdotessa nell’antico Egitto, quella nell’identità di Aronda, morta durante un’immane inondazione circa 2000 anni prima di Cristo o quella nelle spoglie di un giovane guerriero trafitto alla gola da un nemico nel 1400.

Il dottor Weiss ha assistito alla completa guarigione di Cathrine proprio grazie al riaffiorare di questi ricordi. Le sue fobie, ad esempio, derivavano dai traumi legati alle morti violente.

Da allora, cioè dal lontano 1980, di ipnosi regressive nelle vite passate il dottor Weiss ne ha condotte molte e ha scritto tanti libri sull’argomento. Uno di questi, dal titolo Lo specchio del tempo ha allegato un cd che guida verso l’autoipnosi. Weiss sostiene infatti che ciascuno di noi dovrebbe imparare ad esplorare le vite passate per andare a cercare le cause dei conflitti attuali e risolvere molti dei propri disturbi fisici ed emozionali (chi scrive questo articolo, invece, sconsiglia vivamente l’ipnosi regressiva “fai da te”).

In Italia la regressione nelle vite passate si pratica da pochi anni. E’ nata solo nel 2005 l’AIIRE, cioè l’Associazione Italiana Ipnosi Regressiva, il cui presidente è il dottor Angelo Bona, una sorta di Brian Weiss italiano.

I messaggi

Nel corso delle sedute di ipnosi regressiva spesso gli psicoterapeuti si imbattono nei cosiddetti “messaggi dei maestri”, cioè in anime altamente evolute che attraverso i pazienti si mettono in contatto con loro per dare delle piccole lezioni sulla vita. I maestri ci dicono ad esempio che la Terra è un pianeta-scuola in cui si reincarnano le anime che si devono purificare. E’ proprio la legge del karma di cui da millenni ci parlano le filosofie orientali a regolare le reincarnazioni: in ogni vita noi mettiamo delle cause di cui raccoglieremo inevitabilmente gli effetti, in parte nella vita stessa e in parte nelle vite successive. La responsabilità dei nostri problemi è dunque solamente nostra e in noi risiede anche la possibilità di capire dove sbagliamo e cambiare il nostro comportamento. Acquisendo coscienza di questo ordinamento causale, dice Brian Weiss, si smette di sentirci vittime degli altri o incapaci di cambiare le cose e “si comprende che la vita non ha un senso punitivo ma educativo”.

I maestri ci dicono anche che vita dopo vita possiamo incontrare nuovamente sia le persone a cui siamo più legati che quelle con le quali abbiamo delle difficoltà di relazione: ciascuno di noi farebbe parte infatti di una famiglia di anime, e incontrerebbe le stesse anime (anche se cambierebbero continuamente i sessi e i rispettivi ruoli) finché non riuscirà a sciogliere i relativi nodi karmici.

Le teorie

Ma cosa ne pensa la comunità scientifica? Esistono veramente le vite passate o no?

Le teorie finora elaborate per spiegare ciò che può accadere durante una seduta di ipnosi regressiva sono sette e meritano di essere ricordate tutte (fonte: dottor Chisotti Marco):

1) Teoria della fabulazione cosciente: ritiene che il racconto del soggetto ipnotizzato corrisponda a un sogno guidato. Quando costui racconta all’ipnotista una storia di vita, non serve indagare se è vera o falsa, ma usarla con buona fede per aiutarlo; essa deve solo essere coerente.

2) Teoria delle personalità multiple: spiega che le visioni in regressiva non sono altro che prodotti di atteggiamenti schizofrenici o quasi, cioè appartenenti a parti scisse dell’Io.

3) Teoria della giustificazione e motivazione, valore simbolico o soluzione di un problema di vita attuale: ritiene che gli episodi emersi in regressiva servono per soddisfare il bisogno del soggetto di trovare una giustificazione per il suo problema, che se non è già stata individuata nel presente viene pertanto estrapolata dal passato.. Questa teoria spiegherebbe perché certe persone che conducono una vita amena e spiacevole, in regressione si vedono come persone ricche e importanti; semplicemente per compensazione psicologica.

4) Teoria della gelificazione dei ricordi di chi si è stati: si basa sulla teoria dei memi e spiega che durante la regressione si otterrebbero elementi ereditari di natura mnemonica riguardo esperienze passate. Quest’ottica serve per creare connessioni logiche tra la storia del cliente e quella di altri suoi familiari (se non coi genitori magari con nonni o bisnonni, coi quali riconoscersi), che venga supportata scientificamente.

5) Teoria degli universi paralleli: ritiene che in regressiva possano emergere ricordi che appartengano al proprio doppio esistente in un universo parallelo (che non è un altro universo esterno a questo). Questa teoria può essere utile per disidentificare il soggetto con ciò che ha “ricordato”, però per fargliela accettare ci vuole un po’ di tempo.

6) Teoria della reincarnazione: ritiene che in regressiva possano emergere ricordi di una propria vita passata, e che quindi tramite essi si possano sbloccare traumi “karmici” che hanno riversato il loro influsso negativo sulla vita attuale.

7) Teoria del ricordo collettivo: spiega che in regressiva possono emergere memorie provenienti dall’inconscio collettivo. Se provengono da una collettività diversa dalla propria, la spiegazione può rimanere plausibile in base alla teoria dei campi morfogenetici.

L’ipnosi progressiva

La più moderna tecnica di ipnosi non si sposta più indietro sulla linea del tempo, ma va in avanti. Si chiama, appunto ipnosi progressiva. Non si tratta tuttavia di andare a vedere veramente ciò che sarà, quanto piuttosto di un viaggio che la nostra parte creativa fa per fissare degli obiettivi o per provare a risolvere problemi che nel presente risultano ingestibili. Di questo viaggio creativo e “costruttivista” al risveglio rimane nella mente del paziente un ricordo che lo arricchisce e lo rende più forte: se infatti è riuscito a cambiare il presente sotto ipnosi, grazie alla guida dello psicoterapeuta, ha fiducia di avere le risorse per cambiarlo anche nella realtà..

Così si esprime a riguardo il dottor Marco Chisotti, uno dei migliori ipnologi a livello europeo, e pioniere dell’ipnosi progressiva: “il principio su cui si basa l’ipnosi è la costruzione nell’individuo di una stato mentale funzionale all’obbiettivo che si desidera raggiungere. La vera portata del lavoro con la trance ipnotica è proprio questo, utilizzare lo stato mentale permettendo alla persona di cambiare le proprie abitudini, credenze, convinzioni, apprendendo con facilità un nuovo modo di comportarsi, pensare, vivere le proprie emozioni, e questo è reso accessibile con
l’uso dell’ipnosi e degli stati mentali connessi.”

Con le parole del dottor Chisotti ci tornano i dubbi: i pazienti ricordano veramente le vite passate o se le inventano?

E’ difficile dare una risposta definitiva a questo quesito. E’ plausibile che sia il nostro emisfero destro del cervello, la nostra parte creativa, a inventare e creare connessioni tra una presunta vita passata e la nostra vita presente.

Tuttavia cosa dobbiamo pensare quando a raccontare le proprie vite passate sono dei bambini di due o tre anni? Che dire ad esempio del piccolo Cameron Macaulay che fin da quando ha cominciato a parlare diceva di aver già vissuto una vita nella lontana isola di Barra e che quando ci è stato portato ha ritrovato tutti i particolari che aveva descritto?

Approfondiremo nel prossimo articolo i bambini che ricordano le vite passate.

Giovanna Lombardi



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martedì, giugno 01, 2010

Un ipotesi per l'organizzazione mentale.

Appoggiando l'idea della coscienza come identità, consapevolezza di
se, la cui funzione avviene attraverso l'attivazione e il collegamento
di alcune aree del nostro cervello. Noi abbiamo consapevolezza,
coscienza appunto di noi stessi, attraverso il lavoro interattivo di
alcune aree del cervello mantenute attive e collegate assieme,
funzione che rimane attiva, come dimostrano alcuni recenti studi neuro-
scientifici, solo in presenza di uno stato di veglia, attraverso una
massiccia attivazione corticale, o in stato di trance, in misura più
contenuta, con una parziale attivazione corticale ed una sensibilità
concentrata più nel mondo interiore.
È possibile, in tal modo, considerare il maturare del nostro stato di
coscienza come un accrescersi graduale di questi collegamenti, fino a
raggiungere un certo equilibrio tra queste parti, creando così una
sorta di sistema organizzato adattabile a circostanze differenti.
Usando l'idea dei tre cervelli, il cervello rettile, il cervello
mammifero e il cervello evoluto, la neo corteccia, come componenti
presenti all'interno del cervello umano, possiamo considerare che la
singola maturazione cerebrale, di tipo evolutivo per la specie uomo, e
di tipo educativo nel singolo individuo, come la creazione di ponti di
collegamento ed interazioni tra aree differenti del cervello, che
bilanciando i comportamenti, permettono alla coscienza di mantenere
stati mentali adattati anche in presenza di stimoli interpretabili
dalle singole aree del cervello come potenzialmente pericolosi. Ne
consegue che tutti i mal funzionamenti adattivi accorsi ad un
individuo possono esser imputati ad un mancato o limitato collegamento
tra aree diverse del cervello, lasciando intuire che l'adattamento è
frutto di relazioni orientate all'esterno verso la realtà e
all'interno attraverso l'equilibrio dell'attività delle singole parti
interessate del cervello.
La terapia consisterebbe dunque nel favorire l'attività relazionale
delle singole aree, creando dei ponti di collegamento tra queste
differenti realtà. Il giocare con parti diverse di personalità
favorisce la costruzione di questi ponti, la relazione concilia un
attività mentale bilanciate e dunque un buon adattamento.

Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
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