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mercoledì, giugno 26, 2013

Caso necessitá fortuna. Marco Chisotti.

"Chi disse preferisco avere fortuna che talento percepì l'essenza della vita!" CIT Woody Allen nel film Match Point.

Il caso e la necessità sono un tema scottante nel considerare la libertà ed il vincolo nella crescita dell'umanità, il cammino della conoscenza, partendo dalla grande idea di Platone, noi non possiamo che vedere ombre di una realtà che si proietta al fondo di una caverna, è arrivato a considerare che la realtà, che ci circonda, non è una scoperta dell'uomo, bensì è una sua invenzione, la realtà è un emulazione del cervello umano. 

Se pensiamo l'uomo ha subito almeno tre grandi rivoluzioni che han cambiato la sua storia: la prima è stata la rivoluzione della legge Copernicana, che ha decentrato la posizione della terra rispetto al resto dell'universo, ed è andata a sostituire la legge Tolemaica, che poneva la terra al centro dell'universo; la seconda rivoluzione è stata quella di Charles Darwin, che con i suoi studi sull’origine della specie, la teoria evoluzionistica, ha cambiato l'idea creazionista sulla nascita dell'uomo, che considerava la sua origine divina, partendo dal suo più umile antenato la scimmia; la terza rivoluzione è stata la "scoperta" del mondo inconscio, mondo supposto prima da Arthur Schopenhauer, filosofo, e poi da Freud, uno dei padri della storia psicologica moderna dell'uomo, che ha sottratto l'uomo dalla sua convinzione d'essere l'unico padrone in casa propria, considerando la posizione centrale del modo interiore, al di fuori della sua consapevolezza.

Jacques Monod, premio nobel per la medicina nel 1965, con le sue considerazioni sul caso e la necessità, pone il principio del libero arbitrio, e coglie, della biologia, quei temi che ritiene possano maggiormente influire sulla cultura moderna. 

La teoria molecolare del codice è da lui presentata come una teoria generale degli esseri viventi, intesi come “oggetti” singolari che si distinguono da tutti gli altri oggetti dell’universo in quanto dotati d’invarianza (capacità di conservare da una generazione all’altra la propria norma strutturale attraverso il DNA ed i suoi geni, particelle proteiche dove è ascritto il contenuto del DNA stesso) e di teleonomia (capacità di trasmettere ai posteri, adeguando le proprie prestazioni, il proprio contenuto di invarianza, attraverso la conoscenza, ed i suoi memi, minime particelle del mondo delle idee capaci di mantenere un vita propria rispetto al cervello umano, tramandandosi attraverso la conoscenza stessa). 

Gli esseri viventi si evolvono. L’evento iniziale, la mutazione è per Monod un fatto fortuito, una "fortuna", un caso; una volta iscritto negli esseri viventi, esso viene replicato, tradotto fedelmente in miliardi di copie ed entra nel campo della selezione, della necessità noi tutti siamo figli del caso e viviamo per necessità.

La storia dell'umanità tutta si è trasformata casualmente e causalmente, tra potere e necessità, fortuna e libero arbitrio, nella storia in cui oggi tutti crediamo d'appartenere, o meglio la storia che la scienza ci suggerisce, ci racconta.

Eppure tutti eran convinti della legge Tolemaica prima di quella Copernicana, del creazionismo divino prima dell'evoluzione della specie di Darwin, della forza del libero arbitrio cosciente e volitivo prima delle teorie di Freud, e poi le di Jung sull'ombra, quella parte inconscia che ogni individuo eviterebbe volentieri di se, oggi sappiamo quanto é diverso il mondo con la presenza dell'inconscio, quanto sia lontano dalla causalità delle macchine banali, quanto sia presente il concetto di casualità nella nostra vita.

L'individuo é una macchina complessa, non banale come un qualunque macchinario di sua invenzione, che cresce, durante la sua vita, lentamente attraverso una complessità di tappe e sviluppi incomprensibili alla stessa scienza.
Voglio pensare che con la teoria degli stati mentali e della nostra coscienza "inconscia" ci troviamo di fronte ad una nuova rivoluzione, alimentata dalla visione di un inconscio, operata da Milton Erickson attraverso l'ipnosi, collaborativo, che si prodiga per noi, che ci aiuta, ci vuole bene e ci guida, un inconscio paragonabile ad un angelo custode, uno Spirito guida, un servo assistente.

"Alcuni dicono che al destino non si comanda, che il destino non è cosa nostra. ... Il nostro destino vive in noi bisogna solo avere il coraggio di vederlo." CIT nel Film Animazione "Ribelle" di B. Chapman.

Tutto è per Shopenauer determinato secondo quattro diverse necessità: la causalità, infatti con il rigido rapporto che lega l'effetto alla causa, la ritroviamo:
- nella necessità logica, per cui la conclusione a cui si evince deve seguire in modo inconfutabile, una volta che le premesse siano state riconosciute valide (ratio cognoscendi), il percorso della conoscenza stessa
- nella necessità fisica, secondo la legge della causalità, per cui l'effetto non può mancare una volta che si sia presentata la causa (ratio fiendi), come il principio "magico" dell'implicazione nell'ipnosi, se X allora y
- nella necessità matematica per cui ogni calcolo esatto risulta di necessità inconfutabile (ratio essendi), il concetto di presupposto, qualcosa che deve essere vera perchè quel che si sostiene abbia un senso.
- nella necessità morale, dove ogni essere vivente deve compiere, appena il motivo si sia presentato, quella azione che sola è adeguata al suo carattere naturale, così come ogni effetto segue ad una causa. 

L'effetto può apparire libero nella sua imprevedibile effettuazione ma questo dipende dalla difficoltà di approfondire e conoscere perfettamente il carattere naturale individuale, e qui l'idea del mondo inconscio si presenta per Schopenhauer, che, come causa, l'ha in realtà necessariamente determinato (ratio agendi), l'inconscio agisce, poi con la ragione ci offre la giustificazione del ostro agito, la spiegazione, il perchè.

La "quadruplice radice", si spiega nel senso che la necessità è riferita a conoscenze che effettivamente si differenziano l'una dall'altra, in quanto all'oggetto conosciuto, ma che hanno una comune "radice" nella facoltà intellettiva che ne coglie l'essenziale necessità, noi non possiamo prescindere da come siamo fatti per dire come siamo fatti ci dice il secondo principio della cibernetica.

Difficile immaginare colui che immagina, è più facile pensare che quello che immaginiamo sia un fatto, un mondo causale, che non un mondo casuale, più facile pensare che ci possa essere un fine nella vita, uno scopo, in fondo se so cosa mi è destinato non mi devo preoccupare d'altro, che di conoscere ciò che penso sia il mio destino, il mio fine, il mio scopo.

In fondo l'umanità si è sempre difesa dal peso e dalla responsabilità del libero arbitrio, pensandosi al centro dell'universo, se si é al centro dell'universo non é possibile sbagliare, si é i predestinati, pensandosi come creature del divino, che ci ha concepiti per cui ha un destino per noi, pensandosi in fondo al centro del proprio volere e possibilità.
La gente ha paura di considerare quanto il caso possa essere fortuna o sfortuna indistintamente, ascoltare la vita delle persone mi ha insegnato che non sappiamo dire da dove arriviamo e non sappiamo dire dove stiamo andiamo, non sappiamo perché viviamo, non nasciamo con uno scopo, ma siamo estremamente curiosi delle nostre origini, l'ipnosi regressiva è molto gettonata, siamo attenti a tutti coloro che possono dirci qualcosa che riguarda la consapevolezza di noi stessi, della nostra coscienza, della nostra intelligenza, e siamo attratti dal nostro futuro, dal poterlo indovinare, prevedere, progettare, maghi, sensitivi, chiaroveggenti, sono figure molto ricercate.

Le persone vanno a farsi rassicurare sulle loro origini per darsi il coraggio di adattarsi alla vita o farsi suggerire come affrontarla, cercano un motivo per vivere e poi son disposti a motivarsi, anzi ne han bisogno, la vita ti guida con le sue richieste, i suoi ruoli, si può vivere semplicemente senza farsi domande, ma se ci si pone delle domande tutto diviene stretto e scomodo, la nostra libertà è subito pretenziosa, ha bisogno d'esser riempita di contenuti che la possano giustificare.

Solo per le emozioni siamo disposti a credere a tutto, l'esperienza della passione, dell'innamoramento,  è l'esempio di come, in modo inconscio, la "natura" ci controllala, critica per il resto ci trattiene dall'esser liberi, la critica, che è la nostra conoscenza, ci obbliga ad esser liberi anche se non lo vogliamo, o a non esserlo quando lo vogliamo, impegnandoci in mansioni, ruoli, esperienze, trattenendoci dall'allontanarci dal senso comune condiviso attraverso l'assonanza cognitiva verso il nostro gruppo di riferimento, se abbiamo un pensiero divergente dal gruppo fatichiamo a rimaner soli, a tenerci le nostre convinzioni, spesso preferiamo "rientrare" nella comprensione degli altri.

Alla fine caso, necessità, fortuna, sono descrizioni di punteggiature che diamo agli eventi, alle volte sono tautologie, veritá che non dimostrano nulla, alle volte son delle verità che si nascondono tra i proverbi popolari, tra se pieghe di antiche conoscenze, alle volte son delle bugie che ci raccontiamo.

In fondo ci si domanda spesso quanto le cose abbiano un loro destino e quanto gli eventi dipendano dalle nostre azioni, credo che la domanda sia improponibile, gli eventi personali, sono semplificati nella loro attribuzione, ciò che sto facendo, le cose su cui mi concentro, i miei pensieri, cosa diversa é abbracciare le leggi del destino, nel destino non ci troviamo solo noi, siamo in tanti coinvolti, le considerazioni sul destino, fanno parte di eventi complessi, le quali cause non son riferibili ad una singola persona, la vita non è solo la mia vita, così il destino non è solo il mio destino, per quanto si possa sperare, son livelli logici differenti quelli che entrano in gioco, non possono esser confusi livelli logici differenti.

Così credo proceda il senso della vita, noi lo pensiamo al singolare e lui si svolge al plurale, noi pensiamo che ogni cosa abbai un senso nella nostra vita, ragionando a livello soggettivo costruiamo semplici cause per eventi che son attribuiti a molteplici cause, ma la complessità non la possiamo governare e dunque la lasciamo facilmente andare concentrandoci sulla causa e l'effetto, semplificando, riducendo, modellando, la mappa non è il territorio, come la fede non è la certezza.

Mi ritrovo spesso a pensare a quanto sia strana la vita e questo mi capita facilmente quando ho analizzato molti modi di considerare assieme gli eventi, ascoltando la storia delle persone mi son accorto che la storia è come la complessità, esiste per come la guardiamo, la pensiamo, la vita delle persone diventa una storia solo quando viene raccontata, punteggiata da qualcuno per qualcun'altra. La complessità è simile, è complessa quando la consideriamo nell'insieme delle persone che la condividono, diventa semplice quando è descritta da una sola persona che la confina nelle cause e negli effetti della propria storia.

Alla fine pensando al funzionalismo la mente ed il corpo (ovvero le funzioni psichiche e fisiologiche del vivere) sono considerate allo stesso livello, ad esempio, sia la funzione psichica della percezione che quella fisiologica della respirazione hanno entrambe il fine di garantire la sopravvivenza e l'adattamento al mondo esterno. Così potremmo pensare che caso e necessità possano rientrare anch'esse in una condizione "naturale" di viabilità, adattamento della vita universale, ad un livello superiore che non ci è possibile arrivare senza metter in gioco Dio, sempre considerando di poterlo nominare e dunque specificare. 

Pensando al pragmatismo come la dottrina secondo cui non vi sono limiti o paletti alla ricerca se non quelli della conversazione, nessun limite generale imposto dalla natura degli oggetti, o della mente, o del linguaggio, ma solo quei limiti particolari che sorgono nella discussione con gli altri, l'onesto riconoscimento del carattere contingente dei nostri punti di partenza della nostra discussione e l'accettazione che l'unica fonte di guida per noi è la comune eredità e la discussione interna alla comunità umana, qui la fortuna prende un suo fascino, la fortuna è forse il motivo di esistere, le cose non avvengono se non suggerite da chi le osserva, e da chi si sente fortunato nel poterle osservare per il corso della vita intera, è fortunato a poterlo pensare, siamo fortunati di poter  vivere caso e necessità.

 


sabato, maggio 25, 2013

L'utilità della Psicologia il Counselling dell'Ipnosi nelle relazioni d'aiuto. Marco Chisotti..

Le relazioni d'aiuto son una grande famiglia entro la quale possiamo annoverare di tutto e di più, spesso il discorso dell'aiuto viene liquidato con superficialità dalle persone con soluzioni tampone, soluzioni queste che poco hanno poco a che fare con il reale aiuto che si possa dare a qualcuno.
Ci si aspetta aiuto dal medico, dallo psicologo, dal counsellor, ma si dimentica di chiarire che cos'è l'aiuto, alle volte è più facile dire cosa non è l'aiuto, parlo dell'aiuto psicologico con cui intendo una relazione d'aiuto al vivere. 
L'aiuto non é stare meglio, i farmaci fanno star meglio ma non possono esser considerati un aiuto al vivere, nella stessa misura in cui il doping non può esser considerato un aiuto per lo sport. 
L'aiuto dovrebbe interessarsi a riequilibrare una persona non a "cambiarla", cambiarla vorrebbe dire avere alla fine un persona totalmente diversa, ora mi sta bene che si dica "...... si è proprio cambiata ...... mi sembra un altra persona ......" ma si deve trattare della stessa persona non di un altra persona a tutti gli effetti. 
Il medico molto spesso travisa la richiesta di aiuto psicologico, l'aiuto al vivere con la richiesta di stare bene, il farmaco, lo strumento principale del medico, fa star bene il corpo molto spesso, ma non aiuta la mente, non aiuta ad affrontare la vita, il vivere non è star bene e basta, è crescere nella differenza, percepire é sentire attraverso l'altro, è distinguere il bene dal male, il bello dal brutto, lo psicofarmaco appiattisce la nostra possibilità di percepire riducendo le differenze, omologando le sensazioni, è doparsi per superare l'altro non per vivere con l'altro; vivere è cercare l'equilibrio, l'adattarsi al mondo e  trasformare il mondo, nel rispetto delle regole del vivere comune, regole che son date da ciò che desideriamo, da ciò che vogliamo, da come decidiamo in fondo di vivere.
Quello che posso dire riguardo alle relazioni d'aiuto, e dunque dell'utilità di un intervento di counselling o di psicoterapia  è molto semplice, la medicina, come la psicologia, hanno sviluppato una grande capacità diagnostica tanto da fare dei quadri molto precisi sulla situazione clinica del paziente, la medicina dal canto suo, nel campo della psiche, usando dei correttivi farmacologici, allevia i sintomi, ma quasi mai riesce a curare i comportamenti, come si dice spesso "diagnosi perfetta ..... paziente morto", la psicologia, lavorando sulla statistica e la comparazione fa altrettante diagnosi, spesso molto precise e chiare, ma non ha la cura, la diagnosi e la prognosi non curano, spesso stupiscono per la precisione e la chiara esposizione dei "fatti", ma non sono la cura.

La "cura" non esiste, la cura sta nella relazione con l'altro, o almeno nella relazione con noi stessi, con la nostra vita, la cura è la ricerca della "viabilità", un giusto equilibrio con cui adattarsi al vivere. La relazione esiste nello star assieme con gli altri, frequentare persone diverse da te, che, per il ruolo che ricoprono, possono avere la possibilità di modificare il comportamento con cui entriamo in contatto con con la nostra vita. 
Detto questo è facile capire che ci devono essere condizioni molto particolari perchè una relazione possa diventare terapeutica e funzionare nel restituire il giusto modo con cui affrontare la nostra vita.
Le relazioni che le persone vivono tra loro sono complesse, nella relazione con un terapeuta, un counsellor, si dovrebbe trovare l'aiuto, ma perchè la relazione possa funzionare e dare dei frutti si deve accettare la relazione con un altra persona, che essa venga riconosciuta nel suo ruolo di terapeuta, accettando di mettersi in gioco e non di giocarsi la relazione con lei, nel gioco di parole ci sta la chiave o il "segreto" di ogni relazione terapeutica che si rispetti.
Le persone giocano le loro relazioni nei modi più complessi ed elaborati, la nostra intelligenza, trovandoci tutti quanti in gioco in una relazione con qualcuno, è sempre alla ricerca di una soluzione che appaghi i bisogni, tenendo saldi tre principi guida:
Minimo sforzo massimo rendimento (bisogno di risparmio energetico)
Evitare i cambiamenti (bisogno ecologico o di equilibrio con l'ambiente)
Evitare il dolore (bisogno difensivo/protettivo)
Tutti quanti siamo assolutamente necessitati di perseverare questi scopi, ma ognuno possiede una personale chiave di lettura di questi principi/bisogni, rendendo ogni relazione, vissuta con gli altri, come una esperienza unica e irripetibile.

Ma allora cosa fare? Trovare soluzioni al vivere "bene" o cercare un equilibrio al vivere, sinceramente son combattuto non so dare una risposta, la vita è un problem solving, la ricerca di una soluzione ad un problema, dunque la vita è un problema, o il vivere, e dunque la vita, non è un problema a cui trovare una soluzione, ma un esperienza ne bella ne brutta, il cui fine, se di un fine si ha l'esigenza, è il vivere stesso, più semplicemente il bello non è arrivare, ma è il "viaggiare" nella vita.
Credo personalmente che la vita vada vissuta in un rapporto dialettico, anche il dialogo interno che viviamo con noi stessi è un rapporto dialettico con il vivere, con se stessi, con gli altri, ma questa é la mia visione, per altri è un altro tipo cose a contare.
Spesso mi chiedono un consiglio, se può esser d'aiuto un lavoro "psicologico" con qualcuno, il mio consiglio è che si deve provare, provare a confrontarsi con qualcuno che possa darci la possibilità di trovare un nostro equilibrio, provare e valutare se vogliamo veramente cambiare, se ci "conviene" cambiare, se é  quello di cui abbiamo veramente bisogno, che desideriamo. Potrei fare molte supposizioni, confermare diagnosi e prognosi ma così facendo sarei disonesto nei confronti di chi mi domanda aiuto, la psicoterapia, il counselling, sono strane alchimie i cui risultati, molto spesso, son tanto sorprendenti quanto difficilmente spiegabili, l'ipnosi è uno strumento eccellente per aiutare le persone ma anche l'ipnosi è soggetta alla relazione che si viene ad instaurare tra le persone, provare ad instaurare una relazione di aiuto è l'unica possibilità reale che abbiamo per valutare se possiamo esser d'aiuto a qualcuno o meno.
 



martedì, aprile 09, 2013

Pesi e misure. Canoni inversi degli stati mentali. Marco Chisotti.

Andrò avanti e tornerò indietro, come un canone inverso nella musica, nel tempo, una musica che può andare avanti e poi tornare indietro con le stesse note, strano ricordare, pensare, costruire, credere, sperare, pensare ancora e poi agire, sentire, percepire, ricordare e poi dimenticare, apprendere, cambiare e perdere, perdersi e finire.
Incredibile per me superati i 50 vivere e comprendere il funzionamento dei miei stati mentali ogni equilibrio dentro una persona si mantiene per un periodo limitato, la gioia e la tristezza sono due aspetti della stessa esperienza, il bello ed il brutto, il giusto lo sbagliato, questi opposti si equilibrano in me continuamente ed i pensieri sembrano descrivere lo stato, in verità i pensieri non sono semplici forme, i pensieri impattano profondamente nel nostro stato d'umore o mentale.
Non é possibile distinguere la loro mansione descrittiva e processuale, noi siamo costantemente in un flusso dove ci troviamo ad anticipare le nostre esperienze, decidiamo e descriviamo, ed a seguire le stesse, ci muoviamo in una direzione e reagiamo alle situazioni, molto passa a livello inconscio, il resto é difficile comprendere come si realizza in noi, come si mantiene, tutto si mischia con semplicità, tutto appare e scompare, così cambiano i nostri stati d'animo, così ci troviamo allegri e tristi, cosî cambiamo, ci trasformiamo.
Si vive costantemente in uno stato mentale, lo stato mentale è responsabile del nostro essere coscienti, la coscenza o consapevolezza è il nostro vivere.
Si nasce in un mondo ed il mondo in cui si nasce non ne può nulla di noi ne noi possiamo nulla del mondo in cui veniamo al mondo.
La costante del nostro vivere, dopo l'esser venuti al mondo, é la crescita ed il cambiamento in diverse fasi passiamo le tappe più significative della nostra vita e cominciamo a fissare nella nostra memoria le nostre esperienze, queste sono parte del nostro apprendimento e della nostra conoscenza, impariamo tutto e di tutto, ed ogni esperienza ci cambia e ci trasforma, in pochi o in tanti aspetti del nostro essere, del nostro esistere.
Il neonato lascia il posto al bambino che sperimenta in modo concreto tutto il suo vivere, attraverso l'azione cresce e matura la propria consapevolezza, la propria morale, il proprio giudizio, prende coscienza di se stesso e si impersona in ruoli differenti fingendo ed imitando i comportamenti di chi gli sta vicino, parenti, amici, genitori, apprende e diviene.
Poco alla volta si appropria dell'intelligenza astratta, entrando nell'adolescenza, intorno ai 10/12 anni, sviluppa la capacità di usare la sua intelligenza facendo ipotesi anticipatorie, e deducendo dalle esperienze apprende.
Mano a mano che cresce l'adolescente impara a stare con gli altri, sviluppa i sentimenti, anticipa le emozioni, si regole accresce la sua coerenza e crescendo diviene responsabile ed affidabile.
Impariamo a vivere ed a mantenere un nostro equilibrio, nell'equilibrio ci riconosciamo, ci ritroviamo ci emozioniamo, ci agitiamo e ci tranquillizziamo, nell'equilibrio siamo costantemente noi stesi fino a che l'ambiente, la vita intorno a noi, rimanendo costante, noi manteniamo l'equilibrio nel nostro stato mentale, siamo consapevoli, ci manteniamo nell'idea di noi stessi e tutta la nostra vita è nell'equilibrio, ciò che percepiamo, ciò che sentiamo, ciò che pensiamo, tutto rimane attendibile, prevedibile.
Quando si rompe l'equilibrio tutto cambia, ogni cosa non é piú la stessa cosa, ogni pensiero si altera si trasforma, ogni cosa è diversa, quando un fatto, un evento, un esperienza rompe in noi quell'equilibrio in cui esistiamo e ci ritroviamo tutto cambia.
Non cambia solo la nostra azione, il nostro pensiero, la nostra reazione, combina il nostro modo di sentire, percepire, cambia il pensiero che produce l'idea di quell'identità che ci pensa.
Tutto cambia e nulla é più come prima, poi dopo un apprendere, un cambiare, un trasformarsi si trova un nuovo equilibrio, ma non si é più quello di prima, non si può più essere chi si è stati.
I cambiamenti sopraggiungono casualmente o causalmente, o avvengono nati pluralmente per la nostra crescita, la nostra vita ha delle tappe da seguire, si matura, ci si trasforma, si vive, ci si conosce, si cambia , ci si riconosce, ci si trasforma, si agisce alla vita, cambiano i pensieri, cambiano le sensazioni, cambiano gli stati mentali, si diventa un altra persona.
Da certe esperienze si torna da altre non si torna più, si torna da certi pensieri come rinnovati, cambiati, da altri non si torna più, si è diversi, non si è più se stessi. La vita ci cambia, ci fa nascere, ci fa crescere, ci fa vivere e ci fa anche morire, tutte queste esperienze ci trasformano, sono inevitabili, ci danno e ci tolgono, ci mantengono e ci trasformano.
Dentro di noi si costruiscono pesi e misure, in base alle notare esperienze apprendiamo a reagire ad altre esperienze, ognuna delle nostre esperienze lascia un segno, ogni emozione un peso ed una misura.
Misuriamo e pesiamo ogni cosa, spieghiamo e giustifichiamo una piccola porzione di ciò che siamo, la maggior parte delle nostre esperienze sono inconsce.
Incredibile il susseguirsi degli stati mentali, le ostre lenti, i nostri filtri le nostre gioie, le nostre tristezze, il nostro bello, brutto, giusto, sbagliato, bene, male, ogni pensiero, sentimento, sensazione, percezione, ogni esperienza, ogni emozione passa attraverso i nostri stati mentali, ed ogni stato mentale è articolato dalle esperienze, dalle sensazioni, dalle percezioni, dai pensieri, e non è possibile comprendere per quale motivo siamo o ci pensiamo, il vivere è un continuo alternarsi di stati mentali, le emozioni, di cui parliamo, sono frutto di pensieri ed azioni, navighiamo a vista nel mare della vita, alle volte in mari calmi, alle volte in oceani tempestosi, non rimaniamo mai noi stessi, cambiamo e ci trasformiamo senza fine, o meglio con una fine, con la fine della vita.
Passiamo costantemente nelle acque del dubbio e tra le rocce della certezza, siamo insicuri e poi sicuri, siamo io stessi e poi ci perdiamo in un mare di possibilità, di alternative, siamo forgiati dalle conoscenze, dagli altri, dalle loro aspettative, dalle nostre profezie, le credenze, le convinzioni, i valori, tutto contribuisce a creare in noi pesi e misure, e ad ogni peso e ad ogni misura noi decidiamo, scegliamo, apprendiamo, dimentichiamo, ci allontaniamo, fuggiamo, cerchiamo, ci leghiamo, ci innamoriamo e poi cambiamo, dimentichiamo, ci lasciamo, poi ci ritroviamo, ma non siamo più quelli che eravamo, siamo altri, costantemente altri, altro da quello che siamo stati, altro da quello che pensavamo di essere, di dover apparire, altro da ogni possibile, una nuova combinazione, nuovi fattori, nuovi elementi, nuovi pesi e nuove misure fino alla fine, la fine della vita, si nasce, si cresce, si vive, si muore.








mercoledì, aprile 03, 2013

Il linguaggiare filosofico. Marco Chisotti.

Il linguaggiare filosofico. Marco Chisotti.
«Anche se il risultato della filosofia è semplice, non può esserlo il metodo per arrivarci. La complessità della filosofia non è quella della sua materia, ma del nostro intelletto annodato.» Ludwig Wittgenstein Osservazioni filosofiche.
La filosofia é un metodo efficace per pensare la vita, è come attrezzarsi da alta montagna anche se poi si fa un semplice giro nel parco, ci si trova preparati per ogni evenienza.

«Il mondo è tutto ciò che accade.
Il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose.»
Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus.

C'è una sostanziale differenza tra i fatti e le cose, un fatto è un evento accaduto, o un'affermazione considerata vera circa l'accadimento di un determinato evento, i fatti riguardano le relazioni, ma come è possibile sostenere come sono andati a finire i fatti, ogni fatto è opinabile, interpretabile, quando sostengo qualcosa in verità sostengo un personale fatto, se penso di amare qualcuno io sostengo un personale fatto, l'altra persona potrebbe sostanzialmente rifiutare la mia considerazione.
In ogni caso la considerazione di Wittgenstein è molto utile, ci dice che il mondo è tutto ciò che accade, non possiamo negare una considerazione così «pulita», al massimo possiamo considerare se fa parte del mondo anche ciò che non possiamo percepire direttamente perchè fuori dalla nostra copertura spazio temporale, l'albero che cade e non è da me sentito è realmente esistito?
L'amore che sostieni di aver dato ma non è stato percepito è realmente esistito?
Le cose esistono se ci appartengono in qualche modo, così il mondo è la totalità dei fatti, di qualcosa che è accaduto o che consideriamo vero, le cose non entrano in questa relazione significativa, per cui solo i fatti generano un mondo.
Il linguaggio è poi alla base di tutto il nostro essere ed esistere se dico qualcosa del genere:
«Non manca la luce ma è già sera
Vorrei rintanarmi tra le righe del tuo libro
La tua storia mi racconta di un tempo lontano
Chiudo gli occhi e son con te
Forse non sei più ad ascoltare no non ci sei più
Torno a giocare la mia vita e torna la pace
Un ultimo sguardo dalla tua parte e non ci sei più»
Ognuno ci può vedere ed ascoltare ciò che desidera, in queste righe ci sono dei fatti che possiamo ritenere possibili, il linguaggio di tipo poetico presenta i fatti sotto multiforme differenti.
«Noi sentiamo che seppur tutte le questioni della scienza ricevessero una risposta, i problemi della nostra vita non sarebbero nemmeno sfiorati». Wittgenstein
È confortante sentire dal suo pensiero i limiti del capire, la vita è un fatto complesso, si svolge in un mondo di accadimenti, non sappiamo se la nostra vita è tutto ciò di cui possiamo parlare, io credo sia molto più é ciò di cui possiamo parlare è ciò che pensiamo di conoscere della vita, l'amore, ad esempio, sebbene possiamo pensare appartenga alla vita, è un fatto molto personale, solo nella fase dell'innamoramento è creduto e sostenuto come fortemente condiviso, dopo diviene sempre più un fatto personale, difficile da comunicare, impegnativo nella condivisione, diviene altro, un altro sentimento un'altra esperienza, l'amore può essere solo vissuto.
«Chi non è certo di nessun dato di fatto, non può neanche esser sicuro del senso delle sue parole». Wittgenstein.
Mi sento incerto, non son sicuro che ci siano cose vere, forse fatti si, nel senso che son sentiti tali, mi sento incerto così amo orientare le persone verso le loro certezze, in modo da sentirmi trascinato dal loro nascente entusiasmo, amo immedesimarmi in loro ed aiutarlo a riacciuffar i loro sogni, io dei miei non so parlare, so viverli, quando mi capita, son un curatore di sogni, non c'è un metodo per far questo, aiutar le persone, ci son innumerevoli metodi quanti sono i sogni che aiuti a vivere.





giovedì, marzo 28, 2013

Saper guardare la vita in faccia. Marco Chisotti.

«L'unico vero maestro non è in nessuna foresta, in nessuna capanna, in nessuna caverna di ghiaccio dell'Himalaya… È dentro di noi!» Citato in Dentro di noi Tiziano Terzani.
A farmi conoscere Tiziano Terzani è stata Costanza Battistini sua grande lettrice, io son stato sempre legato alle materie psicologiche in passato, ma ho visto in lui una grande sensibilità verso l'animo umano da coinvolgermi.
Quando si raggiunge una grande maturità come quella che ci ha mostrato Tiziano Terzani si può anche capire il profondo significato di una considerazione così semplice. Mi capita spesso di cercar di dire ai miei clienti, in qualità di Counsellor, che il vero maestro é dentro di loro io lo chiamo inconscio, angelo custode, spirito guida, ombra, lo chiamo così per far comprendere che non é sotto la nostra volontà, mi chiedo anche cosa sia realmente sotto la nostra volontà, penso che si scoprirà che sono poche le cose che posso essere da noi veramente volute, credo siano più facilmente giustificate e spiegate dalla volontà, siamo misteriosi per quanto poco ci conosciamo e per quanto dobbiamo ancora conoscerei.
«L'inizio è la mia fine e la fine è il mio inizio. Perché sono sempre più convinto che è un'illusione tipicamente occidentale che il tempo è diritto e che si va avanti, che c'è progresso. Non c'è. Il tempo non è direzionale, non va avanti, sempre avanti. Si ripete, gira intorno a sé. Il tempo è circolare. Lo vedi anche nei fatti, nella banalità dei fatti, nelle guerre che si ripetono.............
La regola secondo me è: quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su. È più facile andare in discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c'è più speranza. È difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all'erta.» Tiziano Terzani.
Di recente mi son trovato ad un bivio, non voluto ma mi é capitato, avrei voluto continuare a scendere per non soffrire della fatica e della novità da affrontare, avrei voluto far la strada più semplice, ma non ho deciso io, riconosco che la decisione che è stata presa per me era giusta, era la cosa da fare ma non avrei proprio voluto affrontare la salita, decidere vuol dire lasciare qualcosa per qualcos'altro e questo non è bello anche quando è necessario.
Mi vengon in mente i campioni che non riescono a mollare anche quando tutto gli dice che dovrebbero farlo, prendere la strada in salita, li capisco che desiderino continuare, non li biasimo, cedono ad un bisogno di omeoostasi, tenere l'equilibrio e non cambiare.
Per quel che riguarda il tempo è una bella intuizione quella di Tiziano Terzani che condivido anche se umilmente ho difficoltà a comprendere fino in fondo, son tante le cose che capisco ma poi non riesco a vivere fino in fondo, anche la causa effetto é una superstizione come afferma il filosofo Wittgenstein ma pur comprendendo la non riesco ad evitarla.
La circolarità del tempo annulla la mia ansia legata all'irreversibilità consequenziale del tempo, patisco questa cosa, che un tempo lasciato non possa tornare, ma ancora non mi riesce di abbracciare la sua circolarità, o meglio la posso considerare se mi tolgo da esser protagonista della storia che osservò e che racconto, in questo caso ci riesco, ma mi é difficile togliermi da questo protagonismo, Tiziano Terzani al contrario é stato capace di farlo, per questo ed altro ha tutta la mia considerazione.
L'integrità del suo IO lui l'ha saputa vivere opposta alla disperazione della vecchiaia, della fine, che tanti finiscono col vivere ahimè! Questa sua integrità l'ha vissuta sopratutto quando è giunto vicino alla fine della sua vita, ha saputo osservare il suo percorso e si guardato indietro comprendendo limiti e glorie del suo vivere.
Quello che più mi ha colpito é che ha saputo riflettere sulla sua vita, professionale e personale, non provando rimpianto per qualcosa che avrebbe potuto ancora fare, il suo è stato un bilancio positivo, ha saputo vedere le cose con distacco quando dovevano essere analizzate, con passione e coinvolgimento quando dovevano essere vissute, questa sua capacità di prendere la giusta posizione nel confronti dei fatti della vita gli ha consentito una integrità dell'IO, congedandosi dalla vita serenamente, accettando la propria morte con una calma emotiva nella consapevolezza che il viaggio è stato bello, gli obiettivi sono stati realizzati, senza rimpianti ne rimorsi fino alla fine, almeno questo è ciò che traspare da quello che ci ha lasciato detto e scritto.
Credo che la cosa da apprendere sia stata questa per me, un esempio di "dignità illuminata" mi verrebbe da dire, e da pensare, al meglio di ogni retorica o luogo comune. Il miracolo non esiste e la fede é una cosa tua, personale, quasi intima, è stato sincero coi suoi lettori, ha detto tutto quello che pensava, una cosa che molte volte mi son pentito di non esser riuscito a fare, molte volte evito di dire di No per un eccesso di protezione mia e di chi si confronta con me.
La vita presenta sempre un altra faccia, da persona matura mi auguro almeno di saperla guardare e non voltarmi dall'altra parte in modo puerile.



martedì, marzo 26, 2013

La vita come interpretazione: non é possibile non interpretare, interpretiamo sempre. Marco Chisotti.

È iniziato tutto per amore con amore sull'amore...... ma poi il discorso s'è tradotto in un lavoro cognitivo e comprensivo.
Tutto ciò che è detto è detto da qualcuno, tutto ciò che é detto é frutto di un interpretazione, si tratta di vedere quali sono le interpretazioni scelte, il metodo interpretativo, non se ma come, non se si interpreta in un processo di cognizione ma come si interpreta.
La vita, secondo me, non é fino a che non la si descrive, ogni descrizione fatta é fatta da qualcuno, descrivere non é parte del vivere fino a che non se ne ha consapevolezza, ma nel momento che si é consapevoli si ha bisogno di confinare la consapevolezza entrò un dominio cognitivo, una forma di pensiero, comprensibile, misurabile, valutabile, esportabile.
Cosa vuol dire: "Sto vivendo la mia vita!" Intanto che c'é un soggetto, una persona, che osserva, in un processo percettivo, legato ai sensi, e in un processo cognitivo, in grado di formulare pensieri attraverso un linguaggio comprensibile, esportabile, questa persona presuppone l'esistenza di una vita, un processo "biopsicosocio cognitivo", la quale esperienza si trova sotto il controllo della persona, il nostro soggetto, che pensa di vivere la propria vita.
Solo la nostra conoscenza esperienziale precedente, conoscenza attraverso un processo di consapevolezza, ci permette di fare una tale affermazione, ora dal momento che ogni forma di conoscenza deriva da un apprendimento, ed ogni apprendimento é frutto di un lavoro di distinzione e memorizzazione e dal momento che scegliere, fare distinzioni, e decidere cosa ricordare, crearsi una storia, sono processi interpretativi, la vita é tutta quanta un continuo processo interpretativo, di scelte, decisioni, avvicinamenti, allontanamenti, attrazione, repulsione.
Non é possibile non interpretare, si interpreta sempre chi dice di non interpretare fa solo un considerazione parziale del processo cognitivo, non porta con se la consapevolezza del processo cognitivo, non pone attenzione all'operazione con cui diamo forma ai processi, la vita, il pensiero, l'amare, l'odiare, il percepire, il dimenticare, il ricordare, l'avvicinarsi, l'allontanarsi .......
Il costruttivismo è definito come «la teoria esplicativa della psicologia cognitivista che definisce il soggetto come operatore e i processi psichici come costrutti effettivi, risultanti dalle interazioni fra soggetto e ambiente.»
I costruttivisti ritengono che coloro che apprendono, costruiscono la loro realtà, o almeno la interpretano, in base alla percezione dell’esperienza: la conoscenza individuale dipende dunque dall’esperienza personale, l'interpretazione soggettivo esperienziale e dalle strutture mentali utilizzate per interpretare oggetti ed eventi.
L’apprendimento non è visto come un semplice passaggio di nozioni da un individuo ad un altro: il primo non impone strutture di conoscenza al secondo, ma questi facilita il processo di comprensione ed eventualmente, se la persona rimane particolarmente colpita da ciò che comprende, di apprendimento interagendo con esso.
Secondo i contributi dei principali esponenti del costruttivismo G. Kelly, E.v. Glasesfeld, H.v.Foester, H. Maturana, F. Valera; J. Piaget i suoi assunti fondamentali sono:
Sapere come costruzione personale e soggettiva, sapere come storia personale.
Apprendimento attivo, la conoscenza come esperienza costruttiva.
Apprendimento collaborativo, la comunicazione é esportare conoscenza.
Importanza del contesto, una forma personale e soggettiva del contestualizzare é l'intenzione, il finalizzare soggettivo.
È quindi possibile distinguere un costruttivismo individuale, legato alle esperienze personali, e un costruttivismo sociale, legato al cosiddetto senso comune condiviso, in cui possiamo annoverare anche la cultura in senso lato.
Per quanto riguarda il costruttivismo individuale, nasce grazie all’esperienza personale dell’individuo, come risultato di una interpretazione personale della realtà ed un impegno attivo del soggetto ad apprendere qualcosa.
Il costruttivismo sociale invece, definisce la costruzione della conoscenza come risultato di una mediazione delle conoscenze di più persone, una condivisione, da cui emerge un senso di collaborazione dal fatto che gli individui stanno lavorando per un accordo o almeno per una comprensione concordata, il senso della realtà.
Per la filosofia costruttivista è molto importante il contesto, nel senso che l’apprendimento avvenire contemporaneamente all’attività di dare forma al processo del vivere, la forma, dal suo punto di vista, chiede che sia deciso un fine, uno scopo, trasformando la nostra storia da una esperienza semplicemente descrittiva, ad una completamente connotativa, teleologica, dunque interpretativa.
Questo processo cognitivo complesso si appoggia ad un fatto, la percezione umana porta con se il riconoscimento degli elementi analizzati ed il loro uso, noi percepiamo, riconosciamo, almeno parzialmente gli elementi in gioco ed utilizziamo l'esperienza, il tutto, percepisco, riconosco, utilizzo, avviene contemporaneamente, anche se non sono consapevole direttamente dell'intero processo.
«Il rapporto tra pensiero e parola non è una cosa ma un processo, un movimento continuo avanti e indietro dal pensiero alla parola e dalla parola al pensiero:… il pensiero non si esprime solo nelle parole; acquista esistenza attraverso di esse.» L.V. Vygotskij.
11 "Vygotskij voleva dire che la comprensione dei bambini si forma non solo attraverso degli incontri adattativi con il mondo fisico ma attraverso le interazioni tra le persone in relazione con il mondo - un mondo non solo fisico e appreso con i sensi, ma culturale, significativo e significante, e fatto tale in primo luogo dal linguaggio, un mondo fatto di interpretazioni, che sono le traduzioni di un tutto infinito, in qualcosa di soggettivo.
La conoscenza e dunque il processo del pensare umani sono a loro volta sostanzialmente culturali, e derivano le loro qualitá distintive dalla natura dell'attività sociale, del linguaggio, del discorso e di altre forme culturali.
La rosa del Piccolo Principe é una parola che richiama un esperienza percettiva semplice, ma nel sottolineare quanto quella rosa sia la sua rosa e non sia la rosa, il Piccolo Principe interpreta il reale mondo condivisibile in un esperienza emotiva carica di significato, lo fa interpretando una semplice percezione, come processo, dando le una particolare forma che chiamiamo amore.
L'interpretazione non é dunque solo un processo indispensabile per conoscere e dunque vivere, è un processo indispensabile per amare, trasformare qualcosa di «a specifico generico» in qualcosa di specifico, singolare, unico, che impegna il nostro vivere orientandoci, condizionandoci, mantenendoci in un continuo processo costruttivo.
«Se si adotta il punto di vista che la 'conoscenza' è il mezzo concettuale per dare senso all'esperienza anziché la 'rappresentazione' di qualcosa che si ritiene stia al di là di essa, questo cambiamento di prospettiva porta con sé un importante corollario: i concetti e le relazioni in base ai quali percepiamo e concepiamo il mondo esperienziale sono necessariamente generati da noi stessi. In questo senso noi siamo responsabili del mondo di cui andiamo facendo l'esperienza". E.Von Glasersfeld.
«Ogni esperienza autentica ha un lato attivo che cambia in una certa misura le condizioni oggettive nelle quali le esperienze sono fatte. La differenza tra la civiltà e lo stato selvaggio, per fare un esempio su vasta scala, sta nel grado in cui le esperienze fatte hanno cambiato le condizioni oggettive nelle quali le conseguenze successive hanno luogo». J. Dewey.
Da un punto di vista costruttivista, la Personalità è un insieme di processi auto-organizzati, relativi ai significati propri ad una situazione.
Le inferenze che uno psicologo può fare sulla personalità di qualcuno, sono il prodotto di un processo socialmente e culturalmente mediato, durante il quale egli assume il ruolo di osservatore, applicando un particolare insieme di significati condivisi.
Gli elementi usati dallo psicologo sono un linguaggio teorico predisposto per la categorizzazione, interpretazione o spiegazione di informazioni desunte dal comportamento o da altri indicatori psicologici, o dalla sua esperienza, tale uso di questi strumenti é comune a tutte le categorie umane, cambia solo il vocabolario, il senso è lo stesso.
Giudicare è parte del nostro pensare, é scegliere alcuni elementi su altri e porli in primo piano, si tratta per tutti di schematizzazioni basate su astrazioni categoriali (effettuate a scopi valutativi e diagnostici nello psicologo, o effettuate a scopi differenti da altre figure professionali e non), che rendono possibile attribuire un certo numero di caratteristiche psicologiche ad individui accomunabili per qualche aspetto distintivo, operazione che viene fatta ogni volta che si dice di un altra persona mi piace o non mi piace, si può tutt'al più vedere la capacità di arricchire tale descrizione, o la capacità di distinguere se stessi come proiezione nell'altro dall'altro stesso, la sua personalità dalla mia, e questa é un abilità che un buon Counsellor non smetta mai dai fare, allenando si è correggendosi.
In termini tecnici, si dice che sono "strutture organizzative che preordinano il processo di attribuzione, le aspettative esistono sempre solo sono piú o meno influenzate e limitate da credenze, convinzioni, valori........
È importante sottolineare che tali "schemi" dipendono dal tipo di relazione che si stabilisce tra osservatore ed osservato, dalle loro reciproche attribuzioni e dagli scopi che guidano l’interazione stessa. Caratteristica sempre importante è la loro valenza anticipatoria, e di utilizzazione dell'esperienza stessa, (sia esse un esperienza cercata o capitata), ogni schema adottato o costruito, inconsapevole o consapevole è in grado di condizionare anche le valutazioni successive.
Noi siamo dentro ad una storia, una storia che parla di noi, questa storia è in parte già scritta in parte siamo noi a scriverlo, non si può sapere dove andrà a finire e cosa porterà con se, ogni storia é una storia d'amore perché l'umanità non può prescindere dalle relazioni che ritiene significative, importati, non si puó che parlare d'amore, per amore, nell'amore, con amore sull'amore, dove amore indica la relazione privilegiata con qualcuno o con qualcosa, la relazione che hai deciso o è accaduto che sia finita in primo piano, sia stata elicitata, posta in essere ed in divenire.
Ogni persona é posta in essere ed in divenire fino a che ha una fede, in qualcuno o qualcosa ed una speranza, in qualcuno o qualcosa, che sia anche solo il suo «Io sono».




mercoledì, marzo 20, 2013

Quando l'esperienza di Ipnosi Regressiva diviene terapeutica.

Quando l'esperienza di Ipnosi Regressiva diviene terapeutica.

Alcuni anni fa in occasione del nostro master intensivo estivo mi son trovato a lavorare con Andrea Gottardo, l'autore del racconto seguente, che riporta la sua esperienza in merito alla regressione vissuta con me.
Andrea é una persona particolarmente dotata di quell'intelligenza inconscia che rende le esperienze di trance molto profonde e particolari, é possibile osservare l'esperienza attraverso un video che é stato registrato all'occasione al link http://www.ipnosiprogressiva.com/materialepass/video/andrearegressiva.avi
Qui di seguito riporto la testimonianza scritta di Andrea con tutti i dettagli vissuti all'occasione che il video riesce a rendere solo in parte, l'intensità vissuta e la modalità di conduzione sono state particolari.

La torsione sincrona interiore
(racconto della regressiva fatto direttamente dal protagonista Andrea Gottardo)

…mi trovo a fuggire da un nemico… io disarmato.
Non lo vedo, ma sento che sta avanzando da lontano.
Sento le bombe, gli spari dei fucili, i mitragliatori ed ora i passi.
Mi ritrovo a correre in orizzontale attorno ad un monte erboso.
Non vi sono rifugi possibili! ...
Sono solo. Sono disperato ed in preda al panico.
Mi ripeto che questa guerra io non la volevo, ma ci sono dentro.
Sento che sto per morire. Immagino che a breve qualcuno mi sparerà…
…e corro…
Ora sono tremendamente disperato, tremo e penso alla mia famiglia.
Piango…
Mi fermo in una lieve conca a pregare intensamente, chiudendo gli occhi.
E quando in quell’attimo di mia torsione verso l’alto, alla mia richiesta di aiuto mi giunge una voce amica, una presenza, uno spirito o il mio spirito guida.
Lo sento e lo vedo con la mente nel suo splendore e nella sua pace.
Mi chiede se sono proprio sicuro di non avere una via di fuga facendomi percepire una direzione verso la quale voltarmi. Nel riaprire gli occhi, ripresi a correre in quella direzione certo di aver ricevuto un giusto consiglio...
Un po’ più avanti, appena dopo una collina, trovai una camionetta abbandonata.
Tutto andò per il meglio, arrivai al campo ... suonarono la ritirata.
Mi ritrovai ad abbracciare i miei tre bambini e mia moglie.
Ora lo spirito guida sembra allontanarsi, invitandomi ad andare a riposare.
E con l’abbandono ed il sonno, arrivarono tutti quei ricordi dei soldati morti.
Rivedevo gli uomini a brandelli e la carne ancora in balia degli ultimi impulsi vitali.
Molte notti insonne, molte notti a sognare sempre le stesse cose. Poi il risveglio ed il vagabondare per le stanze, in attesa, in ricerca dei perché. Ma nessuna risposta.
Lo spirito che mi era sembrato così vicino ora sembrava non volermi dare alcuna risposta. Tanto che, quasi rimpiango di non esser perito anch’io in battaglia.
Immeritevole di una così grande fortuna fu questo soldato.
E tanto ringraziò quella visione lucente, che poi altri lumi gli fece comprendere.
In un solo istante, le molte vite di quell'Io, furono unite.
dedicato al
Dott. Marco Chisotti
Trovo particolarmente bella e precisa questa descrizione di Andrea, di quella sera ricordo che, per una qualche ragione, ho "trasgredito" ad una regola che nella maggior parte delle volte si segue, e cioè lasciare che l'esperienza vissuta dalla persona segua il suo corso, limitando le domande alla descrizione di ciò che succede nella scena vissuta, sono intervenuto per far si che Andrea potesse trovare una scappatoia alla sua fine, e così é andata, ha deviato l'inevitabile fine trovando nuove risorse in sé.
Devo ringraziare Andrea per avermi "permesso" di comprendere un aspetto dell'Ipnosi regressiva che all'occasione può essere utilizzata, e cioè intervenire in modo diretto sulla persona offrendo gli la possibilità di trasformare un "destino" passivo in una produttiva ricerca di risorse e nuove possibilità.
Da allora in diverse occasioni son intervenuto con diversi clienti ottenendo spesso risposte utili e creative che son andate a rinforzare l'auto stima della persona, spesso infatti é importante che le persone trovino modo di recuperare, attraverso le esperienze ipnotiche, la fiducia in se stesse.
Credo che sia stata proprio l'occasione di lavorare con Andrea, dotato di quelle risorse adatte a mantenere uno stato di trance profonda, a permettermi di comprendere l'utilità di questo tipo di intervento nel corso di una trance regressiva, l'intuizione é alla base di molti momenti terapeutici, ma molte volte non si arriva al momento creativo dell'intuizione senza la collaborazione preziosa di una bella trance che ci da il tempo di guardare l'esperienza da un punto di vista diverso.
Molte volte mi capita di vivere personalmente lo stato mentale di trance guidando una persona nella sua esperienza regressiva, vuoi per l'intensità emotiva, vuoi per la particolarità della trama vissuta.
Di recente, assieme ad Antonello Musso, ci é capacitato di lavorare con Andrea Dicarlo uno dei giornalisti conduttori di Uno mattina storie vere, venuto in studio da noi per registrare un induzione di ipnosi regressiva in cui si é sottoposto alla regressione, é stata una delle occasioni in cui mi son sentito particolarmente coinvolto vivendo una trance a mia volta, intensa, simile a quella vissuta con Andrea Gottardo nella quale son riuscito a guardare le cose in un modo diverso.
Son convinto della straordinaria potenzialità dell'Ipnosi e della sua efficacia, penso sia importante sperimentare nel campo delle relazioni d'aiuto in modo da poter isolare e valutare gli effetti degli interventi realmente utili, nelle relazioni terapeutiche e d'aiuto, isolando li da tutti gli altri interventi non utili, spesso di ostacolo per gli operatori Coinsellor, psicologi, medici, psichiatri che siano.
Per chi fosse interessato a seguire la trasmissione televisiva su uno mattina la registrazione fatta nel nostro studio di Torino, dovrebbe esser trasmessa Lunedì 25 marzo 2013 prossimo al mattino dalle ore 8.30 in poi, data la trasmissione in un ora del mattino poco pratica da poter essere seguita provvederemo a render disponibile una registrazione su Youtube.

lunedì, marzo 18, 2013

Considerazioni sull'amore.

Considerazioni sull'amore.
Mi capita di vivere momenti in cui mi sembra di poter rispondere a domande esistenziali, di solito mi arrendo molto presto ma desidero condividere con chi è interessato le domande e le risposte che mi son venute a proposito della parola amore, ed in particolare nell'amore di coppia.
Forse il mio è solo un tentativo di dare forma ad un mondo affascinante e misterioso, ma voglio tranquillizzare subito il mio lettore dicendo che si parla dell'amore quando non lo si vive, o non lo si vive più o non lo si vive ancora, quando lo si vive è una cosa talmente bella che si evita di parlarne per non rischiare di rovinarlo.
Dunque chi si trova a vivere il processo dell'amore può anche evitare di leggerai le mie personali considerazioni, chi al contrario è interessato alla forma allora forse potrá trovarci qualcosa di interessante.
Quando un amore finisce?
Difficile dire se si sta insieme ad una persona per un tempo prolungato subentrano molte forme di attaccamento che rendono difficile la distinzione amore non amore, si rimane comunque legati, si condivide assieme la vita, si parla, si comunica ma non si fa piú l'amore, credo che il segnale che l'amore finisce stia in questi termini, non si vive più l'intimità, si rimane assieme ma non si sta assieme.
Mi accorgo subito che sto esprimendo un giudizio soggettivo, ma credo che l'indice più semplice per valutare se c'é ancora amore in una coppia è proprio il fare o non fare l'amore.
Ma la domanda potrebbe essere, per dire che c'è amore é sufficente sapere che si fa l'amore, purtroppo non è sufficente, si può fare sesso con l'altra persona e scambiarlo per amore dunque non è una prova sufficente.
Dovremmo distinguere ulteriormente tra sesso e amore, ma non è possibile subentra il giudizio soggettivo, molto personale e molto dunque molto soggettivo.
Quando un amore dunque finisce? In veritá l'amore è un processo complesso e come tutti i processi complessi non è riducibile, la mancanza d'amore si sente come il cambiamento del tempo, l'arrivo delle stagioni, si prova in molti modi a livello inconscio e conscio.
L'amore è un processo stocastico complesso, non ci possono essere indicatori precisi ed ognuno deve fare i conti con la propria sensibilitá, difficile dirsi.
Ecco che mi spiego l'arte, la musica, le canzoni, le poesie, i romanzi parlano delle esperienze d'amore, ne parlano in termini vaghi, approssimativi, mancano gli indicatori, i riferimenti.
Probabilmente nella stessa persona l'avmore nel corso della vita cambia, rendendo ancora più confusa la domanda quando si può dire che un amore é finito!
Dico probabilmente perchè è difficile ricordare l'amore, almeno per me lo è, l'amore è tale fino a che lo si vive, poi è altro, ma alla fine è sempre altro, comincia in un modo e poi si trasforma in altro.
L'amore è uno stato mentale alternativo allo stato di veglia, stato abituale di coscienza, nella sua manopifestazione più intensa ed ecclatante viene definito innamoramento, via via viene chiamato in modo diverso, viene vissuto con diverso sentimento, affetto, unione, abitudine .....
Difficile dire dove sta il confine tra queste diverse sensazioni, emozioni, difficile maggiormente se si considera che l'esperienza in un coppia cambia mo poche volte lo fa mantenendosi appaiata, il tempo dell'innamoramento, quello dell'affetto e quello dell'abitudine cambiano in maniera soggettiva complessificando ulteriormentele care.
Non è possibile qualificare ne quantificare l'amore, probabilmente però gli amori intensi trovano molte forme di sincronismo che altri amori non provano, gli amori intensi vivono di una complessitá sincrona, na una complessitá estetica la cui misura viene presa attraverso un processo stocastico, un processo per prova ed errore.
Allora si impara ad amare?
Probabilmente si per una parte dell'esperienza poi si vive l'amore in modo curioso approcciandolo di volta in volta in modo sempre diverso.
Nell'amore tra due persone si dice che ci sono nolte persone che interagiscono, credo ci siano almeno quattro persone, due persone consapevoli in grado di usare la ragione e due persone inconsapevoli in grado di usare l'intuito.
Quando ci si incontra e ci si innamora, in modi molto personali, si è guidati dal mondo inconscio, è tutto naturale e semplice, quando finisce questo momento intuitivo subentra poco alla volta la ragione che ci fa prendere le misure e tutto diventa un altra cosa, rimane affetto e poi abitudine, ma il tutto avviene spesso lentamente, tanto che quando ci si guarda nuovamente in faccia non ci si riconosce più.
Ora pur avendo ancora molto da dire mi fermo deve cominciare la giornata ed il tempo è tiranno, ma ci tornerò sicuramente, tornerò senza rileggere ciò che ho scritto, come mia brutta abitudine, ma tornerò a parlarne almeno fino a che non troverò modo di vivere il processo, in quel momento la forma dell'amore diventerà nuovamente superflua.

domenica, dicembre 30, 2012

Lettera aperta Scuola di Ipnosi Costruttivista A.E.R.F. Associazione Europea Ricerca Formazione Marco Chisotti

"Negli scambi tra esseri umani abbiamo a che fare, di solito, con cose che non possono essere comunicate apertamente: le premesse del modo in cui intendiamo la vita, del modo in cui costruiamo le nostre visioni della vita, e così via. Questi sono argomenti su cui le persone trovano molto, molto difficile parlare con precisione; […] Mi sembra che l’umorismo sia importante proprio perché fornisce alle persone un indizio indiretto del tipo di visione della vita che essi hanno o potrebbero avere in comune” Bateson

Cari corsisti, l'anno che sta arrivando sarà particolarmente importante per la nostra Scuola di Ipnosi Costruttivista, dal momento che si è presentata l'occasione di organizzare un nuovo percorso formativo, all'insegna delle esperienze fatte e delle nuove prospettive future. La legge sulle libere professioni, appena varata dal governo, ci permette infatti di affrontare le nostre esperienze professionali con la serenità di chi vuole costruire e sviluppare un nuovo mestiere nel campo della relazione d'aiuto.
La nostra idea è quella di coniugare assieme l'Ipnosi ed il Counselling nel nuovo contesto dell'Ipnoanalisi, creando una professione ed una competenza che mettano insieme il mistero dell'Ipnosi e la professionalità del Counsellor, in una competenza analitica ed operativa che permetta di generare un nuovo paradigma operativo di riferimento.
In base alla conoscenza ed all'esperienza dell'ipnosi nelle relazioni d'aiuto, si può affermare che l'ipnosi funziona nell'aiutare a superare difficoltà nell'esperienza di vita personale, dal momento in cui è libera dal dominio dei limiti e delle possibilità della conoscenza stessa.
Il motivo per cui l'Ipnosi risulta essere interessante e ricercata sta proprio nella sua dimensione misteriosa: l'idea che qualcosa di conosciuto possa essere la soluzione ai nostri problemi non convince nessuno. La ragione ed il ragionamento conseguente sono il primo tentativo che ogni mente intelligente fa per risolvere un problema. L'intelligenza è in grado di gestire l'esperienza cognitiva alla ricerca di una soluzione, ma cerca la risposta nel contesto stesso in cui si è generato il problema, non riuscendo in tal modo ad ottenere alcuna risposta utile.
La soluzione ai problemi viene dall'intuizione e dalla creatività della nostra intelligenza. Tutto ciò che è conosciuto è confinato nella ragione, tutto ciò che non si conosce dà adito a speranza e ciò che non si conosce si apre alla fede: credere di poter risolvere, affrontare, superare le esperienze della vita, apre a quell'esperienza creativa che il mondo della mente è in grado di costruire per noi.
In questo mi sento di dire che Voi rappresentate i paladini di una nuova era. I vecchi paradigmi della psicologia, la diagnosi, la prognosi derivanti da un mondo a stampo medico, lasciano posto ad un pensiero diverso, basato sull'ascolto e la condivisione, orientato alla ricerca delle risorse della persona, in un modo epistemologicamente nuovo e diverso di affrontare la vita.
Quello che si può dire è che questa riorganizzazione del pensiero, non essendo figlia di esperienze passate ed affrontando il nuovo con la libertà e l'ingenuità di chi muove i primi passi, risulta essere un'esperienza totalmente libera da tutti quei presupposti che tendevano a mantenere uno status quo.
In tutti questi anni di esperienza formativa mi sento di dire d'esser stato profondamente cambiato da chi come Voi ha affrontato, o affronta per la prima volta, l'esperienza della relazione d'aiuto verso gli altri. La conoscenza dell'intelligenza, dell'inconscio, di quel mondo misterioso che andiamo ad affrontare ogni volta che ci rivolgiamo con l'ipnosi alla mente creativa delle persone, ci illumina la strada senza cadere nei preconcetti di una scienza e di una conoscenza già note.
La parte più interessante ed utile dell'esperienza che ho ricavato dal mio lavoro con Voi è stata quella di aprire la mia mente al senso comune condiviso, ai presupposti che guidano in modo naturale i comportamenti umani, a quell'attrito, a quel non senso, a quelle esperienze che ci fanno ridere o piangere e che ci fanno vivere le nostre esperienze senza limiti né vincoli precostituiti.
Ora, come molti di voi, sono anch'io alla ricerca di uno spazio entro il quale condividere un'idea nuova di relazione d'aiuto, un'idea di aiuto che si basi su conoscenze e competenze che partono dallo sviluppo della mente creativa delle persone, nel tentativo di aiutarle ad affrontare la loro vita in modo significativo, utilizzando le risorse di cui non erano consapevoli e procedendo con quella speranza e quella fiducia che lavorano sul profondo della nostra organizzazione mentale, ottenendo risposte divergenti ed innovative.
Per questo voglio assicurarvi che il lavoro che stiamo sviluppando sarà utile, produttivo e che ci permetterà di affrontare le nuove situazioni, partendo dalla nostra esperienza soggettiva ed aprendoci ad affrontare la vita con una mentalità aperta e libera.
Gregory Bateson, nella citazione che ho riportato all'inizio, sta indicandoci la strada per una soluzione attraverso la cornice dell’umorismo. Immaginate un confronto tra l’asserzione con cui Wittgenstein conclude il Tractatus logico-philosophicus «Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere» ed il pensiero in cornice umoristica di Gregory Bateson: ciò di cui non si può parlare, non si deve tacere, se ne deve parlare di più. L'umorismo e la satira permettono di parlare di ciò che non si parla con facilità, come sa fare il giullare di corte, dicendo il vero senza creare sospetto o paura. Si deve parlare di più della mente e dell'inconscio ma in modo differente, libero da pregiudizi, perché è forse l’unico modo in cui valga la pena parlarne.
Ciò di cui vale la pena parlare, nella prospettiva di Bateson, sono proprio le regole del senso comune, gli aspetti più ordinari e quotidiani della nostra esperienza di vita, che risiedono nel nostro linguaggio, nei nostri impliciti, che non vediamo perché li abbiamo sempre sotto gli occhi, come ci dice Wittgenstein, e dire «li abbiamo sempre sotto gli occhi» è da intendersi nel senso che ci condizionano, ci rendono schiavi, limitandoci sia nei modi di come affrontare, che nei metodi con cui cambiare la nostra vita.
"Insomma si tratta di ricollocare l’imperativo del ‘conoscere se stessi’, che ci sembra così caratteristico della nostra civiltà, nell’interrogazione più ampia che rappresenta il suo contesto più o meno esplicito: come ‘governarsi’ esercitando azioni di cui si è l’obiettivo, il campo di applicazione, lo strumento utilizzato e il soggetto agente?” Michel Foucault.

È questo l'augurio per il nuovo anno: una nuova consapevolezza personale produttiva e creativa.

Vi abbraccio tutti in questa nuova prospettiva, anche da parte di coloro che con me costituiscono la nostra Scuola di Ipnosi Costruttivista.

Costanza Battistini
Ennio Martignago
Antonello Musso
Nicola Crozzoletti
Nazario Adesso
Francesco Tarsia
Adriano Bilardi
Attilio Scarponi
Danilo Ciminiello
Massimiliano Di Liborio.




lunedì, dicembre 24, 2012

Le radici del cambiamento: utile e vero nel mondo e nel linguaggiare.
Marco Chisotti.
"Se non c'è l'altro, non c'è nessun io. Se non c'è nessun io, non ci sarà nessuno a fare distinzioni". Chuang-tsu, IV sec. a. C.
"Dal punto di vista costruttivista la conoscenza non riguarda ciò che può o non può esistere, ma si concentra su quanto si è dimostrato utile. Invece di parlare di verità, intesa come la parte della conoscenza che rispecchia la realtà, i costruttivisti parlano di functionalfit (adattamento funzionale)" von Glasersfeld.

Nel processo di identificazione si assiste ad una ricerca continua da parte dell'individuo di auto affermazione, come in una rincorsa totale, un continuo affermarsi ed essere il primo, l'unico, il migliore.
Nel mondo dell'apparenza non c'è spazio per chi non è il primo, per chi non si presenta in prima fila, come non c'è spazio per nessuno di quelli che desiderano solo osservare, contemplare, guardare prima di agire.
Formatori, coach, esperti, tutti fanno a gara per presentarsi al meglio, e darti l'idea che sono gli unici a poterti portare in cima alla vetta, al tuo cambiamento.
Il linguaggio, strumento di comunicazione, si presenta spesso come una raccolta di parole esaltanti, come perfezione, magnificenza, eccellenza, tutti concetti che riempiono la bocca di chi vuole mettere il mondo sotto di sé.
Ascoltando queste persone emerge il loro bisogno di primeggiare su tutto e su tutti, a partire dalle parole che usano, le espressioni, le congiunzioni, gli aggettivi, ogni atto comunicativo è come il tentativo continuo di dominare persone e situazioni.
Ricordo che un tempo si parlava della comunicazione assertiva, nel tentativo di insegnare alle persone a cambiare modo di comunicare, a rendersi chiari, si insegnava loro a dominare gli altri, un'escalation di comportamenti, intenzioni, senza limite, un continuo primeggiare, essere al meglio, una rincorsa per salire sempre più in alto.
Viviamo un Mito forzato, continuo, nel cinema, nel teatro, ogni rappresentazione é mitica, ogni momento della vita viene rappresentato dalla televisione, dai giornali, come sensazionale, ogni cosa deve fare notizia, viviamo in una continua esaltazione, una continua allucinazione, i nostri sensi sono costantemente stimolati, i nostri pensieri esaltati, il cambiamento é un "must".

Tradotta dal greco Mithos (mito) indica una parola, un discorso, una narrazione, l'esposizione di un'idea o un insegnamento sotto forma allegorica o poetica, porta con sé l'idea di fantastico, di sacro, nell'evoluzione dell'umanità il mito rappresenta la tappa che possiamo identificare come la fase finale di una crescita, o la modalità di controllo degli istinti primari.
Il mito lo si può vedere nel tentativo dell'individuo di primeggiare, dominare gli altri, ponendosi sopra ogni cosa, giustificando il gesto con la propria visione mitica del mondo.
Dalle azioni simboliche, le azioni che trasportano un significato, una comunicazione, si passa ai gesti ritualizzati; dal disordine, nel quale ci si trova confusi, si va verso un ordine considerato come sacro, con l'intento di scoprire il vero, l'autentico. Poco alla volta si disvelano i propri miti, una conoscenza che si distacca da tutto il resto per descrivere quello che é il nostro sogno, il nostro cambiamento.
Mi sembra di cogliere il paradosso di tutto questo, da un lato l'individuo che esalta il suo mondo ed il suo io, dall'altra una società che spinge a controllare, gestire, attraverso il linguaggio, la comunicazione ed ogni singola esperienza, tutti i momenti della nostra vita.
Individuo e società, si contrappongono l'uno contro l'altra, come se entrambe volessero dominarsi per dominare ogni cosa, due estremi di un realismo che alimenta i nostri credo, le nostre convinzioni.
Il Costruttivismo radicale nega due dei presupposti del realismo, l'esistenza e l'indipendenza di una “realtà” esterna stabile, per il costruttivismo la costruzione del significato è un processo prevalentemente individuale. L'individuo, nella sua esperienza, si comporta in modo individualista, esaltando la sua indipendenza, tentando di dominare il mondo.
Sul fronte sociale, al contrario, Costruzionismo sociale, si esalta la costruzione del significato, come un processo collettivo, linguistico, culturale, la conoscenza è dunque frutto di una costruzione condivisa da diversi soggetti, appartenenti alla medesima comunità culturale, che interagiscono tra loro, attraverso il linguaggio, “tutti i sistemi umani sono sistemi linguistici”.
Attraverso il linguaggio, la parola, il Meme, quella minima porzione di linguaggio che ci guida, ci orienta, ci rende forti, ci fa decidere, la vita e la conoscenza si impongono su ognuno di noi, e lo fanno attraverso una consapevolezza, Mindfulness, un sottile modo di guidarci, di condizionarci, facendoci perdere il "senso comune condiviso della vita", alimentando il nostro narcisismo attraverso l'onnipotente credo individualista.
Non esiste un osservazione “neutra”, i termini e i concetti, teorici ed empirici, sono “artefatti sociali”, i presupposti ritenuti evidenti hanno un origine storica e socio-culturale, non esistono “verità assolute” ma solo "verità" relative, si assiste in tal modo a una sostituzione della nozione teoretica di verità con quella pragmatica di retorica, si vive in tal modo un'idea pragmatica del reale, la vita è così un continuo parlare, comunicare, un "Linguaggiare".
Linguaggiare serve, tra le altre cose, ad orientare, nel senso di dirigere l'attenzione e di conseguenza l'esperienza individuale degli altri, che è un modo per incrementare lo sviluppo di "dominii consensuali" come ci suggerisce Maturana, che, a loro volta, sono i prerequisiti per lo sviluppo del linguaggio.


Le forme linguistiche negoziate di "comprensione" sono connesse a “forme di vita” come dice Wittgenstein, sono le descrizioni e le spiegazioni, scientifiche e non scientifiche, sono forme di azioni sociali, un fare le cose con le parole, “dire è fare” ci ricorda Austin.
Si assiste a un dominio della dimensione pragmatica, propria del funzionalismo, "Basta che funzioni!", si vive nella impossibilità di fondare una teoria, un metodo "vero", e la verità diviene un prodotto culturale storicamente contingente.
Credo che ogni singolo individuo si debba confrontare con gli altri, il risultato che emerge è che viene presentata una forma di utilità con la quale vivere, l'"utile" collettivo prende evolutivamente il posto del "vero".
Si può vedere come sia per l'individuo che per il gruppo di riferimento, ogni singola esperienza, dal punto di vista pragmatico, finisce col diventare un'esperienza "utile" ed il concetto di "vero" passa in secondo piano, lasciando spazio all'adattamento funzionale, quel concetto che il costruttivismo chiama "viabile".
È sul concetto di "viabile" che ci si deve confrontare, la vita, per come la conosciamo, é una forma intelligente di adattamento, si nutre di esperienze utili alla vita stessa, il concetto di vero é una forzatura, un bisogno singolo elevato a bisogno collettivo.
La cognizione non è un mezzo per acquisire la conoscenza di una realtà oggettiva, ma serve all'organismo attivo per il suo adattamento al suo mondo esperienziale, l'efficacia operazionale corrisponde, nella visione costruttivista, al concetto di "viabilità"' e coincide nella storia della filosofia allo slogan lanciato dai pragmatisti all'inizio del secolo: "Vero è ciò che funziona".
Il vivere non ha esistenza senza l’attività di distinzione di qualcuno, proprio come disse Vico, primo pensatore costruttivista, il soggetto cognitivo può conoscere solo fatti, e i fatti sono elementi fatti, dal latino: facere, dal soggetto stesso, noi esistiamo perché ci distinguiamo, perché ci pensiamo e pensiamo al mondo attorno a noi come frutto delle nostre distinzioni.
"Se accettiamo che ciò che distinguiamo dipende da ciò che facciamo, come fa la fisica moderna, noi operiamo sotto l'assunto implicito che, come osservatori, siamo dotati di razionalità, e che ciò non può nè ha bisogno di essere spiegato. Allora, se riflettiamo sulle nostre esperienze come osservatori, scopriamo che la nostra esperienza è che troviamo noi stessi osservanti, parlanti, o agenti, e che qualsiasi spiegazione o descrizione di ciò che facciamo è secondaria alla nostra esperienza di trovare noi stessi nel fare ciò che facciamo" Maturana.
Così il vero, il linguaggiare, ogni concetto, idea, Meme, sono frutto di un fare distinzioni di distinzioni, e questo é Utile e Viabile per la vita.










lunedì, dicembre 03, 2012

Per tornar ad esistere, oltre alle parole, nei fatti. Marco Chisotti

Per tornar ad esistere, oltre alle parole, nei fatti.
Marco Chisotti.

Ogni tanto scopro di star facendo una cosa di cui non conoscevo ancora il nome, son sempre sorpreso come sia magico l'appropriarsi di una pratica semplicemente inventando il nome, son ancora più sorpreso di quanto facilmente ci si dimentichi dell'origine delle esperienze ed inventando un nome, il verbo, ci si possa appropriare di tutto quello che ha preceduto l'invenzione del nome stesso.
Non voglio tener sulle spine nessuno prima di svelare il concetto, il nome, ma ho imparato a dosare i miei pensieri per permettere alle persone di entrare in sintonia col pensiero che intendo esporre, così vi voglio portare un esempio di ciò che intendo. 
Di recente son venuto a conoscere la storia della tastiera su cui ogni persona che possegga un computer scrive, probabilmente é una storia che molti di voi ha già sentito, ma voglio ragionare sull'esperienza.
Considerando la tastiera su cui scrivo, la posizione delle lettere sulla tastiera é originata da un problema meccanico presente nelle prime macchine da scrivere, queste infatti intoppavano in un problema, quando una persona abile a scrivere a macchina aumentava la propria velocità di scrittura, i caratteri inchiostrati tendevano ad incastrarsi tra loro prima di battere sulla carta.
Se conoscete la meccanica delle vecchie macchine da scrivere vi tornano facilmente in mente i braccetti che si sollevavano dall'arco di tutti i caratteri dove erano ospitati all'interno della macchina da scrivere. 
Si ovviò al problema tendendo ad allontanare tra loro i caratteri più ricorrenti nelle parole, in modo tale da diminuire statisticamente l'incarico dei bracci tra loro. Così fu inventata la tastiera che fu poi ereditata dal mondo informatico dove non sussistevano problemi meccanici, si sarebbe potuta modificare la classica tastiera ma non fu così, sarebbe stato troppo dispendioso procedere ad un cambiamento così esteso e si tenne la tastiera così come fu progettata per le macchine da scrivere meccaniche.
Arrivo al dunque la parola oggetto del mio pensiero é Mindfulness una parola composita inglese che comprende il concetto di Mente (Mind) e quello di Pienezza (Fulness) l'idea é quella di rendersi consapevoli dei meccanismi mentali con cui ci rendiamo conto della nostra vita, un termine che deriva anche dagli insegnamenti Buddisti.
Inventare un nome permette di appropriarsi di ciò che il nuovo concetto comprende, permette di reindirizzare uno scopo, un fine.
Nel mio lavoro io mi impegno ad aiutare le persone a riappropriarsi della loro vita lasciando gli automatismi per riappropriarsi della propria consapevolezza, ho sempre parlato di organizzare la mente delle persone portandole alla consapevolezza, il concetto di organizzazione mi ha permesso sempre di far decidere alle persone quali erano le cose che dovevano appartenere alla loro vita, e quali no.
Come ricordo spesso organizzazione e struttura differiscono tra loro per il fatto che le strutture possono cambiare lasciando intonso il concetto di un organizzazione, una sedia ad esempio può essere fatta di materiali diversi, ma ciò che non può variare é la sua organizzazione, il rapporto tra i suoi componenti, gambe, schienale, sedile, se si modifica questo rapporto, la sua organizzazione, non avremmo più l'idea di sedia, avremo una panca, uno sgabello, non più una sedia.
Così mi son reso conto che da 25 anni, il tempo da cui pratico la mia attività professionalmente, stavo facendo Mindfulness, e mi son sentito come esautorato della mia competenza dall'invenzione di una parola, poi mi son chiesto se rispondeva al mio concetto di "sedia" e mi son accorto che forse era una cosa diversa, forse stavo perdendo la mia organizzazione per qualcos'altro.
Ricordo che ho avuto la stessa sensazione quando ho studiato per la prima volta la PNL scoprendo che non avevano inventato altro che un contenitore in cui avevano messo dentro la Gestalt di Fritz Pearls, l'Ipnosi di Milton Erickson, la Terapia della Famiglia di Virginia Satir, il tutto in un unico modello, sicuramente utile e funzionale ma figlio degli autori che per primi avevano lavorato in quel metodo.
Si dimentica l'origine, si dimenticano i motivi per cui si facevano certe cose e si procede con un punto a capo perdendo il motivo, il perché del come e procedendo ad insegnare il come dentro ad una precisa procedura.
Il pragmatismo americano ha sicuramente rivoluzionato in mondo del fare, ed é stato un gran vantaggio per tante cose, ma non può cancellare l'origine, la prassi uccide la creatività e questo non é corretto, allontana dalla possibilità di comprendere come affrontare la vita nella consapevolezza stessa.
Dire come fare le cose é di aiuto ma non si deve dimenticare come le cose stesse sono nate per non dimenticarsi che é possibile cambiare strada facendosi la domanda giusta.
Ritorno speso alla magia di Aristotele, lui aveva ipotizzato delle cause per spiegare il cambiamento, infatti lo si può vedere sotto la celebre dottrina delle 4 cause : 
Causa Materiale: indica ciò di cui una cosa è fatta (nel caso di un bicchiere, per esempio , il vetro) 
Causa Efficiente (o motrice): indica ciò che mette in moto la cosa, ciò che fa avvenire il processo (nel caso di una bicchiere, il vetraio) 
Causa Formale: indica la forma che acquisirà il vetro (forma di bicchiere) 
Finale: indica lo scopo per cui è fatto il bicchiere (nel caso del bicchiere, per contenere delle bevande). 
Aristotele utilizza le 4 cause per gli enti naturali, ma si serve di esempi del mondo artificiale-umano perché così può rendere più visibili cose che nel mondo naturale sono meno visibili.
Ora la domanda giusta deve sempre tener conto del fine, lo scopo, l'intenzione é il nocciolo, il fulcro, il centro delle scelte, delle decisioni, nel fine ci sta il motivo per cui facciamo le cose.
Il fine va sempre preso in considerazione all'inizio di ogni processo, così anche nel caso di costruire una nuova categoria, un nuovo contenitore, il fine ci deve far comprendere dove vogliamo andare, e ci deve permettere sempre di cambiare strada se non ci piace piú, se non é piú utile.
In ambito psicologico Mindfulness significa essenzialmente "consapevolezza" dei propri pensieri, azioni e motivazioni, la consapevolezza parte dalla possibilità dell'essere umano di dissociarsi, la dissociazione, mi guardo dall'esterno e prendo consapevolezza di me stesso, é alla base del processo ipnotico, così Mindfulness implica un processo di cambiamento di stato mentale, cambio prendendo consapevolezza di me stesso dissociandomi da un me stesso ed associando i ad un nuovo modello di Me.
Mindfulness è quindi una modalità di porre attenzione, istante per istante, nell'hic et nunc, intenzionalmente ed al di la della critica e del giudizio, al fine di risolvere (o prevenire) il disagio o la sofferenza interiore, e raggiungere un'accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza che comprende: sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni. 
Un lasciarsi guidare da ciò che oggi spesso viene chiamiamo come il nostro Spirito guida, l'intuizione, l'illuminazione, un processo creativo e costruttivo interiore.
La tecnica dell'Ipnosi Costruttivista Meditativa prevede i seguenti momenti:
Contemplazione del corpo
Consapevolezza del respiro
Consapevolezza delle posizioni del corpo
Consapevolezza delle azioni del corpo
Consapevolezza delle parti del corpo
Consapevolezza degli elementi
Contemplazione delle sensazioni (estetica)
Contemplazione della mente intelligente (inconscio)
Contemplazione degli oggetti della mente
In riferimento ai cinque limiti della mente
(invidia, malizia, indolenza, ansia, dubbio)
In riferimento ai cinque punti di forza interiori (la forza, la sensibilità, il pensare, l'istinto, la coscienza o consapevolezza)
In riferimento alla sei basi interne e alle sei basi esterne dei sensi (occhi, orecchie, naso, lingua, corpo, e le realtà esterne corrispondenti)
In riferimento ai sette fattori del risveglio (presenza, attenzione, energia, gioia, serenità, concentrazione, equanimità, la capacità di non attaccamento, indipendenza, libertà).
Questa tecnica di Ipnosi Meditativa aiuta a prendere consapevolezza di se, se vogliamo avvicina al nostro concetto di Mindfulness ma in una lettura per la persona in cui si può affermare nel proprio protagonismo lasciandosi alle spalle gli anonimi automatismi e le de-personalizzanti abitudini del lasciarsi vivere.