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lunedì, giugno 27, 2011

La forza della narrazione.




Son stato da poco a visitare la Biennale di Venezia, per me è sempre bello tornarci, ogni volta assaporo il piacere della diversità, è facile dire siamo tutti diversi, ma poi ci comportiamo troppo come tutti, alla fine si perde il gusto della diversità, alla Biennale non ci si sforza a cogliere la diversità ed in questa non solo il forzatamente diverso, il macroscopicamente differente, ma il sottile e delicato modo d'essere veramente diversi.
Trovo nelle stesse letture la mia diversità, le ripeto più e più volte quasi a rassicurarmi e trovo il fascino della differenza.
L'unico modo di esistere è attraverso la consapevolezza, la forma narrativa che diamo al nostro esistere attraverso l'azione, parliamo di ciò che che facciamo e facciamo ciò di cui parliamo.
Forse è tutto qui, e lo sarebbe in fondo se non ci fossero le emozioni, parliamo di ciò che abbiamo fatto e ci emozioniamo, pensiamo a ciò che faremo e ci emozioniamo, non sempre non solo naturalmente, ma siamo in continua attesa del piacere di ritrovarci nella nostra consapevolezza emotiva per come è bello esistere, o come è importante, o più semplicemente per esser protagonisti del nostro vivere e raccontare la vita.
Il costruttivismo torna preciso ogni volta che penso a qualcosa di creativo, l'arte che porta in palmo la creatività è un un veicolo continuo di novità e diversità, mi piace pensare al costruttivismo perché mi apre gli scenari del possibile, mi rende interessante ogni momento della mia percezione, sempre orientata a cogliere quel diverso che stimola, interessa, piace.
Quando sai che ciò che pensi va a influenzare ciò che vedi hai un grande potere a disposizione, ed io ho notato nel corso degli anni di cadere sempre meno nel solco lasciato dai miei pensieri, mi vien da dire dalla salute mi guardi Dio che dai presupposti me ne guardo io!
Si la salute rappresenta per me l'incontestato assoluto, proprio come un Dio, in cui non credo ma che uso per rappresentarmi il complesso ed ingovernabile infinito, sarà per le incomprensibili esperienze personali, sarà perché ne ho sentite raccontare di tutti i colori, la lascio li, col più gran rispetto di chi si dedica a riequilibrare, ma purtroppo o per fortuna mai a cambiare, il corso della vita.
I presupposti son un gioco dell'intelligenza, non solo di studi ed approfondimenti, sopratutto di collegamenti ed adattamenti, sono modificabili, appartengono al mondo delle idee, e le idee, a differenza della materia, son esperienze relative, relative ad altre idee, mentre per trovare qualcosa che si avvicini alla relatività nella materia dobbiamo viaggiare all'improponibile velocità della luce, come ci suggerisce Albert Einstein.
I presupposti pur appartenendo al mondo dei convincimenti hanno il sapore del vero, li mettiamo poco in discussione, ci appartengono perché sono ciò che deve essere vero perché ciò che diciamo, sosteniamo, crediamo abbia un senso.
La forza delle parole sta nel fatto che dentro la nostra testa non ci stanno che parole, dunque idee, noi siamo fatti attraverso le parole che ci descrivono, ci danno consapevolezza, consistenza, identità.
I presupposti del costruttivismo sono visibili nella concezione secondo la quale la realtà non va considerata come un qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto che ne fa esperienza, poiché è il soggetto stesso che la crea, partecipando in maniera attiva alla sua costruzione.
In base a tale prospettiva si hanno le seguenti conseguenze:

1. Le leggi di natura non vengono scoperte bensì inventate.

2. Non è possibile una distinzione netta tra colui che osserva e l'oggetto osservato, poiché si definiscono come tali attraverso la reciproca interazione.

3. Ciò che si definisce conoscenza non può essere considerata una "rappresentazione" del mondo esterno ricavata dal mondo reale, ma è una costruzione fatta dal soggetto con materiali presi al proprio interno.

4. La cognizione non è un mezzo per conoscere la realtà oggettiva, ma serve all'organismo per adattarsi all'ambiente.

5. Ciò che viene osservato non sono cose, proprietà o relazioni di un mondo che esiste indipendentemente dall'osservatore, bensì delle distinzioni effettuate dall'osservatore stesso, in seguito alla propria attività nell'ambiente.

6. La sensazione non è la rilevazione impersonale di un dato, come quella derivante dalla lettura di uno strumento, quanto piuttosto un fenomeno che coinvolge profondamente il soggetto.


Secondo l’epistemologia costruttivista il sapere non esiste indipendentemente dal soggetto che conosce, dunque imparare non significa apprendere la "verità" o la vera natura delle cose, possedere cioè una fotografia oggettiva o rappresentazione del mondo.
È una soggettiva costruzione di significato che ci permette di dare un senso alla realtà, a partire da una complessa rielaborazione interna di sensazioni, conoscenze, credenze, emozioni che non hanno in sé ordine o struttura, sulla quale orientiamo la nostra attenzione. Questo processo trova la sua cornice e al contempo il suo sfondo nel linguaggio, culturalmente, socialmente e storicamente determinato.
Nell'incontro del soggetto con il mondo non è possibile definire una distinzione netta tra osservatore e oggetto osservato, poiché entrambi si definiscono come tali all’interno del rapporto di osservazione. Non osserviamo “cose”, ma definiamo proprietà e relazioni che sono costruite a partire dalla nostra azione organizzante e questa conoscenza, che è bio-psico-socio-culturale ci serve per adattarci all'ambiente; quindi le cosiddette leggi naturali non sono scoperte bensì invenzioni e l'idea di verità perde di significato, e come ci ricorda Heinz von Foerster "La verità è l'invenzione di un bugiardo".

L'idea di verità viene sostituita dal concetto di adattamento funzionale e di viabilità, termine coniato da Ernesto vo Glasersfeld, secondo il quale i concetti, costruiti a partire dalle regolarità che si incontrano nell’esperienza, hanno prima di tutto una funzione predittiva, sono strumentali all’azione e vengono appunto definiti viabili quando permettono di raggiungere uno scopo pratico. Noi viviamo nell'idea del mondo e della realtà e quest'idea è maturata da un lavoro costruttivo che fin da bambini ci ha coinvolti, i costrutti personali hanno delineato per noi il senso della vita.
Per comprendere il concetto di costrutto riporto direttamente un pensiero di George Alexander Kelly padre della teoria dei costrutti personali: “Un costrutto, come la stessa radice semantica lascia intuire, è l'unità elementare di discriminazione attraverso la quale si attua il processo di costruzione. È una dimensione di senso, "un asse di riferimento, un criterio fondamentale di valutazione" che può essere "esplicitamente formulato o implicitamente agito, verbalmente espresso o totalmente inarticolato, intellettivamente ragionato o vegetativamente sentito ma che, in ogni caso, permette di riconoscere due cose come simili e, allo stesso tempo, differenti da una terza. I costrutti sono le chiavi di lettura che rendono il mondo intelligibile: se non disponessimo di tali criteri di discriminazione, il fluire degli eventi ci apparirebbe indifferenziato e di conseguenza privo di significato”.
ll costruttivismo assume un approccio di carattere pragmatico e non ontologico, focalizzando l’attenzione sul processo di costruzione dei significati e della loro comunicazione.
Ritornando a G. A. Kelly "I processi psicologici sono canalizzati dall'anticipazione degli eventi", con questo ci dice che l'attenzione è focalizzata sulla persona, intesa nel suo insieme come sistema complesso, nonché sulla natura processuale della sua vita psicologica. Attraverso il linguaggio viene evocato il senso di un continuo movimento, di un muoversi verso, guidato e intenzionato dal modo in cui il soggetto anticipa, attraverso il suo sistema di costrutti, gli eventi del mondo. La persona, così concepita, è una forma in continuo movimento. Ciò che fa sì che tale movimento non sia caotico e casuale è il concetto di anticipazione predittiva e del controllo delle ipotesi come spinta al cambiamento del sistema di costruzione personale.

Ma come è possibile la comunicazione se la conoscenza è costruzione individuale e continuo di un significato? In realtà il significato è allo stesso tempo individuale e sociale: comprendiamo il mondo attraverso la costruzione di concetti e categorie che lo organizzano, in parte li adattiamo per renderli compatibili con quelli degli altri, in parte li cambiamo per adattarli alle nostre personali aspettative, in questa complessa operazione veniamo guidati, condizionati, limitati dagli strumenti culturali che abbiamo a disposizione.
Voglio prendere in considerazione un pensatore, Erich Fromm, che insiste sullo stato di solitudine e di isolamento proprio della condizione umana, considerandole una conseguenza del distacco dalla natura e dalla progressiva conquista di maggiore libertà. A tale condizione sarebbero legati cinque specifici bisogni:
1) bisogno di relazioni e quindi di relazionarci con la vita e gli altri
2) bisogno di trascendenza (o di creatività) andare oltre all'immanente, dunque metterci in contatto col mondo interno, il nostro spirito, l'inconscio
3) bisogno di radicamento (nella natura e nel mondo) un bisogno che ci fa accorpare agli altri, alla vita, alla materia di cui siam fatti
4) bisogno di identità, costruendo e descrivendo il nostro esistere, il nostro essere, la narrazione del nostro esistere
5) bisogno di un sistema di orientamento, una guida, un fine, uno scopo, una storia in cui riconoscerci e lasciarci guidare dalle sue, che son le nostre, profezie.

L'adattamento dell'uomo alla società è visto come un compromesso tra i bisogni intimi e le richieste dell'ambiente. Il problema del rapporto tra uomo e società è ritenuto fondamentale da Erich Fromm, poiché la società è vista come qualcosa di creato dall'uomo allo scopo di realizzare la natura che gli è propria, e questa creazione è manifestata dalla nostra descrizione, dalla nostra narrazione.

La conoscenza è individuale e situata, in questo senso non è possibile condividere completamente il significato che si attribuisce ad un concetto in quanto colorito dall’esperienza personale, ma attraverso la comunicazione concordiamo con l’interlocutore quali aree di significato di quel concetto sono compatibili con l’esperienza comune. Sono proprio queste aree di compatibilità che fanno nascere la convinzione che le parole si riferiscano ad oggetti del mondo reale invece di essere astrazioni culturali. Nel linguaggio quotidiano è difficile rendersene conto, ma appare evidente quando ci spostiamo sul piano del pensiero complesso, dove siamo spesso costretti ad esplicitare e ridefinire il senso dei termini che stiamo utilizzando. Allo stesso modo non conosciamo mai completamente le altre persone, anche in questo caso ne costruiamo modelli interpretativi, che restano probabilistiche previsioni di comportamenti.

Noi ci aspettiamo ed aspettiamo gli altri, ci confrontiamo e ci confondiamo con loro, nel narrarci esistiamo ma anche deduciamo ed ipotizziamo, poi torniamo a domandarci dove stanno i confini della realtà, e questi non son chiari, non son semplici, ci chiedono impegno, rimangono nel frutto delle nostre convenevoli approssimazioni in relazione con le quali ci troviamo a vivere, dove ha molto più peso il senso comune condiviso di qualunque scienza o conoscenza.


-- Post From My iPad Marco Chisotti
http://www.chisotti.com
Psicologo Psicoterapeuta Ipnosi terapeuta
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martedì, aprile 26, 2011

Il frutto del vivere tra mente e corpo: l'emotività, la razionalità, la presenza ed il contatto fisico nelle relazioni d'aiuto.
A cura del dr. Chisotti Marco.

La relazione è il fulcro di ogni esperienza di vita, le relazioni d'aiuto sono ancora più presenti ed impegnative da seguire e gestire che altre esperienze comunicative, sapersi destreggiare tra la parola e l'ascolto, la presenza ed il contatto fisico risulta più un arte o un sincero gesto d'amore che una specifica competenza acquisita. Le semplici esperienze di vita non sempre son allineate ai bisogni d'aiuto, la vicinanza e la lontananza tra le persone son più dettate da sottili equilibri inconsci, culturali e fisici, più che da chiare spiegazioni date o semplici abilità acquisite.
Il mondo interno ed il mondo esterno, conscio ed inconscio sono due facce delle stessa medaglia, la persona.
Ogni persona porta con se il proprio mondo esterno, col quale condivide la vita coi suoi simili, ed il proprio mondo interno che difficilmente sveliamo agli altri, col quale ci proteggiamo, ci scherniamo, alle volte ci scontriamo. Ogni nostro comportamento, atteggiamento, parola, pensiero, idea svela la presenza di questo nostro mondo interiore, che va dunque accettato, rispettato, accolto, qualunque esso sia, perché li dietro ci sta l'identità delle persone, la cosa più sacra che possediamo.
Quando le decisioni del senso comune condiviso, il mondo sociale in cui viviamo, si scontrano con le intenzioni personali inconsce, allora abbiamo difficoltà ad accettare, condividere, acconsentire e ci ritraiamo, ci allontaniamo dagli altri.
Tutto questo è dovuto al fatto che nel corso della nostra vita accumuliamo tantissime esperienze ed ogni esperienza è la causa di un mondo che ne è la conseguenza, da bambini poi da adolescenti, fino a quando si diviene adulti, viviamo esperienze che generano mondi differenti, ogni mondo che si crea in noi rimane presente con una sua volontà, con suoi desideri, con suoi pensieri, ogni mondo è per la nostra esperienza uno stato mentale particolare, con un suo carattere, un modo d'essere, di fare.
Ogni stato mentale ha una sua memoria, frutto delle esperienze fatte, che non condivide con gli altri stati mentali, ogni mondo è così separato dagli altri, solo un lavoro organizzativo di questi mondi interiori permette di unire, sotto un unico stato mentale, tutti questi mondi differenti.
Questi mondi ci accompagnano per tutta la vita ed alternativamente s'affacciano avanzando le loro pretese, ognuno deve far i conti coi propri mondi e quando ci incontriamo e ci relazioniamo con gli altri questi mondi ci fanno comportare in modi differenti, rendendoci persone differenti.
Il parlare, comunicare, relazionarci con gli altri, ci fa incontrare i loro mondi, i loro pensieri, le loro esperienze, dobbiamo sensibilizzarci alla complessità degli esseri umani, per poterci destreggiare ed esser in grado di aiutare, chi mi sta ascoltando, chi mi sta guardando, cosa sta comprendendo, cosa pensa la persona con la quale mi relaziono, ed io come mi sento, cosa provo, chi sono ora che mi relaziono con lui o con lei.
In questa complessa giostra relazionale tutti quanti ci ritroviamo, solo rispettando tale complessità è possibile apprezzare ogni più umile e circoscritta intelligenza si possa incontrare, rendendo così 'intervento d'aiuto, ricco di luce, comprensione e calore.


Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
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Inviato da iPad

domenica, aprile 24, 2011

Ipnosi e Stati Mentali di riferimento.

a cura del dr. Chisotti Marco.

L'ipnosi è uno stato di coscienza caratterizzato da uno stato mentale, che si colloca tra la veglia e il sonno, denominato trance o stato di ipnosi, che permette di influire sulle condizioni psichiche, somatiche e viscerali di una persona per mezzo di una relazione tra questa (cliente) e un'altra persona (ipnotista) o che lui stesso può crearsi attraverso l'autoipnosi.

In tale stato mentale si ha una riduzione delle capacità critiche, un aumento della convinzione, persuasione e suggestionabilità e una limitazione del campo di consapevolezza alle sole richieste suggerite dall'ipnotizzatore.

La persona regredisce a livelli infantili di funzionamento mentale e di comportamento, caratterizzato da fenomeni di ideoplasia e monoideismo, ossia di trasformazione in realtà soggettiva e oggettiva di quanto viene intensamente immaginato, trasformando l'idea in azione, movimento, rimanendo concentrati su una solo idea alla volta.

L'ipnosi arriva dall'antichità attraverso le pratiche magico religiose che da sempre hanno accompagnato l'uomo nella sua storia, prima fase della storia dell'ipnosi, ma è stata introdotta in Europa da Mesmer nel 1779 con una prima opera creata per spiegare meglio le operazioni da eseguire durante le cure mediche, scrivendo il saggio: Mémoire sur la découverte du magnétisme animal (Memoria sulla scoperta del magnetismo animale, 1779).
Mesmer ipotizzava di possedere un fluido magnetico e di poterlo far passare da se al proprio paziente, con lui Braid, altro medico del tempo, che propose un'interpretazione neurologica con il metodo dell'induzione verbale.
In verità erano vicinanza e contatto fisico col paziente le ragioni dell'attivazione neuro fisiologica notata nei loro pazienti dai medici.
In seguito, allo studio specifico dell'ipnosi, si dedicò dapprima Charcot, che ne distinse gli stadi (letargo, catalessi e sonnambulismo), annotando le modificazioni organiche relative al tono muscolare e ai movimenti riflessi, e in seguito anche Freud che utilizzò l'ipnosi, nella terapia dell'isteria, seguendo il metodo catartico, consistente nel far defluire o abreagire la carica emotiva, impedendo che questa potesse cercare vie anormali di sfogo attraverso la manifestazione di sintomi. Tale tecnica fu in seguito abbandonata a favore della psicoanalisi, in quanto egli pensava, erroneamente, che tale stato di semi-incoscienza dovesse essere profondo e dunque non consentisse al paziente di elaborare il proprio vissuto psichico, mentre bastava una media trance, facilmente ottenibile con ogni soggetto, per poter ottenere l'attivazione del potenziale mentale.
L'ipnosi da questa fase psicologica si è poi legata al percorso delle neuroscienze ed in particolare al lavoro di Pavlov che nel trattamento di pazienti traumatizzati, portandoli a regredire al momento del trauma, scoprì casualmente l'importanza delle emozioni nei processi di riequilibrio psichici, le emozioni permettono di cancellare ricordi e far spazio nella mente.
L'ultima fase della storia dell'ipnosi si è consumata con la nuova ipnosi e il lavoro di Milton Erickson che ne ha fissato le basi, avvicinando, con l'ipnosi naturalistica, l'idea particolare che l'ipnosi non esiste perchè tutto quanto è ipnosi.
L'evoluzione dell'ipnosi dal mio punto di vista è poi continuata appoggiandosi alle neuroscienze, e per quel che riguarda il lavoro portato avanti nella nostra scuola, l'idea di coniugare l'ipnosi col costruttivismo, precursore filosofico del lavoro delle neuroscienze, tenendo a sottolineare il lavoro del cervello come emulazione della realtà, l'attività mentale, immanente e non trascendente all'ambiente in cui si trova, è alla base di tutti i processi costruttivi del pensiero, compreso il processo di identificazione nell'identità personale.

Esistono due forme legate al trattamento dell'ipnosi: l'ipnoterapia ( psicoterapia sotto ipnosi attraverso esperienze meditative e contemplative, gioco di ruolo, drammatizzazioni), e l'ipnoanalisi (percorso di analisi psicologica attraverso associazioni libere, parole chiave, analisi dei sogni, esperienze regressive e progressive).

L'ipnosi è attualmente una tecnica che viene utilizzata come strumento di ricerca sulle modalità psico-fisio-biologiche con cui si attua l'interazione mente-corpo, in particolare coniugando l'ipnosi e l'effetto placebo creando così un nuovo termine di riferimento "ipnobo"; ed inoltre come mezzo di intervento psicoterapico in quanto metodologia che si avvale dell'attivazione del potenziale mentale della persona, a favore dell'organizzazione del suo mondo interno (strutturando e riequilibrando il mondo inconscio del soggetto).

La base neurologica ed organica dell'ipnosi sembra risiedere a livello del sistema nervoso centrale in strutture differenziate, (parti differenti del cervello collegate fra loro da specifiche connessioni creative), nuove connessioni sinaptiche e neurormonali a formare gruppi neuronali funzionali differenti, integrati attraverso un sistema d'apprendimento facilitato dallo stato d'ipnosi e dall'abbassamento della critica.
Sono sicuramente coinvolti nel processo ipnotico la corteccia cerebrale, il sistema fronto-limbico ipotalamico, la sostanza reticolare ascendente di attivazione e i suoi nuclei specializzati pontini (in specie, il locus coeruleus).

L'ipnosi è mediata da contenuti comunicativi che sono le convinzioni, a seguire le persuasioni, fino alle suggestioni, le quali possono essere proposte dall'ipnotista o autoindotte dal soggetto.

La suggestione può essere espressa verbalmente e/o non verbalmente ed essere diretta, cioè riconosciuta dal soggetto come rivolta alla sua parte cosciente, o indiretta, come nel metodo ipnotico Ericksoniano, cioè rivolta alla sua parte inconscia e da lui non compresa.
Il monoideismo ideoplastico (ideomotorio) trasforma dunque la parola da pensata in vissuta, avviando così il processo ipnotico.
La trance ipnotica viene indotta secondo vari procedimenti, il più comune dei quali consiste nell'invitare il paziente a fissare un punto dinanzi a se, poi chiedendo di chiudere gli occhi e successivamente suggerendogli uno stato di profonda stanchezza.

Gli aspetti dinamici che caratterizzano l'induzione ipnotica sono di tipo regressivo:
a) la riduzione delle afferenze sensoriali, limitando il campo di consapevolezza, dal momento che in assenza di stimolazioni sensoriali la persona tende ad allucinare, creare con la mente, per mantenere la sua corteccia sotto l'influsso di una stimolazione continua (focalizzazione);
b) la limitazione del movimento, per ridurre il contatto realistico con il mondo esterno, attraverso associazioni di rilassamento, perdita di consapevolezza, sonno (implicazioni);
c) la manipolazione dell'attenzione, che trasferisce l'attenzione del soggetto sulle proprie funzioni mentali interiori (dissociazione);
d) gli stimoli ripetitivi o impositivi che esaurendo l'attenzione disponibile, la mente è in grado al massimo di tener sotto controllo 7+o- 2 informazioni contemporaneamente, producono un impoverimento ideativo (intensificazione).

Il punto di arrivo dell'induzione è rappresentato dallo stato ipnotico, che si caratterizza per una modificazione della funzione dell'Io, in cui le idee vengono sostituite da immagini visive e acustiche, e da un transfert ipnotico con l'ipnotista, in cui l'attenzione diventa selettiva e il soggetto ascolta solo la voce e i comandi dell'ipnotizzatore, assumendo toni e ruoli inconsueti come la simulazione di comportamenti di età regresse o impersonando il comportamento di altre persone.

Lo stato ipnotico può raggiungere diversi livelli di profondità, ciascuno dei quali presenta sintomi (segnali) differenti, torpore, fenomeni catalettici (blocchi) di breve durata, sonno leggero con catalessia, sonno profondo, contratture, analgesia suggestiva e discreta amnesia, obbedienza automatica con amnesia più profonda, allucinabilità positiva (il soggetto vede cose che non ci sono), sonnambulismo e amnesia completa spontanea, allucinabilità negativa (il soggetto non vede cose che ci sono) durante la trance e per l'attività favorita da messaggi post ipnotici.

Nell'uso dell'ipnosi le modalità di applicazione nell'ambito psicoterapico dell'ipnosi possono essere varie. In primo luogo, può essere indicata come tecnica di rilassamento, in quanto alcune reazioni neurofisiologiche dello stato di trance ritraggono lo stato d'ansia allontanandola.
Altro impiego è nel comportamento, con interventi destrutturanti su comportamenti negativi, ristrutturando al loro posto comportamenti più adeguati.
Ancora può essere utilizzata nell'ipnoanalisi, analizzando il materiale analitico emerso durante lo stato di trance ipnotica. In ambito clinico, l'ipnosi è utile nel trattamento di sindromi nevrotiche neurasteniche e nell'ipocondria. Può essere inoltre utile nei disturbi somatoformi e nelle varie forme di conversione somatica (paralisi isteriche, afasie, manifestazioni pseudosincopali o pseudoepilettiche, disfagie, sindromi vertiginose, turbe dell'intestino) o psichica (nevrosi isteriche, amnesie, stati crepuscolari, arresti psicomotori); inoltre, è utile nelle forme psicogene delle sindromi postraumatiche da stress, nelle sindromi ganseriformi e nella pseudodemenza.
Altri ambiti d'impiego dell'ipnosi sono le nevrosi d'ansia e fobiche, il controllo delle abitudini, obesità, alcolismo, tossicomanie, fumo.
Particolare difficoltà nel trattamento ipnotico si ha nei pazienti psicotici ed in particolare con pazienti soggetti a scompensi di tipo dissociativo ( schizofrenici).
L'anestesia ipnotica è di grande aiuto, ad esempio, negli interventi di chirurgia plastica, dove, ad esempio, l'innesto di lembi cutanei deve essere seguito da settimane di immobilità. Nel corso degli interventi si ha un vantaggio per il paziente ipnotizzato, rispetto a quello narcotizzato, perchè può facilitare il lavoro del chirurgo durante l'intervento.
Inoltre l'uso dell'ipnosi abbrevia il decorso post-operatorio, previene dolori e vomito e favorisce la cicatrizzazione. Molto utile risulta talvolta l'anestesia bilanciata, dove l'anestesia farmacologica è preceduta dall'ipnosi che ne moltiplica l'efficacia, in questi termini se ne fa uso anche in campo odontoiatrico e alle volte, per brevi interventi, in sostituzione all'anestetico stesso.
Sono stati molti, nel corso degli anni, gli interventi chirurgici praticati in stato sonnambolico (appendicectomia, erniectomia, tonsillectomia, interventi odontoiatrici, oculistici, ostetrici); al risveglio si è avuta un'amnesia completa per l'evento e un buon decorso post-operatorio.
Non sono ancora del tutto chiari i meccanismi neurofisiologici e psicologici alla base dell'analgesia ipnotica, si pensa che i procedimenti psicologici intellettivi ed emotivi abbiano la possibilità di influenzare l'equilibrio delle sinapsi dei centri nervosi dove convergono stimoli periferici sensitivi centripeti e centrali centrifughi; in tal senso, verrebbero modificate, in modo parzialmente conscio, la conduzione e la percezione del dolore mediante un'interazione continua tra eccitazione e inibizione.
Di da che con l'induzione ipnotica si ottiene un alterazione percettiva, ossia la soppressione delle componenti emotivo-affettive del dolore e la conseguente indifferenza del soggetto dovuta all'eliminazione a livello centrale dei circuiti limbo-ipotalamici coinvolti nei processi di integrazione cenestesica affettiva.
Nel controllo del dolore vi è anche un'interpretazione legata alla biochimica che prevede come il cervello in ipnosi, o durante particolari stati alternativi di coscienza, è in grado di sollecitare la produzione di endorfine, sostanze morfino-simili che neutralizzano lo stimolo doloroso.

Il lavoro e l'esperienza nel campo dell'ipnosi ci ha permesso di sviluppare nella nostra Scuola di Ipnosi Costruttivista un acronimo TIFIDIDIME che permette di fissare i punti da prendere in considerazione durante un induzione con l'Ipnosi Costruttivista, si possono generare stati di Trance Ipnotica con 4 induzioni e quattro metodologie ipnotiche differenti:

T terapeuta (trance)
I ipnotizzato (ipnosi)
F focalizzazione (spostamento nel tempo e nello spazio)
I intensificazione (aumento/diminuzione di una sensazione)
D dissociazione (orientamento al mondo interno inconscio)
I implicazione (associazione, causa effetto, se X allora Y)
D descrizioni usate da parte sia da parte dell'ipnotista come dell'ipnotizzato
I induzioni standard o pre strutturate dall'ipnotista
M manipolazione consapevole del soggetto di riferimento anche attraverso il contatto fisico
E elicitazione, fare emergere un nuovo stato mentale desiderato

Così brevemente qui di seguito tutti i passaggi dello stato di trance ipnotica con un altro acronimo di riferimento SEMOLTAFEDE:
SE sincronismo emotivo nella relazione col paziente/cliente
MO monoidea di riferimento suggerita dall'ipnotista
L limitazione del campo percettivo di consapevolezza per il cliente
T trance ipnotica ottenuta con la metodologia della pratica ipnotica scelta
A attivazione del potenziale mentale creativo del cliente, come conseguenza della trance indotta
FE fenomenologia osservabile dall'esterno, segnali della trance in corso
DE detrance come graduale ritorno allo stato di veglia del cliente guidato dall'ipnotista

In questi due semplici acronimi tutta la nostra attenzione all'Ipnosi Costruttivista e lo sviluppo nel tempo di un approccio pragmatico con l'ipnosi, utilizzando tutto ciò che si conosce fino ad oggi di efficace nella pratica della trance ipnotica.

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Dr. Chisotti Marco
Psicologo psicoterapeuta
ipnosi terapeuta
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lunedì, dicembre 27, 2010





L'inebriante vela ipnotica del pensare.

Son confuso dai segni, il pensare posa la sua attenzione al frastuono del tutto, tutto quello che mi circonda, che sta vicino, che sta lontano, quasi un eccitazione mi accompagna, forse non sto nei giusti panni, ora mi sposto, ti faccio luce, forse è più facile per te ora parlare!

"Chiunque crede nello spirito, e alla libertà dello spirito, e vuole il progresso all’infinito dello spirito per mezzo della libertà, dovunque sia nato e qualunque lingua parli è della nostra razza; egli ci appartiene; egli verrà con noi."

J.G. Fichte, Discorsi alla nazione tedesca

È più facile proseguire se si ha qualcosa da dire, non è però vero solo perché è scritto e detto, si confonde il significato solo perché è nominato col vero, forte e sincero. Meglio esser liberi, meglio anche di non sapere, conoscere e capire, esser liberi. La conoscenza obbliga, impegna, partecipa e vive in noi, alle volte per noi, ci confonde e si diffonde.

"Come massima disgrazia della nostra epoca, che non permette ad alcunché di pervenire a maturità, devo considerare il fatto che nell’istante prossimo si consuma quello precedente, si sprecano i giorni e si vive sempre alla giornata, senza combinare nulla."

J. W. Goethe, lettera del novembre 1825

Eppure non c'è certezza che vi si sostituisca, rimaniamo in attesa di una vita completa e ben spesa, ma ci dobbiamo arrangiare, alle volte arrancare, per vivere, sentire, guardare, provare, ci dobbiamo allungare, alla fine è tutto un pensare, anche ci vogliamo allontanare, pensare, pensare.....

" Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: nulla dire se non ciò che può dirsi: dunque, proposizioni della scienza naturale- dunque qualcosa che con la filosofia non ha nulla a che fare-, e poi, ogni volta che altri voglia dire qualcosa di metafisico, mostrargli che, a certi segni nelle sue proposizioni, egli non ha dato significato alcuno. Questo metodo sarebbe insoddisfacente per l'altro- egli non avrebbe il senso che gli insegniamo filosofia-, eppure esso sarebbe l'unico rigorosamente corretto. Le mie proposizioni illustrano così: colui che mi comprende infine le riconosce insensate, se è salito per esse- su esse- oltre esse; (Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo che v'è salito). Egli deve superare queste proposizioni; allora vede rettamente il mondo. Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. "

LUDWIG WITTGENSTEIN Tractatus, 6.53-7

Troppe volte non si sta zitti, anche con noi stessi, nella nostra intima mente, oltre con gli altri, alcoltest, guardare, senza pensare, è pura disciplina, la terapia alle volte inizia dal domandare l'azzurro, l'irriverente, l'inaspettato, perché tutto ciò che è scontato lascia indifferenti, conoscenti di un mondo scontato.

"Tutta la bellezza e la magnificenza che abbiamo prestato alle cose reali e immaginate, io voglio rivendicarla come proprietà e opera dell'uomo: come la sua più bella apologia. L'uomo come poeta, pensatore, Dio, amore, forza; ammiriamo la sua regale generosità, con cui ha fatto doni alle cose per impoverire se stesso e sentirsi miserabile ! Finora il suo maggiore disinteresse fu questo, che egli ammirò e adorò e seppe nascondere a se stesso che egli stesso aveva creato ciò che ammirava."

Nietzsche, "La volontà di potenza"

Rimaniamo dunque un pò assieme all'uomo al suo pensiero, al tuo pensiero, abbiamo solo questo, lo chiamiamo in tanti modi ma il nostro vivere è pur sempre un pensare, è il mondo delle idee e dei fatti, non il mondo delle masse e delle forze, anche se da queste siamo influenzati e forse anche generati, il pensiero, nelle idee, porta a noi la forza dell'inaspettato, del caso, quello che noi poi ribattezziamo come volontà, desiderio, destino.

"Voglio capire come Dio ha creato il mondo. Non mi interessa questo o quel fenomeno in particolare: voglio penetrare a fondo il Suo pensiero. Il resto sono solo minuzie ... l'esperienza più bella che possiamo avere è il senso del mistero. E' l'emozione fondamentale che accompagna la nascita dell'arte autentica e della vera scienza. Colui che non la conosce, colui non può più provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere."

Einstein

È questa la finestra sul mondo, ci da aria, luce, pace, è la meraviglia, lo stupore, il mistero, di questo in fondo ci nutriamo, questo è ciò che cerchiamo, l'idea del mistero, l'azione del pensiero nel mistero della vita, chi perde il proprio pensiero ha perso un pò del mistero, troppa logica, razionalità, un mondo intero che se ne va. L'ipnosi torna a permettere di sperare, incrociare ancora il dubbio, al di la delle certezze, entrare nel profondo della mente inconscia dove gli ordini si modificano, le sensazioni cambiano. Con le sensazioni cambiano anche le idee che le hanno orientate o con nuove idee che la mente, in modo inaspettato e creativo, ha generato cambia ogni cosa, anche ciò che si vorrebbe immutabile ed eterno, si perde il senso del tempo, in una trance profonda profonda ....

"Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo. Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così si continua il cammino in una attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa tempo a fissarlo che già precipita verso il fiume dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una sull'altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alle nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa tempo a tornare."

Dino Buzzati, "Il deserto dei Tartari"

Non si ha il tempo di tornare, solo di cambiare, ma non è un male tutto questo è solo un fatto! Vi lascio andare, la mia parlata è così andata a dove era cominciata, ma solo perché pensata.





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venerdì, dicembre 24, 2010





L'ipnosi: un passo avanti rispetto ad ogni altra pratica nelle relazioni d'aiuto.

"E voglio che tu scelga un momento nel passato in cui eri una bambina piccola piccola. E la mia voce ti accompagnerà. E la mia voce si muterà in quelle dei tuoi genitori, dei tuoi vicini, dei tuoi amici, dei tuoi compagni di scuola e di giochi, dei tuoi maestri.
E voglio che ti ritrovi seduta in classe, bambina piccolina che si sente felice di qualcosa, qualcosa avvenuto tanto tempo fa, qualcosa tanto tempo fa dimenticato."
Milton Erickson, 1959

"Mia madre la ricordo come una persona che cercava sempre di riparare le cose che si erano rotte” – “Penso che questa sia una delle ragioni per cui ho successo con persone con cui nessuno ha voluto avere più a che fare. Ho visto in loro il potenziale. Me lo insegnò lei.”
Virginia Satir, 1965

"Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il serio... perfino l'amore e l'odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi della mente e i problemi della natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere, essi diventeranno accessibili al pensiero formale."
Gregory Bateson, 1978

"Il sè nasce linguisticamente nella ricorsività linguistica che costruisce l'osservatore come entità spiegandone il funzionamento entro un dominio di distinzioni consensuali. L'autocoscienza nasce linguistamente nella ricorsività linguistica che costruisce la distinzione del sè come entità quando spiega il funzionamento dell'osservatore che, in un dominio consensuale di distinzioni, distingue il se da altre entità. Dunque la realtà sorge insieme con l'autocoscienza linguisticamente come spiegazione della distinzione tra sè e non-sè nella prassi dell'osservatore. Il sè, l'autocoscienza e la realtà esistono nel linguaggio come spiegazione dell'esperienza immediata dell'osservatore."
Humberto Maturana 1993

"Conseguenze delle operazioni del sistema sono le operazioni del sistema."
Francisco Varela 1970

"Io devo, a ogni istante, chiedermi: ho controllato abbastanza le mie proiezioni? Ho verificato abbastanza le mie pulsioni? Mi sto inebriando e intossicando con le mie stesse fermentazioni teoriche, oppure sono troppo timoroso, troppo prudente, a proposito del soggetto, appunto? Perché è su questo capitolo del soggetto che mi sento più audace e più intimidito, perché è qui che provo l'esaltazione della scoperta e l'insicurezza del no man's land, il desiderio dell'elogio e il timore del biasimo."
Edgar Morin, 1980

E come Fritz dice dell'esperienza della vita "L'unica via è passarci attraverso".
Fritz Pearl. 1954





Essere in anticipo sui tempi! Mi son sempre trovato a guardare il futuro, ad andare avanti, anche trascurando il presente, non completando quello che volevo raggiungere ed andando oltre i limiti di quello che conoscevo. Al tempo della mia tesi di laurea mi interessavo già di ipnosi, studiavo la PNL, astro nascente nell'America degli anni 70, primo valido tentativo di lasciare il mondo contemplativo ed interpretativo della psicoanalisi, per affrontare la terapia in modo operativo, che solo la pragmatica americana poteva immaginare. Al tempo io, studente "fresco" di psicologia, da poco migrato dalla facoltà di medicina, frequentavo una scuola di specializzazione in terapia della famiglia, è li che ho conosciuto Ennio Martignago, anch'esso studente di psicologia ed insieme abbiamo frequentato un corso di PNL, in particolare ci siamo interessati della fonte di ispirazione del lavoro di Bandler e Grinder, i due fondatori della PNL, il fenomeno Milton Erickson, padre dell'ipnosi moderna, Virginia Satir magica terapeuta della famiglia, Fritz Pearl fondatore della terapia della Gestalt.
In ogni esperienza vissuta si può cambiare qualcosa, il modo di vederla, pensarla o raccontarla cambierà la storia stessa dell'esperienza, il modo di affrontarla, crederla e viverla, il modo di rifuggirla, negarla ed allontanarla, ogni approccio con la vita è un esperienza vissuta in modo straordinariamente diverso dalle persone.
Con Ennio ho approfondito gli studi sugli stati di coscienza e la coscienza che possediamo di noi stessi, in lunghe ed infinite passeggiate nel parco di una antica biblioteca Torinese ci siamo confrontati in cammini differenti, momenti separati, momenti uniti nel pensiero.
In particolare la mia tesi di laurea, su cui lavoravo al tempo, era un approfondimento della teoria sostanziale che doveva stare alla base di studi così innovativi ed approfonditi della mente umana, incontrai, nel mondo letterario naturalmente, il padre dell'ecologia, Gregory Bateson e ne fui illuminato, l'idea della mente unica e della struttura che la connette l'ho riportata nella mia tesi appunto il cui titolo è "Sviluppi epistemologici della seconda cibernetica."
A quel tempo lavoravo con Fabio Rondot un collega psicologo, anche lui al tempo vicino alla PNL, un grande creativo, anche con lui un piacevole confronto di anni d'amicizia e studi, un altra biblioteca, tanti pensieri, un lungo lavoro che ancora oggi pratico sugli algoritmi cognitivi, le parole chiave che al tempo avevo appreso da lui. Curioso devo dire, tante biblioteche ma pochi libri, almeno pochi rispetto ai miei amici colleghi, ho letto 101 libri per fare la mia tesi, giusto per arrotondare una cifra che ricordo come la carica dei 101, poi basta, ancora oggi leggo libri ma qua e la, il leggere un libro per me è stato sempre leggerli dall'inizio alla fine, senza saltare nulla, spesso posso dire d'aver riletto libri come la maggior parte di quelli di Morin, perché il suo è veramente un pensiero complesso
Maturava e Varela, in particolare, in particolare li ho letti e riletti perché sono impegnativi, e son stati particolarmente innovativi, in particolare l'albero della conoscenza e un dominio cognitivo del sapere. In particolare a Varela devo le mie idee della coscienza, credo sia tra le persone più innovative ed anticipatrici che abbia potuto conoscere nei miei studi.
Assieme a Ennio, che me lo ha fatto conoscere, ho approfondito il pensiero di Edgar Morin e mi sono avvicinato alla complessità, la stessa materia plasmata in campo terapeutico da Fritz Pearl mettendo in modo geniale le persone a confrontarsi con loro stesse attraverso una drammatizzazione del proprio dialogo interno nel famoso gioco delle sedie. È con Antonello Musso che ho cominciato un lungo sodalizio terapeutico con continua ancora oggi dopo 16 anni, detto così può sembrare un lavoro tra di noi, in effetti lo è stato, un lavoro di confronto e supervisione continua sui lavori che andavamo ed andiamo ad affrontare coi nostri pazienti.
Oggi più che mai dopo 23 anni di attività come clinico ed altrettanti di formatore ho trovato e trovo nell'ipnosi lo strumento ideale, la metafora più giusta per comprendere ed aiutare, niente di più che permettere alle persone di riscrivere alcune pagine della loro vita, niente di più che permettergli di scrivere alcune delle loro più belle pagine della vita che e andranno a vivere.
Siamo nella storia e siamo una storia, una particolare storia che raccontiamo semplicemente vivendo, ed il ricordo diviene vita che riviviamo, ed il futuro diviene progetto che anticipiamo vivendolo ancora, ogni momento è la nostra vita ed il vivere è rimanere nel sogno di ciò che è stato e che sarà, in un presente continuo, il nostro stato mentale che fluttua tra i nostri pensieri e le nostre sensazioni.
Oggi penso tanto e mi ritrovo tra le mani delle bellissime perle di conoscenza, le mie citazioni iniziali, che mi accompagnano nel mio lavoro, così ho voluto condividerne alcune con voi.



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giovedì, dicembre 23, 2010

L'ipnosi regina dell'estetica e dell'adattamento.





Innanzi all'articolo che mi son promesso di scrivere, con l'intento di dare la mia testimonianza a ciò che amo e di cui mi occupo, l'ipnosi, due parole a chi mi conosce direttamente, che lavora con me nella mia scuola, che porta a me la sua esperienza e viene a conoscere la mia, dandomi la straordinaria occasione di insegnare ed apprendere, insegnare ancora ed apprendere ancora. È tanto che rincorro le mie idee ed il desiderio di portare il mio saluto oltre ai soliti auguri, ma poi non riesco ad alzare il tono e mi sento imbottigliato, voglio però salutarvi in modo semplice con l'augurio che il nuovo anno passa essere per voi tutti un anno all'insegna del vostro inconscio, della vostra creatività.
Dal mio canto l'augurio per la mia scuola è che possa continuare a portare il suoi contenuti attraverso il lavoro dei miei più stretti collaboratori, nonché amici stretti, che voi conoscete bene, e che intendo ringraziare direttamente per il loro contributo ed il loro lavoro ed impegno, Antonello Musso, Luca Chisotti, Ennio Martignago, Costanza Battistini, per la sede di Torino, nonché altri collaboratori diretti ed indiretti delle sedi distaccate dell'AERF di Cesena con Costanza Battistini, di Roma con Attilio Scarponi ed Adriano Bilardi, di Cagliari con Sergio Murgia e Cristian Livolsi nel tentativo di portare in modo stabile un corso della nostra scuola anche in Sardegna.
Un augurio dunque che possa la buona relazione col vostro inconscio, o spirito guida, darvi le più grandi soddisfazioni, un abbraccio a tutti Marco Chisotti.





L'ipnosi regina dell'estetica e dell'adattamento.

"L'esperienza più bella
che possiamo avere è il senso del mistero.
È l'emozione fondamentale che accompagna la nascita
dell'arte autentica e della vera scienza."

Albert Einstein

Da questa frase di Einstein a voi, credo pensiate la stessa cosa che penso io, il mistero e l'emozione dell'ipnosi, è per me l'innesto per qualunque forma di psicoterapia, Counselling, e relazioni d'aiuto, arte autentica nell'esprimerla e nel viverla, vera scienza per ciò che oggi si conosce della mente attraverso le neuro scienze.
Concluderò questo 2010 con alcune riflessioni, son sempre più convinto che non esistano verità, la vita va affrontata passo per passo, cercando di adattarsi e cambiarsi poco alla volta, la verità è la propria concreta realtà, anch'essa molto personale, ciò che dobbiamo affrontare son le nostre convinzioni, le nostre credenze, queste son le uniche verità.
Quando mi accorgo di scelte fatte da persone magari in modo leggero, o superficiale, allora dietro vedo il limite dell'adattamento, la rinuncia, fino anche alla sofferenza, se non si è in grado di confrontare le nostre realtà.
Ora, al contrario, avrei tante storie di persone che in modo curioso ed interessato mi hanno insegnato ad affrontare la verità quotidiana, cambiando le mie rigidità in nuove scelte, nuove opportunità, queste storie le ascolto e le racconto spesso ai miei corsi. Trovo che chi desidera conoscere l'ipnosi e sia interessato/a a divenire un buon Counsellor o Terapeuta, parta nel condividere le proprie verità con gli altri, facendo uscire la propria parte saggia, il proprio inconscio, e vivendo in questo modo un confronto continuo.
La vita viene addentata sempre con le migliori intenzioni, alla luce di buoni principi e di forti verità, ma presto ci si accorge che non è possibile rimanere legati a queste verità, che c'è bisogno d'altro, ed è ancora la nostra creatività a darci la soluzione, magari con una semplice, quasi magica soluzione.
Il mio tormentone ultimamente l'ho trovato in una frase, che è anche il titolo di uno dei film, a mio giudizio, tra i più riusciti di Woody Allen, è racchiuso il senso di ciò che vi sto dicendo, "Basta. che funzioni!". Le soluzioni migliori spesso stanno in un adattamento totale, che inizialmente può sembrare limitante, fuori dal consueto, privo di gusto estetico, ma in grado di esprimere ciò che serve in quel momento.
Anche il lavoro sul cambiamento risente del caso e della necessità che ci portiamo avanti nel corso della vita, caso come coincidenza di fattori spaziali e temporali, e necessita per come spesso ci troviamo a reagire per bisogno stretto alle situazioni che incontriamo.
Le soluzioni che impariamo da bambini spesso si fanno avanti in queste circostanze, nei momenti inaspettati o di bisogno, quando dobbiamo dare una risposta immediata, allora emerge una natura istintiva che solo pochi riescono a mediare.
Caso e necessità riescono a smascherare le persone e mostrarle nella loro intima natura, spesso una natura animale, non negativa necessariamente, ma essenziale, priva dei fronzoli culturali e dei retaggi dell'educazione ricevuta.
Ma esistono comportamenti diversi, che un tempo ingenuamente non consideravo, ogni individuo reagisce con le proprie qualità dando risposte molto diverse a seconda del contesto da affrontare.
L'intelligenza è a disposizione per questo, nel momento che si affrontano le difficoltà la nostra intelligenza cerca una soluzione con il minimo sforzo possibile, evitando il danno, e cercando di mantenere l'equilibrio stesso, in questo modo molte volte non si trova la soluzione "migliore", al contrario solo una soluzione.
Ma voglio tornare a parlare di ipnosi con la ferma convinzione dell'importanza del lavoro con gli stati mentali, l'inconscio e le risorse. Gli stati mentali (ipnosi) sono la chiave di volta di ogni forma di psicoterapia, cambiamento, ristrutturazione, se ne parlerà sempre di più, si chiariranno le chiavi d'accesso ed i principi attivi della terapia, riscontrando alla base il costruttivismo coi suoi concetti, la complessità, l'ecologia, la messa in gioco della propria persona e della relazione nei rapporti terapeutici, e nelle relazioni d'aiuto.
Vi lascio al senso del vostro mistero, come emozione fondamentale, con l'augurio di trovare nell'estetica e nell'arte dell'esperienza ipnotica, l'efficacia delle relazioni d'aiuto, e la loro piena utilità quando rivolte a restituire fiducia, serenità, sicurezza, buon umore, equilibrio, armonia, pace, tranquillità, indipendenza, sia alle persone che si incontrano per professione o per empatia umana.






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martedì, ottobre 26, 2010


" Noi siamo quel che è rimasto dopo le nostre scelte…"

 

Questo è forse il motivo per cui siamo portati ad imputare tanto peso al passato e, non appagati, a ricercare in ipotetiche vite precedenti le ragioni del nostro essere di come siamo al presente, al di la del reale ed importate contributo terapeutico che lasciano le terapie d'ipnosi regressiva.

I nostri valori, le nostre credenze, sono frutto di esperienza, rientrano tra le nostre conoscenze e come ogni esperienza tendiamo a volerla mantenere e riprodurre, cercando di applicarla come sistema di comprensione per ogni nuova cognizione.

Per conoscere abbiamo bisogno di modelli, senza non siamo in grado di farlo; i nostri modelli sono la base delle nostre spiegazioni e conoscenze.

Non si apprende nulla di nuovo senza la modificazione dei modelli dai quali generiamo la nostra esperienza.

Conoscere è cambiare, cambiare è lasciare, decidere, dividere, modificare la metodologia dalla quale dipende la nostra consapevolezza.

I modelli che apprendiamo da bambini sono la base da cui partono le nostre conoscenze; la nostra intelligenza si sviluppa partendo da questi, tutto può originare da semplici matrici apprese da bambini, dalle quali si è poi sviluppato il nostro mondo e le sue regole. Le nostre conoscenze partono da come siamo stati per farci diventare come saremo, infanzia ed adolescenza lasciano un segno indelebile nell'adulto, introducendolo in un flusso di potenzialità che va ad accrescere l'idea che abbiamo di noi e della nostra identità.

L'ipnosi si deve imparare da bambini!

Portando l'attenzione sui processi d'apprendimento è bello notare come ogni forma d'apprendimento sia una specie di evoluzione per l'individuo. La crescita è un'evoluzione e dunque è strettamente collegata ad esso.

E' fondamentale, dunque, pensare all'apprendere come ad un processo di adattamento; la crescita è di per sé un insieme di cambiamenti adattativi dell'individuo alla vita.

La trance ipnotica intesa come modificazione dello stato mentale è la migliore risposta di adattamento per l'individuo; permette di apprendere, aprendo il canale percettivo ed abbassando la critica.

L'attività creativa del nostro cervello risulta sempre più marcata, rispetto agli elementi di realtà condivisi con le altre persone; noi immaginiamo prima di percepire ed influenziamo completamente ogni percezione, attraverso il mondo della relazione con gli oggetti e con le persone, modificando con le nostre aspettative ed i nostri desideri l'intero mondo di realtà.

Difficile considerare il sottile diaframma che divide il sogno dalla realtà, tanto che potrebbe risultare più semplice e corretto considerare la realtà come un sogno condiviso con gli altri.

Noi siamo continuamente influenzati dal modo in cui anticipiamo gli eventi (G. A. Kelly). Se pensiamo alla nostra immagine del mondo, questa è prodotta dal nostro cervello utilizzando tutti gli input percettivi che si trova a possedere, usando al contempo i dati incamerati nella memoria e tutti gli elementi collegati alle esperienze avute in precedenza. Pur portando con noi l'idea di realtà condivisa, ogni nostra esperienza risente tantissimo di come ci siamo immaginati quello che sarebbe potuto essere, da come immaginiamo come sarà.

Considerando l'esperienza dell'uomo, possiamo dire che ogni realizzazione umana passa attraverso due precise fasi: la prima è il costruire un'immagine, l'immaginare una situazione ed i suoi sviluppi; la seconda è collegata alla presa di coscienza o consapevolezza della situazione. Non sempre però si è in grado di possedere sufficienti esperienze da poter considerare l'immagine e, dunque, la conseguente consapevolezza, la fase preparatoria alla possibilità di realizzare un'esperienza; è una fase particolare e dal momento che l'esperienza ancora non esiste, dev'essere inventata. Per poterla attuare è necessario fare finta che possa realizzarsi e questa finzione permetterà di immaginarsi l'esperienza, rendersi consapevoli, fino a realizzarsi (McGill).

Il bambino conosce molto bene le circostanze necessarie alla realizzazione di qualunque esperienza, l'adulto se n'é dimenticato. Già all'età di due anni un bambino impara a far finta, è in grado di fare come se fosse, da quel momento in poi il suo apprendimento accelera permettendo grandi realizzazioni attraverso continui lavori di immedesimazione ed emulazione, finge per poter essere.

L'intelligenza si sviluppa attraverso dei picchi discontinui, non si accresce in un processo graduale; il bambino utilizza l'intelligenza per necessità ed in base alle situazioni che si trova ad affrontare mette alla prova la sua capacità di adattamento, accresce la sua capacità analitica, attraverso la raccolta di dati sensoriali e la capacità elaborativa, sviluppando in un primo tempo un'intelligenza concreta, per poi arrivare ad affrontare lo sviluppo dell'intelligenza astratta, ipotetico deduttiva; qui si fissano le basi del pensiero analitico, dei suoi sviluppi, dei limiti e delle possibilità ad esso collegati.

Ogni comportamento è come collegato ad una sequenza di operazioni, parte delle quali sono analizzabili dal punto di vista della consapevolezza della persona, fino ad arrivare a prevedere procedure e liste di comandi nelle quali ogni persona è impegnata a dare la propria disponibilità, se desidera raggiungere la propria realizzazione.

Fin da bambini si apprendono e si memorizzano metodi, procedure e listati di comandi; fin da bambini si apprende l'ipnosi, si sviluppano stati mentali che vengono mantenuti come riferimenti collegati alla vita stessa. Viene da sé quanto sia importante tutto ciò che si lega alle esperienze durante le fasi evolutive, le fasi di apprendimento di ogni individuo, in ogni momento della vita, con specifico riferimento alle prime fasi di sviluppo dell'intelligenza concreta ed ipotetico deduttiva.

Lo strutturarsi dell'esperienza, dunque, crea un insieme di limiti e possibilità per la persona che nella complessità dell'esperienza rimangono strettamente collegati tra loro, rendendo impegnativo ogni tentativo di miglioramento delle proprie possibilità, a scapito dei limiti ad esse collegati.

 

"Il fine di tutta la nostra esplorazione è quello di arrivare là dove siamo partiti e di conoscere quel luogo per la prima volta". (T. S. Eliot).

 


terapia episodica

 

Spesso le persone non chiedono un appuntamento per risolvere un problema, ma per fare un'esperienza.

La nostra può diventare terapia episodica, quando non segue un percorso strutturato.

Al pari della terapia focalizzata sulle risorse, il nostro gruppo di ricerca nell'ambito delle terapie basate sull'ipnosi (Marco Chisotti, Ennio Martignago, Antonello Musso e Paola Sacchettino), ha ripreso il termine coniugato da Keeney per definire uno stile terapeutico, la R.F.T. (Resource Focused Therapy), dove l'attenzione viene costantemente orientata alla ricerca delle risorse del cliente. Al pari della terapia episodica sottolinea l'attenzione che va riposta nel considerare ogni incontro come un'esperienza a sé un momento dove attraverso la relazione avvengono dei cambiamenti strutturali in ognuno, terapeuta e cliente. Alle volte i cambiamenti strutturali divengono cambiamenti organizzativi, cambiamenti che interessano l'organizzazione mentale stessa della persona. Ciò che più conta è portare il cliente verso le proprie risorse, quindi lasciarlo continuare nella sua narrazione fino a che non tende ad uscire dalle proprie risorse, a quel punto si interviene nuovamente per riportarlo sulle risorse. Questo atteggiamento terapeutico permette di focalizzarsi sulle possibilità che notoriamente sono svanite in chi denuncia un problema o avverte delle difficoltà. Permette inoltre di affrontare e risolvere un tema alla volta, il rischio che si corre spesso in terapia è proprio quello di correre dietro a mille rivoli narrativi senza riuscire a risolvere nulla, bensì entrando nella complessità ingestibile del tutto indifferenziato in cui si trova la persona. Oltremodo l'attenzione alle risorse ed alle esperienze aiuta a non cedere alle lusinghe fuorvianti che si ottengono nel dar spazio a diagnosi ed aspettative terapeutiche che tendono a generare, a loro volta, comportamenti lusinghieri da parte del cliente rispetto alle attese del terapeuta, a sua volta orientato dalle sue teorie e conoscenze nei confronti del cliente. Non la ricerca di patologie, ma lo sviluppo di risorse.

Ecco dunque nascere un percorso terapeutico che genera spiegazioni solo attraverso sequenze di azioni suggerite ed adottate dal cliente durante la terapia. Ecco in sintesi il percorso, nei punti, suggerito dall'approccio alla terapia esperienziale, riportato da Keeney nel suo libro "Terapia focalizzata sulle risorse".

Il terapeuta deve raccogliere il minor numero di informazioni dal paziente o quelle ritenute essenziali, per evitare un aumento della complessità e perché ogni paziente ha una riserva infinita di contraddizioni, cambiamenti continui, credenze nelle quali sarebbe facile perdersi, inutilmente.

Utilizzare la minima quantità di tempo nel raccogliere informazioni, focalizzando ogni singola seduta sulle sue risorse disponibili, mantenendo la sua attenzione sul momento emotivo/esperienziale che sta vivendo "qui ed ora".

Al contempo va utilizzata la minor quantità possibile di teoria in quanto il terapeuta non deve arroccarsi dietro la stessa, quanto deve fidarsi di se stesso e delle sue tecniche. Le teorie servono per esercitarsi, ma ciò che conta durante la terapia è il coinvolgimento di se stesso come terapeuta nella relazione con il cliente, all'interno della seduta.

Inoltre il terapeuta deve fare il minimo, ascoltando il cliente fino a che rimane nel contesto delle sue risorse, interrompendolo solo nel momento in cui tende a vittimizzarsi, allontanandosi dalle sue qualità positive, per riportarlo sulle sue risorse e dandogli il giusto equilibrio.

E' bene che il terapeuta rimanga "quieto" e, soprattutto, niente psicologia, che porterebbe fuori dal campo delle risorse per cadere nuovamente nella logica delle teorizzazioni, ovvero occuparsi di condotte vuote di senso.

Niente sociologia, niente ideologia, ma improvvisazione perché il paziente è una teoria a sé.

E' possibile avere un'inversione del senso comune attraverso un comportamento esplorativo dove la curiosità del terapeuta è fondamentale.

Viene ribaltato il senso comune: non si deve partire da un significato per descrivere le singole azioni, bensì utilizzare le singole azioni per giungere ad un significato.

La vita non è altro che l'emergere delle nostre singole azioni ed esperienze, dunque "agire per vedere e non vedere per agire".

In una visione sistemica contestuale che tale approccio suggerisce, ci si deve basare totalmente sul vissuto del cliente e di tutte le persone che interagiscono con lui a creare quella rete di relazioni, che mantengono lo status quo, sia solutivo, che problematico.

Ad es. se il panico del terapeuta è reattivo al dubbio che un cliente manifesta relativamente al suicidio, egli contribuisce potenzialmente a rinforzare la credenza del cliente nella realtà del suicidio stesso.

Nella terapia non esiste un narratore ufficiale, che implicherebbe dei ruoli prestabiliti terapeuta/paziente, con tutte le aspettative e i limiti che detti ruoli portano con sé, ma una relazione circolare, come già nell'ipnosi il guidare e l'essere essere guidati.

Il flusso delle spiegazioni va bloccato e si deve lavorare sul "non sense", per aiutare il cliente a costruire nuove strade con cui dare un senso alla propria vita.

Partendo dal presupposto che un fatto non è come è, ma come lo descrivi, aiutare un cliente vuol dire ridisegnare con lui (in corresponsabilità), una nuova mappa di sé e della sua realtà.

Sono le domande non banali, domande che non hanno ancora una risposta e le reazioni del cliente a queste domande che devono incuriosire il terapeuta; la terapia va vissuta più come teatro, in cui allenare il cliente al personaggio desiderato. Maggiore è il coinvolgimento terapeuta/paziente che si riesce ad ottenere, maggiore è l'indice che ci si trova in un contesto di risorse, dove il comportamento assurdo che rompe gli schemi è legittimo e la sperimentazione è benvenuta.

Esistono metodi preventivi che permettono alla persona di lavorare su se stessa, senza il pericolo da parte del terapeuta di fare danni, perché l'intervento non è medicalizzato o terapizzato.

Alcune esperienze le persone possono farle con un medico, uno psicologo, ma anche con un filosofo, un counsellor, un coach o con il proprio mentore.

 

 


L'esperienza tra costruzione

e conquista:

chi siamo da dove veniamo dove andiamo.

 

La realtà e i suoi pezzi, meglio detto come fare a pezzi la realtà!

 

"Sotto l'immagine rivelata ce n'è un'altra più fedele alla realtà e sotto quest'altra un'altra ancora e di nuovo un'altra ancora fino alla vera immagine di quella realtà assoluta che nessuno vedrà mai". (dal film: "Al di là delle nuvole" di W. Wenders, M. Antonioni).

 

L'epistemologia, dal greco episteme  (scienza) e logos (discorso), è lo studio della teoria della conoscenza; è quel ramo della filosofia che indaga le origini, la struttura, i metodi e la validità della conoscenza e, di fondo, di chi pensiamo di essere.

Per epistemologia s'intende, dunque, "discorso critico intorno alle scienze" (naturali e matematiche). Oggi viene anche considerata come "Teoria della conoscenza", nel senso di riorganizzazione sistematica delle procedure che rendono possibile la descrizione, il calcolo o la previsione controllabile di un oggetto, base fondamentale per  l'uso della nostra intelligenza anticipatoria.

Per rappresentazioni epistemologiche s'intendono le rappresentazioni degli eventuali percorsi conoscitivi riguardo un particolare concetto matematico o scientifico in generale. Tali rappresentazioni possono essere messe a punto da un soggetto apprendente o da una comunità scientifica, in un determinato periodo storico.

Il linguaggio e la realtà sono strettamente connessi, lo si può facilmente comprendere se si considera il linguaggio non come una semplice descrizione della realtà, linguaggio denotativo, ma come co-costruttore della realtà, linguaggio connotativo. Generalmente si sostiene che il linguaggio sia una rappresentazione del mondo; noi sosteniamo esattamente l'opposto, cioè che il mondo è un'immagine  del linguaggio. Il linguaggio viene prima ed il mondo ne è una conseguenza.

Pensiamo alla comprensione: altro non è che un tipo di accordo complesso e riflette le condizioni che hanno reso possibili le interazioni dei partecipanti alla conversazione stessa, dove da un lato un individuo apprende e dall'altra un altro insegna, sia in modo diretto, che in modo indiretto.

In realtà la comprensione prevede un'interazione istruttiva, dove esiste un oggetto esterno di conoscenza (qualcosa da apprendere), e un oggetto interno all'esperienza dell'individuo; ogni oggetto del reale porta con sé una spiegazione o è intriso di spiegazioni differenti.

Gli esseri umani conoscono il mondo tramite i messaggi trasmessi dai sensi al cervello.

"Il mondo é presente all'interno della nostra mente, la quale é all'interno del nostro mondo" ci ricorda Edgar Morin nel "Metodo"; noi siamo come prigionieri del senso che abbiamo dato al nostro mondo, lo conosciamo e ce lo portiamo dietro, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, le sue spiegazioni, le scoperte e le invenzioni.

Siamo sempre più imbrigliati in sistemi cognitivi, smisuratamente complessi e generalizzati, da non essere più in grado di dettagliare con precisione i confini del sistema educativo di riferimento; in un individuo in crescita la comprensione segue l'esperienza diretta; tutta l'attività umana, ancor prima di essere riflessione scientifica, comunicazione, contemplazione, o quant'altro, è una continua pratica di perseguimento delle conoscenze, attraverso la creazione di strumenti e attrezzature concettuali, fino ad arrivare ad una completa distinzione tra esperienza e conoscenza, una distinzione che ci allontana sempre di più dai dati di realtà comunemente intesi.

Emerge, dunque, sempre più l'esigenza di creare processi di insegnamento/apprendimento conversazionale in questa società del controllo generalizzato e della comunicazione spettacolarizzata, creare un mondo di comprensione o meglio ancora di comunione, attraverso il semplice conversare.

Conversare vuol dire dunque creare un ponte tra insegnamento e apprendimento: lo stesso ponte che separa e unisce l'insegnamento e l'apprendimento, consente di intercettare la radiosa essenza di un luogo comune dove l'insegnamento e l'apprendimento possano incontrarsi e collegarsi insieme.

Così si mette con facilità in discussione un altro famoso proverbio molto diffuso, e cioè quello che dice "vedere per credere". E' corretto dire "credere per vedere!" Occorre capire ciò che si vede, diversamente non si è in grado di vederlo.

La mente è guidata dai sensi che son guidati dalla mente!

 


domenica, settembre 05, 2010

I frutti dell'albero della psiche.

I frutti dell'albero della psiche secondo me. Quello che credo.
Quello che penso. Quello che voglio. Credo che viviamo una sola vita,
che scorre veloce per ricostituire in tempo la sua integrità
contrastando la sua disgregazione. Penso che la coscienza sia alla
base del nostro esser al centro della nostra vita, senza la coscienza
non esistiamo, non esiste nulla. Voglio vivere la mia unica vita in
libertà, in leggerezza, in amore, sensibile a tutto ciò che dà vita e
da cui dipendiamo. Quello che amo. Quello che cerco. Quello che ho.
Amo la vita in tutte le sue manifestazioni, dagli esseri viventi, agli
eventi naturali, alle risposte della coscienza umana. Cerco ogni cosa
possa esser compresa, consapevole che ogni spiegazione è solo ed unico
frutto della ricerca stessa. Ho tutto ciò che serve, la vita, il
pensiero, la volontà, consapevole che ognuno di questi processi è
sostegno per gli altri, ed io vivo di questi sostegni tautologici.
Quello che desidero. Quello di cui ho bisogno. Quello che mi rimane.
Desidero il bene nell'accezione che ho imparato a praticare, desidero
star bene cercando il piacere e rifiutando il dolore. Ho bisogno di
credere, di darmi uno scopo, di sognare, come di mangiare, bere,
dormire, respirare, ho bisogno di progettare, comunicare, sperare. Mi
rimane ciò a cui credo, ciò a cui penso, quello che voglio, quello che
amo, quello che cerco, quello che desidero, ciò di cui ho bisogno,
quello che ho. Quello che sento. Quello che provo. Quello che vivo.
Sento la vita fuori di me e dentro di me, sento un senso di stupore
per ogni aspetto della vita, sento la mia vita. Provo attaccamento
alla vita, provo amore per le persone che mi stanno vicino, provo nel
sentire coi sensi. Vivo ogni cosa di cui ho coscienza, vivo ogni
istante di cui ho qualche tipo di coscienza, vivo ogni stato della mia
mente. Il pensiero credo ci aiuti continuamente a rincalzare i nostri
sensi, i nostri sensi sostengono continuamente i nostri pensieri, la
consapevolezza ci deriva dalla vita biologica come inevitabile
conseguenza di una struttura ed una organizzazione mentale. Vivere è
facile e semplice perché è un processo contemplativo, dell'esecutivo
del vivere non ci dobbiamo preoccupare. Il pensiero ci porta a
cercare, capire, spiegare, è l'emergere della coscienza, viviamo
perché abbiamo una forma di coscienza, altrimenti potremmo esistere
senza essere? Probabilmente non saremmo ciò che siamo. Dovrei porre
maggior attenzione alla logica con cui affermo tutto ciò ma preferisco
rincorrere i pensieri, lasciando a chi desidera rincorrere i miei
pensieri che apponga lui stesso ciò che pensa di ciò che ascolta da
me. Ogni senso ci racconta qualcosa, ogni storia che ci raccontiamo è
legata ai sensi, ridiamo, piangiamo, preghiamo, crediamo, cerchiamo,
sentiamo, pensiamo, viviamo e muoviamo. Credo d'aver dimenticato
molto, ma so che ci pensate voi a colmare ciò che manca, anzi è
importante lasciar spazio a chi ci segue, quello spazio che lo fa star
bene nello star con te, nel tuo spazio mentale, nel tuo tempo. Viviamo
nell'essere e siamo nel vivere, essere è aver coscienza, ciò di cui
non abbiamo coscienza poco importa. La prima magia della vita è
sicuramente il viverla, la seconda magia che rende unica la prima è
l'aver coscienza del vivere, per poter vivere devo aver coscienza solo
così partecipo al mio vivere, solo così rendo gli altri partecipi al
mio vivere. Credo che la nostra mente, considerando il tutto, abbia
come fine la relazione, senza relazione non esisterebbe nulla. Viviamo
attraverso le relazioni, la prima fondamentale relazione che viviamo è
con noi stessi, la viviamo col dialogo interno dei nostri pensieri,
dei nostri sensi, in uno scambio continuo che ci dà consapevolezza. La
relazione o legame è poi col mondo esterno, con gli altri, viviamo
continuamente legami con le cose e con gli altri. Ogni legame o
relazione aggiunge un elemento di complessità al nostro vivere. La
conseguenza del nostro vivere attraverso relazioni è che continuiamo a
cambiare ogni identità rendendo la vita un complesso tessuto
relazionale di cui abbiamo parziale consapevolezza nello spicchio di
esserci che portiamo con noi. Mi accorgo che il discorso diviene
complesso, quando si va oltre all'approssimazione e ci si prende la
briga di approfondire ci si arena, così voglio uscire da questo
sabbione e tornare nel terreno compatto. Ciò che sto affermando non ha
nessuna pretesa d'essere vero, è "poesia" del mio pensare, libero
pensiero che porta con s'è un po' della logica condivisa, ed un po'
della logica mia personale. Credo che la vita non abbia un senso,
credo che ogni scopo che diamo alla nostra vita sia frutto di una
storia, le storie son la coscienza delle cose, oltre che delle
persone, che altrimenti sarebbero escluse dalla vita, ci rientrano per
i legami che abbiamo con loro. E bello pensar di esser seguita da
qualcuno di voi, questo mi fa continuare, l'idea è una creazione della
nostra mente ed è confezionata con le parole, ogni parola evoca un
esperienza ed ogni esperienza implica un mondo. Son consapevole che la
mia vita sia frutto della storia che mi racconto. Le storie son la
conseguenza dell'unione dei fatti sentiti e percepiti che ci han
emozionati. Vivere è l'emozionarci, attraverso le semplici sensazioni
implicate in una storia noi viviamo le emozioni. Ho imparato a legare
le cose tra loro nel modo che ricerco nel mio vivere e che chiamo
bello, buono, giusto, vero. Così quando compongo dei legami suggerisco
delle possibilità di vivere, viviamo attraverso i legami che ci
creiamo, non possiamo vivere senza legami, li cerchiamo, li creiamo,
li pensiamo, li desideriamo, li crediamo, li sentiamo, li amiamo. Così
creiamo la vita, la raccontiamo, creiamo le storie, ci crediamo, ne
siamo consapevoli, viviamo.

Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
Cell. 3356875991
Tel. 0119187173
http://www.chisotti.com
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http://www.ipnosicostruttivista.it

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giovedì, agosto 26, 2010


Oggi gli articoli in Rss
Ho aggiunto a questo sito la possibilità di accedere con il formato Rss.
Per molti questo non vorrà dire nulla ma per alcuni significa poter accedere con programmi di composizione come gli integratori di feed

O con i nuovi programmi per Smartphone o iPad, come The Early Edition

Oppure, infine per leggerli con Google Reader
Comunicazione e cambiamento.




La comprensione di un messaggio comunicativo necessita di tre elementi
fondamentali: contenuto, contesto e intenzione (dell'interlocutore).
Per i primi due elementi non c'è difficoltà a comprenderne il
significato. Il contenuto è indispensabile, considerando che può
essere un contenuto non verbale che va dunque ulteriormente
interpretato, ci porta l'elemento del contendere, il messaggio.
Il contesto è fondamentale per l'interpretazione del messaggio stesso:
senza il contesto non è possibile esser sicuri del significato, dal
momento che le parole spesso portano con sé valori e significati
differenti, anche solo per il tono con cui vengon espresse.
Quello che ci risulta in parte nuovo e in parte ancora poco chiaro è
l'intenzione, il senso di questo elemento infatti è più complesso di
quanto appaia.
Nel considerare l'intenzione dobbiamo considerare l'elemento "io",
cioè a dire il soggetto portatore della comunicazione. Se partiamo
dall'idea che l'identità di una persona coincida con la sua coscienza,
il piatto è pronto. Basta domandare e vi sarà detto "Qual è la tua
intenzione?" E la persona ci dirà le sue intenzioni. Ma la persona non
si compone di una semplice unità, noi sappiamo che la coscienza è un
composto di intenzioni distribuite in parti differenti della sua
mente, considerando la mente come un puzzle di parti del cervello la
cui massa critica costituisce il nostro livello di coscienza.
L'intenzione, noi sappiamo bene da come le neuroscienze ci mostrano,
sono spesso ad un livello differente da quello della coscienza di cui
abbiamo una diretta consapevolezza. Il lavoro stesso che si fa nelle
relazioni d'aiuto va spesso a ricercare il significato profondo
presente nella persona, quegli elementi dell'identità che la
compongono creando il senso di un'intenzione in parte conscia ed in
parte inconscia. Nel momento in cui entra in gioco l'inconscio si
comincia a costruire una rete neuronale che collega parti della mente
fino a quel momento non collegate tra loro, si forma un nuovo stato
mentale e da qui una nuova identità possibile.
A questo punto appare chiaro che ciò che consideriamo vero in noi è
più frutto di presupposti implicati nell'operazione mentale in atto
che non frutto di una volontà unica. La volontà è piuttosto uno stato
mentale che porta ad emergere, elicitare, un'intenzione tra le tante
possibili. Noi agiamo e reagiamo sull'emergere di un'intenzione che in
questo momento domina sulle altre.
Il lavoro col proprio inconscio, da pratica utile ai fini terapeutici
diviene fondamentale elemento d'equilibrio per considerare i
differenti livelli, o meglio i differenti presupposti che compongono
il nostro essere. Senza la presenza consapevole del nostro
interlocutore interno non è possibile parlare di dialogo e senza
dialogo, dialettica, non ci sono né osservatore né osservato, non c'è
un soggetto cosciente, non c'è una chiara intenzione.
Il lavoro nel costruire l'inconscio, una parte interiore del nostro
essere, permette di aumentare la consapevolezza e crea un'identità
differente, la possibilità di uscire da molti luoghi comuni in cui ci
troviamo legati, impossibilitati ed esser diversi. Cosa succede in una
persona quando produce un cambiamento? Alla luce di quanto ho esposto
si crea un dialogo interno diverso, parti del cervello si relazionano
in modo differente, certe priorità si impongono su altre, certi
presupposti si impongono su altri. Un uomo di 100 anni fa era diverso
da un uomo d'oggi. Perché? Altri equilibri nella sua mente, altri
dialoghi interni e diverse parti di sé, altri presupposti in gioco,
diverse intenzioni. Creando l'inconscio permettiamo alla persona di
accelerare un processo di cambiamento generando nuove possibilità di
essere, nuovi collegamenti tra parti della sua mente. Un nuovo
equilibrio interno, un diverso stato mentale implicato, una diversa
identità. La comunicazione è una relazione tra parti, quando è esterna
è in relazione con altri individui, quando è interna è tra due o più
entità interiori di riferimento. Molto spesso il dialogo interno è
però limitato, il nostro interlocutore interno non è dalla nostra
parte, non è nostro alleato, è una voce distruttiva, una coscienza
negativa, o quant'altro si possa incontrare.
Creare, costruire strutture interiori, come l'idea dell'inconscio,
permette di organizzare la mente, permette di aumentare la
consapevolezza, creare nuovi equilibri interiori tra le parti che
compongono la nostra mente, tra aree diverse del cervello, permette di
creare un nuovo dialogo interno, ciò che vien usato attraverso il
dialogo delle parti, crea e costituisce nuove intenzioni, nuovi
presupposti. Il cambiamento viaggia attraverso la comunicazione
interna ed esterna degli individui, l'intenzione è ciò che emerge
dall'equilibrio delle parti che entrano in gioco nella nostra mente.
Per comprendere l'intenzione, e dunque il significato di una
comunicazione, è necessario avere un dialogo che permetta di far
emergere gli equilibri presenti all'interno dell'interlocutore, si
deve aggiungere un alleato interno che favorisca tale comprensione.
Se si vuole aiutare una persona la si deve mettere nella condizione di
usare le proprie risorse interiori, aumentando le sue possibilità di
scelta, e lo si può ottenere attraverso un'azione operata dalla mente,
con un dialogo differente, con parole differenti, relazioni
differenti, pensieri differenti. Si ottiene un cambiamento attraverso
parole e pensieri, le preghiere che sono parole e pensieri ripetuti,
son innesti nella struttura cognitiva della persona, agiscono
coordinando nuove connessioni tra parti della mente, nuovi equilibri,
nuovi pensieri e sensazioni.
Aiutare vuol dire, per chi si interessa di relazioni d'aiuto,
comunicare, creare nuove relazioni, aumentare le possibilità di
scelta; lavorare con i contenuti, comprenderli, capirli; lavorare sui
contesti personali, familiari, sociali, culturali, analizzarli,
considerarli. Aiutare vuol dire prendere in considerazione le
intenzioni presenti, quelle consce e quelle inconsce, permettendo così
di comprendere, assieme al comunicatore, il reale significato profondo
della comunicazione presente. Così non è possibile comprendere un
messaggio senza metter in gioco l'organizzazione della mente
dell'individuo, nel suo stesso interesse, permettendogli di
comprendere il peso delle sue reali e profonde intenzioni. Per far
questo bisogna creare il dialogo possibile che mette in luce ed in
gioco la relazione tra le parti della mente. Il dialogo con
l'inconscio, il dialogo tra le parti e le preghiere costruite con il
soggetto son gli strumenti principali. Il risultato che si ottiene è
un cambiamento dei presupposti della persona, nuovi equilibri nelle
relazioni interne (mondo interno) ed esterne (mondo esterno) in
gioco.

Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
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martedì, agosto 24, 2010

Cos'è la coscienza? Uno stato mentale.

Cos'è la coscienza? È uno stato mentale!

Forse è semplicemente una tautologia la mia, ma entrare in merito dello
stato mentale mi permette di fare delle ipotesi operative che
permettono di lavorare sulla mente. Ogni intervento di psicoterapia
lascia adito ad interpretazioni diverse senza poter mai dare spazio ad
un'unica prospettiva operativa, senza dunque riuscire a dare dei
riferimenti su come operare.
Ciò che si afferma è che i risultati delle psicoterapie son favoriti
dalla relazione e non dalle teorie sottese. Costruire una buona
relazione permette di accettare l'altro riconoscendone il ruolo e la
presenza, riconoscendogli la possibilità di partecipare in modo attivo
alla mutevole posizione interlocutoria, nel momento che si condivide
con la relazione uno spazio mentale ci si comprende, ci si capisce e
si accetta di guidare ed esser guidati durante il colloquio, la
collaborazione, in una condizione in cui entrambi gli individui hanno
chiaro il proprio ruolo e si distinguono, e si intendono
vicendevolmente.
Quello che mi piace pensare è che abbracciando l'idea che la coscienza
individuale sia data dal lavoro della collaborazione ed intesa di
parti della mente delegate a sovrintendere competenze differenti,
nell'intesa che emerge in una buona relazione è come se le parti del
cervello di entrambi gli individui si unissero creando una mente unica,
il cui lavoro effettivamente arriverebbe ad ottenere un incremento del
lavoro di una mente unica, dove le doti e le qualità, le risorse e le
opportunità di entrambi le menti potessero unirsi e formare una
coscienza funzionale ed operativa diversa, in grado di superare,
migliorare, compensare limiti, carenze, restrizioni della mente
singola, e mantenere in un secondo tempo l'"impronta" ottenuta per
continuità, come se lo spirito emulativo della mente nuova ottenuta
prendesse a guidare il soggetto sostituendosi all'attività mentale
precedente.
Per fare un esempio concreto. Un individuo porta con sé una coscienza
che emula in sé il presente, il passato ed il futuro, porta con sé una
coscienza del presente data dalle sue relazioni stabili, continuative
e contingenti, i ricordi di un passato in cui erano presenti altre
relazioni con altra coscienza di sé e della propria vita, ed un futuro
possibile, con una coscienza aperta a possibilità di nuove e diverse
relazioni con la vita e con gli altri. La massa critica che si
raggiunge in questo equilibrio è ciò che noi portiamo con noi stessi,
ciò che ci rende possibile di essere e ci impone di essere al tempo
stesso. In una relazione terapeutica si cambia la Massa critica e la
"buona" relazione permette che si vedano e sentano le possibilità
operative e funzionali che si erano perse, come prese a prestito
dall'altra identità cosciente, operando così un cambiamento che
comincia a dare i suoi frutti.
Ora vediamo cosa può portare questo ragionamento dal punto di vista
pratico, a cosa si deve puntare per operare in modo costruttivo
attraverso la coscienza dell'altro, delle sue necessità, delle sue
differenze, delle sue possibilità.
Prendiamo l'esempio di un legame
d'amicizia, o un legame affettivo. Ciò che passa nell'accettare
l'altro è molto, si cambia tanto frequentando chi si stima o si ama,
il cambiamento è sottile e quando ci si ritrova spesso si prova la
sensazione di vivere in un altro mondo, cambiano gli equilibri della
coscienza della mente, ci si sente magari leggeri, tranquilli,
fiduciosi, in un mix di sensazioni appaganti che ci restituiscono
l'equilibrio. Sentiamo, diciamo, pensiamo parole che non usiamo
spesso, che non conosciamo magari neppure, ma che poco per volta
modificano il sottile equilibrio della nostra coscienza, ci sentiamo
diversi, ci sentiamo meglio.
Strano ma vero è così che credo operi il lavoro terapeutico: si
sviluppa una piacevole e profonda relazione in cui la nostra coscienza
si modifica, cambiando gli equilibri della nostra mente si modificano
tutti gli equilibri presenti, dalla nuova coscienza emerge un nuovo
essere, un nuovo esser stato, e sopratutto un nuovo poter essere,
nuove opportunità, nuove azioni, nuove percezioni, che aumentano le
nostre possibilità di scelta, stimolando nuove azioni della mente,
nuova attività mentale, nuova coscienza di sé e degli altri, migliori
adattamenti, maggior libertà o così via nel ciclo della vita.
Ciò che mi sembra che emerga dal mio ragionare è una ricerca di ciò
che rende funzionale, utile e ricercata una relazione positiva con
qualcuno, d'amicizia, affettiva, o d'utilità che sia, e portarla nella
relazione terapeutica, considerando dunque di partire dalle proprie
doti e qualità umane che ognuno porta con sé fino a valutare ciò che
si cerca e ciò che si trova negli altri, in quel sottile equilibrio
che viviamo continuamente nella nostra coscienza quotidiana. Il tutto
per portarlo nella relaziona funzionale ed operativa della relazione
d'aiuto, il tutto ricordando naturalmente i presupposti fondamentali
del mio discorso e cioè che l'attività mentale genera necessariamente
uno stato di coscienza, che lo stato di coscienza è uno stato
ipnotico, e la relazione è frutto d'una esperienza di trance
condivisa.


Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
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lunedì, agosto 23, 2010

Luci ed ombre del costruttivismo.

Alla luce ed al buio del costruttivismo.

Sento sempre d'essere ben accompagnato dal processo costruttivista,
sento di poter dare le giuste risposte ad ogni quesito, sopratutto di
non ecceder in spiegazioni limitanti ed appassionate che persuadono o
addirittura suggestionano più che convincere.

L'idea che la realtà è prima d'ogni cosa frutto personale di chi la
esperisce è semplice da comprendere ma difficile da accettare,
sopratutto non si vuole accettare le conseguenze di tale concetto,
accettare la limitatezza dell'esperienza sensitiva, noi pensiamo e
viviamo costantemente entro il nostro stato mentale difficilmente ne
dubitiamo, difficilmente lo confutiamo, per farlo dobbiamo negarci
l'unica esperienza che in fondo possediamo l'idea di noi stessi, la
nostra identità.

Così non potendo sfuggire alla logica costruttivista, i fatti di cui
si circonda l'esperienza dell'ipnosi, m'addentro a dire di trovarmi
spesso dinnanzi ai miei limiti, i confini del mio stato mentale, in
base a come mi sento sono ed è così anche attorno a me, ciò che
percepisco è strettamente legato al mio stato mentale, alla logica di
quel mondo da cui dipendo per poter esser me stesso.

Riconosco che il pensiero costruttivista ricorsivo risulta sempre
difficile, o meglio di difficile applicazione, non potendo uscire dal
mondo (stato mentale) in cui mi trovo, ogni esperienza dipende da un
osservatore, non posso prescindere dal mio essere per dire, sentire,
pensare, percepire, interpretare o capire, non poppo prescindere da
come sono.

Una volta che si comprende il concetto che porta con se l'esperienza
della realtà, per quanto mi riguarda si comprende l'idea
dell'osservatore ed osservato, non essendoci una posizione migliore
d'un altra in assoluto, non rimane che decidere il contesto entro il
quale il tutto si dispone, ed è all'intenzione che dobbiamo arrivare
per comprendere dove porta la notizia, l'informazione, l'idea.

I presupposti del nostro vivere custodiscono la nostra intenzione, non
sempre frutto cosciente, spesso prodotto inconscio dietro le nostre
scelte, le decisioni, i comportamenti, viviamo costantemente in un
equilibrio di scelte e "pulsioni" inconsce, ma è alla volontà a cui
diamo meriti e colpe, il prodotto finale di un complesso flusso di
azioni mentali.

La coscienza ci inganna, facendoci credere, sentire, esperire
continuamente l'idea, il pensiero come un fatto, lo sento, lo vedo
quindi è vero, dimenticando il complesso articolarsi degli stati
mentali sottesi ad ogni attività della mente, senza entrare in un
dominio di tipo filosofico posso dire d'essere senza menzionare quando
e/o dove, o quanto, o senza implicare ripeto a cosa, a chi, e senza
cadere in un interpretazione dissociativa in cui parlo di me in terza
persona? Non è possibile!

Viviamo costantemente in uno stato di trance dal momento che siamo
soggetti costantemente a focalizzarci nel tempo e nello spazio,a
quantificare oltre che qualificare le nostre sensazioni, ad implicare
ed implicarci in pensieri, concetti, ragionamenti "superstiziosi" del
tipo causa effetto, e siamo costantemente dissociati in altro dal
quell'io da cui partiamo.

Senza renderci complicato un delicato pensiero di trance, siamo
costantemente in uno stato mentale che produce in noi l'idea stessa,
dunque lo stato mentale che lo produce. È altamente ricorsivo il
nostro vivere, non c'è da stupirsi che si possa dare in escandescenze
quando gli equilibri del nostro vivere si alterano, ieri, tanto per
fare un esempio, tornato da un viaggio di 500 km nel manovrare in
cortile la macchina ho strisciato quella di mio padre senza neppur
accorgermi ne sentir rumore, così da rendermi conto di quanto la
percezione possa esser distratta o deviata dal contingente, da stimoli
e sensazioni dimenanti, o concentrazioni protratte o quant'altro, così
viviamo quotidianamente in un'identità (stato mentale) che i sui
limiti e le sue possibilità ma i cui confini spesso son persi di vista
assieme alla logica, al buon senso, al buon pensiero, alla
comprensione .....

Non so ben da dove son partito ma torno alla coscienza, quella che mi
ritrovo, ai suoi confini, alla sua esistenza, sono la coscienza che
penso di essere, sono confinato nella coscienza che dichiaro,
confronto, vivo costantemente, ma sono anche nel flusso delle trac e,
stati mentali da cui dipendo, sono in una costante idea del mondo,
della vita, del reale di cui ho bisogno e da cui dipendo
costantemente, così rimango in attesa di un comprendere, conoscere,
capire più esteso di quello da cui son partito.

Una buona fine estate a chi è rimasto ad ascoltare il proprio mondo
sincronizzandolo al mio!

Dr. Marco Chisotti
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