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martedì, gennaio 21, 2014

La coscienza come abitudine. Marco Chisotti.



La coscienza come abitudine. Marco Chisotti.

Ave! Formula latina di saluto e di augurio, usata a volte tra religiosi o aggiungerei tra counsellor).

Vi sarà capitato di accorgervi quanto sia più semplice ripetere un esperienza acquisita da tempo piuttosto che cambiarne l'organizzazione, pensiamo alla strada che facciamo per tornare da casa, ci son dei percorsi che abbiamo memorizzato e che semplicemente ci vengono automatici, la comodità sta nel fatto che posso permettermi di pensar ad altro che la strada la percorro automaticamente, di solito diciamo d'essere sopra pensiero mentre guidiamo la macchina o camminiamo.
Non so voi ma io mi stupisco sempre di questi straordinari sistemi di condotta che sono automatici proprio perchè fuori dalla consapevolezza ordinaria, mi piace pensare che una parte di me, ciò che chiamo inconscio, si interessi di guidare, camminare, al posto mio, portandomi a destinazione senza disturbarmi.
Nella vita quotidiana abbiamo molti momenti in cui riusciamo a far contemporaneamente più cose, per me è sempre stata una necessità far più cose alla volta, il rischio era la distrazione, se il "compito" non è sufficientemente complesso la mia mente si prende la libertà di pensar ad altro distogliendomi concentrazione, nello studiare questo vizio è sempre stato un problema per me perché il mio inconscio si prende la libertà di considerare ed impegnarsi solo verso argomenti che ritiene interessanti.
La lettura ad esempio è per me una grande fonte di distrazione, difficilmente risulta scorrevole, il più delle volte è lenta e travagliata, quasi avessi più parti di me che concorressero, in maniera separata, a raggiungere un risultato, ed a pensarci bene è poi così che funziona, ci sono più azioni che alla fine creano un comportamento che ci da il risultato atteso, spesso noi abbiamo il risultato finale e tutto il resto è andato per proprio conto.
Mi son chiesto se queste cose, gli automatismi, sono possibili anche per compiti più complessi e della giuda di un automobile o del camminare, la particolarità delle abitudini è che son frutto di esperienze ripetute nel tempo fino al raggiungimento di una prassi molto precisa, se si osserva una persona che svolge un operazione in automatico, come ad esempio un lavoro artigianale, si può notare con facilità quanto tutto quanto sia sviluppato con semplicità, rapidità, precisione, e se si osserva bene, con eleganza.
Il principio di economia, minimo sforzo massimo rendimento è rispettato alla perfezione dietro ad ogni abitudine consolidata nel tempo, assieme è facile notare l'eleganza con cui si porta avanti l'esperienza, un eleganza dettata proprio dal principio di economia unito a tanti altri aspetti, meno evidenti, tesi al risultato finale.
È straordinaria dunque l'acquisizione di comportamenti automatici che vengono appresi ed automatizzati, fino a creare vere e proprie competenze complesse che sono sviluppate automaticamente, ma è possibile pensare che esistono delle esperienze ancora più complesse che noi tutti facciamo al pari delle competenze frutto ci azioni e comportamenti?
La risposta è si! Esistono esperienze complesse di cui noi non possediamo consapevolezza e che però sviluppiamo costantemente ogni giorno, son arrivato a pensare che la coscienza sia una di queste esperienze, ma cerchiamo di analizzare le azioni, i comportamenti e le competenze che son comprese nel processo della coscienza, mi aiuterò coll'affrontare le variazioni ad un'abitudine ed il loro impatto sulla nostra consapevolezza in modo da mettere in evidenza ciò che facciamo dietro l'esperienza della coscienza senza renderci conto.
Intanto è bene considerare che la memoria degli eventi è favorita da quegli elementi straordinari e non da gli elementi ordinari, l'attenzione a ciò che si fa aumenta quando si incontrano variabili inconsuete, tutto ciò che è compreso nell'ovvio non alza il nostro livello di attenzione, anzi ne abbassa il livello.
Credo che la coscienza sia un abitudine, come tante complesse esperienze che svolgiamo con semplicità ma che all'origine hanno richiesto un lungo periodo di "allenamento", forse la coscienza è l'esperienza più complessa che svolgiamo, in cima alla lista delle nostre competenze, credo sia alla base ed all'altezza di tutto il nostro vivere, un vero e proprio contenitore di tutto il nostro sapere, fare ed essere contemporaneamente.
Mi son sempre incuriosito dei processi complessi, ho come una piacevole sensazione nel perdermi nell'infinito spazio del comprensibile, son convinto sostenitore del principio costruttivista che sostiene: "La realtà è un invenzione, una costruzione della notra mente, non una scoperta!".
Ad intenderci credo si possa sostenere che noi scopriamo quello che il nostro "inconscio" costruisce per noi, per cui la coscienza possiede la scoperta che a sua volta è posseduta dalla costruzione del nostro inconscio, il quale a sua volta abbia a che fare con il "caso" e la complessità, trasformando per noi qualcosa di complesso e casuale in qualcosa di sufficientemente semplice da esser declinato in un processo finalizzato che è la vita.
Mi sto accorgendo che la "cosa" si sta facendo complessa e dunque aumenta per me, ma credo per tutti, il processo confusivo, la complessità sento che sta sulla sponda del sacro, di ciò che non si può nominare, la coscienza è sacra per quanto è complessa, noi possiamo viverne gli effetti ma ci è precluso raggiungerne l'origine, violeremmo il secondo principio della cibernetica, Heinz von Foerster e Margaret Mead introducono l'idea che l'osservatore non può mantenere una posizione esterna e neutrale rispetto al sistema osservato, nel nostro caso la persona che osserva se stessa, non può sviluppare una coscienza di se che comprenda la coscienza della coscienza di se, ma entra a far parte del processo e delle operazioni soggettive del conoscere che faranno emergere quella realtà e non un'altra, la persona entra in quell'abitudine che gli fa emergere l'idea che si è costruita negli anni di se che chiamiamo coscienza.
Se pensiamo alla coscienza, o semplicemente ad un processo di consapevolezza, dobbiamo considerare il concetto di causalità circolare, un concetto che è stato considerato da Luhmann, Pardi, Lanzara, Atlan , Lovelock, Morin, Pepe, scienziati del pensare che hanno sostenuto la rivalutazione del concetto di causalità come una delle basi della complessità stessa. 
Descrivere il funzionamento dei sistemi in funzione di anelli di retroazione introduce una prospettiva che supera la causalità lineare alla quale tradizionalmente si usa ricondurre i fenomeni che osserviamo ed in cui tendiamo a mettere la stessa coscienza.
La causalità lineare vuole che, ad esempio, A sia la causa di B; a sua volta, B potrebbe causare C che determina D. Ma se a questo punto immaginiamo D come un’informazione che retroagisce su A, abbiamo un’idea di cosa sia la causalità circolare, la coscienza risponde a queste regole complesse, ed i passaggi intermedi sono molti e molti di più di quelli comprensibili, memorizzabili e dunque "coscientizzabili".
La causalità, grazie alla cibernetica ed ai circuiti di feedback, non è più vista come lineare ma come ricorsiva, circolare, autoreferente. Le conseguenze di questo ragionamento divengono sostanzialmente due. La prima è la difficoltà di fare una distinzione tra causa ed effetto in una situazione in cui il prodotto di una causa ritorna circolarmente sulla causa stessa. In un processo di coscienza una causa può essere al tempo stesso il prodotto del suo effetto; l'elemento "causante" la coscienza può essere al tempo stesso ciò che viene causato, la coscienza stessa, generando un paradosso, ricordate Groucho Marx quando afferma: "Non vorrei mai fare parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me".
La seconda difficoltà nel comprendere un fenomeno di coscienza riguarda la possibilità che in un sistema molto articolato e complesso, come è la mente umana, una causa può produrre effetti diversi (multifinalità) ed uno stesso effetto può essere prodotto da cause diverse (equifinalità).
Credo sia sufficiente per comprendere il ginepraio in cui ci si mette quando si sconfina l'ovvio, l'abitudine di dar per scontato che esiste qualcosa che è la coscienza, ma a rende più complessa ed interessante la "coscienza" e le sue abitudini ci pensa Gregory Bateson, ricordo che lessi la sua opera quando iniziai ad interessarmi di sacro e coscienza,

Nella concezione costruttivista di Gregory Bateson, la conoscenza è un processo che prende forma attraverso la relazione di più parti coinvolte. La relazione, per Bateson, viene prima di qualsiasi altro atto possibile, prima della conoscenza e della coscienza stessa, la relazione rende la coscienza una non abitudine. 
Infatti prima ancora di relazionarsi, gli esseri viventi esistono, proprio per il fatto di essere in relazione nella danza creatrice, non si può esistere come entità senza che ve ne sia un'altra in relazione. Conoscere e conoscersi significa relazionarsi con un oggetto/evento/soggetto: A e B non potrebbero esistere se non in funzione della relazione che li connette. Prima ci sono le relazioni, mentre i loro termini (le cose) sono secondari, sebbene nelle nostre abitudini di pensiero la gerarchia sia spesso rovesciata, pensiamo che esista una realtà a prescindere dalla relazione cognitiva con essa. 
L'attenzione di Bateson si sposta dal contenuto alla forma, da quello che avviene nel contesto al contesto, dai fenomeni che sono in relazione alla relazione stessa. Al posto di un mondo popolato da “io” isolati e ben definiti, coscienti e consapevoli, egli annuncia comunità circolari e comunicanti di soggetti che esistono in quanto sono, per definizione, in relazione con altri soggetti. 
Il “cogito ergo sum” di Cartesio viene sostituito dal “penso dunque siamo” che suggerisce Heinz von Foerster, dove la formulazione di ogni pensiero, pur appartenendo al singolo individuo, deriva dall'interazione con un meccanismo mentale di più grande respiro, al di fuori di un abitudine soggettiva, incrociandosi con abitudini collettive, il cui risultato sfocia nella complessità del sacro, la relazione la puoi solo vivere, non la puoi contenere in una coscienza soggettiva.
Bateson prende le distanze da Sigmund Freud che apriva la mente verso il mondo interno riportando tutti i processi all'interno del corpo, lui estende la mente e dunque la coscienza al mondo esterno, le cose e dunque la realtà sono guardate con la trama con cui son fatti i sogni ed il mondo delle idee, ma fatte attraverso le azioni, i comportamenti, le competenze acquisite e rese abitudini, in stati mentali, la cui memoria dipendente ci apre una porta alla volta, facendoci prendere coscienza, nel qui ed ora, di una piccola porzione del possibile, rendendo la nostra coscienza, nello scorrere del tempo, una grande abitudine a trattare piccole abitudini di vita.


lunedì, gennaio 06, 2014

Essere, sapere e ..... Tutto il resto. Marco Chisotti

Essere, sapere e ..... tutto il resto. Marco Chisotti.

“La vita non è come dovrebbe essere. E’ quella che è. E’ il modo in cui l’affronti che fa la differenza.” Virginia Satir. 

Sarebbe bello metter a frutto tutto ciò che leggi, segui, incontri, sarebbe bello apprendere ed imparare dalle esperienze senza esitare, purtroppo bisogna vincere la propria "conoscenza" la propria "coerenza" interna, il proprio linguaggio che apparentemente descrive il reale, in realtà lo costruiscono in ogni sua parte.

Ci sono die atteggiamenti molto importanti da tenere presenti - mettere in discussione ed essere umili - sono due delle più importanti caratteristiche del costruttivismo che dice

[a] Non c’è una Unica soluzione finale o conclusione che possa essere tratta nell’esperienza umana [Ogni cosa può essere messa in discussione, sempre], e
[b] Non c’è una persona che può sapere tutto [quindi nessuno può comportarsi con arroganza anziché essere umile di fronte alla sua ignoranza]
Da quando mi son circondato di perchè, da piccolo mi chiamavano il
bambino dei perchè ho sempre cercato di controllare l'idea che la conoscenza possa essere di tutto, rimane una parte, una grande parte, di inconscio, un mistero che ci permette d'esser umili da un lato, anche solo comprendendo il potere delle nostre intuizioni, che derivano da una dimensione non consapevole della nostra mente, e un mistero ci permette di metter in dubbio e vivere il dubbio del conoscere, attraverso la nostra cognizione, nell'espressione della nostra mente che chiamiamo intelligenza cognitiva.

"L’uomo deve spingere contro i limiti del linguaggio. Pensate ad esempio alla meraviglia che qualcosa esista. Questa meraviglia non può essere espressa sotto forma di domanda e ad essa non c’è risposta. Qualsiasi cosa diciamo deve essere, a priori, una sciocchezza. Nonostante ciò noi spingiamo contro i limiti del linguaggio. Anche Kierkegaard ha riconosciuto questa spinta e l’ha anche descritta quasi nello stesso modo [come una spinta contro il paradosso]. Questa spinta contro i limiti del linguaggio è l’etica. Considero molto importante mettere fine a tutte le chiacchiere riguardanti l’etica - sia che ci sia una conoscenza nell’etica, che ci siano dei valori, sia che il Buono possa essere definito, ecc. nell’etica si cerca costantemente di dire qualcosa che non tratti e non possa mai trattare l’essenza della materia. È certo a priori che, qualsiasi definizione si possa dare del Buono, è sempre un malinteso supporre che la formulazione corrisponde a ciò che si intende veramente, [Moore]. Ma la tendenza, la spinta, indica qualcosa." Wittgenstein.

Noi viviamo in un dominio linguistico, la conoscenza ci obbliga mantenendoci legati ad una realtà che dobbiamo conoscere per poterci muovere in essa, non possiamo avere incertezze, dobbiamo vivere il senso compiuto di una percezione precisa di noi stessi, la sicurezza si basa proprio su questi presupposti irrinunciabili, per questo dobbiamo mantenerci critici verso ogni cosa, vivere nel dubbio per poterci confrontare con la nostra vita.

Voglio riprendere la preghiera del costruttivista di G. A. Kelly perché mi sembra molto utile a mantenerci allenati a prenderci meno sul serio.

Essere nessUno Sapere Qualcosa e Ogni cosa

nessUno può sapere tutto
nessUna versione dei fatti può essere completa
nessUna realizzazione della realtà può essere la versione finale del divenire umani

Qualsiasi conoscenza attuale nel futuro diventerà irrilevante
Qualsiasi cosa ora utile diventerà ridondante
Qualsiasi cosa che ora sembra definitiva si rivelerà essere incompleta

E

Ogni cosa di cui veniamo a conoscenza non potrà mai esaurire il dominio dell’ignoto
Ogni cosa che pensiamo di sapere serve solo ad oscurare la nostra ignoranza
Ogni cosa che scegliamo di credere necessariamente nega realtà alternative

Credo esista una "cura" al limite dell'uomo che non può percepire oltre a ciò che conosce, ma può stupirsi, credo sia la dimensione del Sacro, di ciò che che è l'azione del vivere senza spiegazione, senza significato, quando siamo in grado di vivere spontaneamente la meraviglia di essere - al - mondo, scoprendo le connessioni emozionanti tra noi stessi e tutto il mondo intorno, ma questa capacità è rimasta pressoché nei bambini, pochi adulti la vivono ancora. 
Ognuno di noi aveva questa capacità di vivere nel Sacro prima che il linguaggio ci trasformò in umani - con - intenzionalità, la vita non ha uno scopo, ne un fine, siamo noi a darle intenzione, fine e scopo coi nostri meccanismi causali. 
Dopodiché siamo diventati ciechi all’opera del Sacro dentro il nostro essere. Se siamo fortunati, manteniamo la capacità di essere occasionalmente meravigliati e stupiti, dall’intero sistema in cui il nostro vivere è incastonato nel quotidiano abitudinario vivere.


giovedì, gennaio 02, 2014

Il cambiamento nulla di più che un tornado. Marco Chisotti

Il cambiamento: nulla più che un tornado. Marco Chisotti

"Tutto ciò che viene detto é detto da un osservatore ad un'altro osservatore, che potrebbe anche essere se stesso."
Humberto Maturana.

Così nasce l'era della narrazione, la scienza, sostenuta dalla tecnica, sua diretta applicazione, si è messa a narrarci la nostra storia, ma lei, che siamo noi, come può parlare di noi che siamo lei?
Siamo dentro un paradosso e dobbiamo convivere con questo limite, dobbiamo tornare all'esperienza e considerare quella come base, non è l'atomo che fa la cellula, ne la cellula fa il cervello, ne il cervello fa l'intelligenza, ne l'intelligenza fa la coscienza.
Edgar Morin sottolineò molto bene che la somma delle parti di un sistema è più o meno del lavoro delle singole parti, quando si lavora in sincronia e sinergia la somma totale è più della somma delle singole parti, altrimenti può esser meno del lavoro delle singole parti quando non c'è un utile organizzazione, o meglio autorganizzazione delle parti, questa è una cosa semplice da constatare in qualunque esperienza di gruppo che vi venga in mente. Ciò che è sotteso in questo concetto è che la somma è qualcosa di diverso, qualcosa che nasce proprio dal fatto che le parti si trovano a lavorare assieme, è il fenomeno dell'"emergenza" che desidero mettere in luce.
Varela, (2001) prima di lasciarci prematuramente, porta l’esempio del tornado per descrivere il fenomeno dell’emergenza e il suo rapporto con l’auto organizzazione. All’inizio in circolazione nell’atmosfera ci sono innumerevoli particelle di aria e acqua (questo è un normale fenomeno locale). Le fluttuazioni casuali cioè il movimento non ordinato, disordinato, delle particelle, possono condurre, non sempre o necessariamente, ad un "ordine per fluttuazione" (Prigogine,Stengers) che chiamiamo autorganizzazione appunto. Nel meccanismo dell’autorganizzazione, secondo Prigogine, caos e necessità giocano lo stesso ruolo la cui caratteristica è appunto quello che sembra un ossimoro: un’ordine caotico, in un originale contrasto.
Se prendessimo un mazzo di carte le mischiassimo, e le trovassimo tutte in un preciso ordine di scala decrescente dalla prima all'ultima ci stupiremmo immensamente, dimenticando che quel preciso ordine che noi vediamo è un ordine n'è più ne meno di una qualunque altra combinazione possibile, è il nostro modello di ordine ed aspettativa che genera in noi la straordinaria sorpresa.
Attraverso l’autorganizzazione, delle gocce e dell'aria, emerge dall’oceano delle fluttuazioni una nuova struttura, un fenomeno globale - il tornado- con una diversa identità e diverse proprietà un diverso ordine: le gocce di aria e acqua non sfondano case. Il tornado non ha un esistenza sostanziale materiale ma esiste unicamente come pattern relazionale. Ugualmente agli atomi di sale che buttiamo nell’acqua della pasta che dissolta la loro struttura (si sciolgono) perdono la loro proprietà emergente di cristallo. La struttura cristallina del sale è qualcosa di non riducibile agli atomi che la compongono, così come le proprietà della coscienza non sono riconducibili ai suoi correlati neuronali. L’approccio riduzionista spiega il tornado come formato e dipendente dalle particelle di aria-acqua o in un ottica di dualismo moderato come epifenomeno delle stesse. Contro questi approcci Varela porta l’evidenza della causalità discendente: le proprietà globali retroagiscono su quelle locali. Lo slogan usato dall’autore è: " la mente non è nella testa" ma si trova nel "non-luogo della co-determinazione di interno ed esterno" (Varela,2000).
Quando ci interessiamo di relazioni d'aiuto entriamo in contatto con un idea complessa, l'aiuto è l'emergenza di più fattori che si intrecciano e che danno un risultato data da una relazione dove le proprietà globali, la relazione d'aiuto, retroagiscono su quelle locali, gli stati mentali, " la mente non è nella testa" come l'aiuto non è nel counsellor ma si trova nel non-luogo della co-determinazione di interno ed esterno, nella relazione, è li che avvengono i cambiamenti, è li che si crea la differenza e si sviluppa il potenziale, il risultato è garantito, alla perturbazione il sistema reagisce ciò che non è garantito è il risultato desiderato, quello è sperato ma spesso ci vogliono molte esperienze per avere un cambiamento.

“Quando guardi un sistema vivente trovi sempre una rete di processi o di molecole che reagiscono tra di loro in tale modo da produrre la rete che li ha prodotti e che determina il proprio confine: tale rete la chiamo autopoietica. Ogni volta che incontri una rete le cui operazioni producano se stessa come risultato, sei di fronte a un sistema autopoietico. Produce se stesso. Il sistema è aperto all’ingresso di materia, nutrienti, energia dall’esterno, ma è chiuso rispetto alla dinamica delle reazioni che lo generano” 
Humberto Maturana.

Ogni individuo è un sistema autopoietico al suo interno avvengono i cambiamenti possibili rispetto al suo mondo possibile, difficile immaginarlo ma l'ordine del mondo interno non è riducibile alla percezione dell'ordine osservato dall'esterno, è vero che l'individuo dà le risposte che ci servono ma solo attraverso la relazione emerge un nuovo ordine, ma nella relazione non è la semplice somma di due o più parti che ci interessa, sappiamo chi sono gli individui nella relazione, non sappiamo il risultato che otterremo perché è un risultato di "emergenza" quello che si produce e che va a cambiare i singoli elementi di partenza creando in loro un cambiamento utile.
Il risultato che otteniamo è vero per quanto ci ha lasciati diversi, è vera la fenomenologia che possiamo osservare o vivere, il mistero rimane e la verità è rimandata, in una frase di un romanzo di Satprem è riassunto molto bene il sentimento che mi sembra abbia guidato Francisco Varela lungo la sua vita di scienziato: "Una verità che non sia tutto non può essere tutta la verità", così procedo a veder un pezzo alla volta di ogni stato mentale, per individuarne i passi più significativi alla ricerca di quell'ordine di esperienze che ci fa sentir ben, che ci fa sentir meglio, che fa sentir meglio chi incontriamo e desidera esser da noi aiutato a cambiare, risolvere, affrontare, superare, alle volte capire, ma sicuramente che desidera condividere con noi.

martedì, dicembre 31, 2013

Lettera aperta Scuola Di Ipnosi Costruttivista.

È mio desiderio, con questa lettera aperta a tutti voi che sostenete e realizzate direttamente o indirettamente la Scuola di Ipnosi Costruttivista, di cui sono responsabile, portarvi un messaggio che è anche per me un sentito augurio per il vostro futuro, consapevole di lavorare ed impegnarmi, grazie a voi, ad avvicinarmi sempre più a quell'equilibrio e saggezza verso la vita che tutti quanti auspichiamo.

In particolare mi rivolgo a tutti voi realmente interessati nelle relazioni d'aiuto, Counsellor, Ipnotisti, persone interessate ad aiutare chi ne ha bisogno.

Il mio augurio è che possiate essere equilibrati e saggi, che possiate cambiare le cose che possono esser cambiate e lasciar andare quelle che non potete cambiare, e che sappiate sempre distinguere le une dalle altre.

Vi auguro di vivere nel mondo reale, nella natura, nella realtà compresa e condivisa con gli altri, più che nel mondo artificiale dei concetti, delle idee, delle astrazioni, delle aspettative, delle credenze e degli stereotipi, che spesso si confondono col mondo reale, in modo da percepire le cose come stanno anziché i desideri, le speranze, le ansie, le teorie e le credenze degli altri o di quelle della cultura dominante.

Che possiate aumentare le vostre possibilità di scelta, che possiate accettarvi, ed accettare gli altri e la natura umana, con tutti i difetti che tale natura presenta, con tutte le differenze dall'immagine ideale che potreste esservi fatta, senza preoccuparvene troppo, e che siate quindi in grado di vivere a vostro agio anche con i difetti, le anomalie che spesso finiscono per essere percepiti, almeno nell'età matura, non come difetti, ma come caratteristiche delle persone.

Che possiate rimanere spontanei, semplici e naturali; spontanei nel vostro comportamento ed ancora più spontanei nella vostra vita interiore, nei vostri pensieri, nelle pulsioni, con un comportamento caratterizzato dalla semplicità, dalla naturalezza e dalla mancanza di artificiosità.

Che sappiate agire oltre che pensare, che non vi fermiate a contemplare ma vi rendiate capaci d'esser protagonisti della vostra vita.
 
Che siate interessati ai problemi che sono al di fuori di voi, non viviate in modo egocentrico, e differiate dagli insicuri che insistono ad essere introspettivi, a guardar dentro di se, ma che abbiate una missione nella vostra vita, uno scopo a cui dedicare le vostre energie.

Che sappiate stare in solitudine, in contatto con voi stessi, senza risentirne e senza annichilirvi, fino ad amare positivamente quella solitudine ed anche la vita appartata, molto più di quanto gli altri ne siano in grado.

Siate indipendenti dalla cultura e dall'ambiente dominanti, forti in modo da rendervi indipendenti dalla opinione delle altre persone ed anche dal loro affetto se serve, perché onori, prestigio sociale, ricompense, popolarità, ed anche l'amore che può arrivare dagli altri è meno importante del vostro sviluppo, del vostro equilibrio e della vostra crescita interiore.

Che sappiate sempre fare valutazioni nuove, apprezzando il nuovo, con freschezza ed ingenuità, come farebbe un bambino, apprezzando i beni fondamentali della vita, e mettendo in queste valutazioni rispetto, piacere, meraviglia, anche quando per gli altri le stesse cose possono sembrare poco interessanti.

Portate verso gli esseri umani un profondo sentimento di identificazione, di empatia ed affetto, nonostante i momenti occasionali di rabbia, di impazienza o difficoltà, vivendo verso di loro complicità, amore, identificazione, riducendo le barriere dell'identità più di quanto gli atri la ritengano possibile.

Realizzatevi mantenendovi cordiali con tutti a prescindere dalla classe, dalla cultura, dalle idee politiche, dalla razza o dal colore delle persone, anzi senza neppure accorgervi di queste differenze, che per le persone medie sono al contrario così evidenti ed importanti.

Distinguete tra i mezzi ed i fini e tra il bene ed il male, come se per voi fosse facile distinguere in modo chiaro e semplice i mezzi dai fini, guardando ai fini e non fissandovi sull'efficenza dei mezzi, in modo che non vi occorra farvi dire quali nozioni di giusto ed ingiusto, o di bene e di male siano corrette, dal momento che spesso son diverse da quelle convenzionali, potendo scegliere e sapendo decidere, in questo modo, della vostra vita.

Siate capaci di sviluppare umorismo ed ironia, anche considerando divertente quello che le persone ordinarie considerano divertente, ridendo di ciò che si ritiene inferiore, facendo dell'umorismo sulla realtà, ridendo degli esseri umani in generale, quando sono sciocchi, quando dimenticano il loro posto nell'universo, quando cercano di divenire grandi, mentre sono piccoli, anche con un umorismo auto riferito.

Siate creativi, originali, inventivi, e che crediate alla vostra creatività, o almeno alla creatività del vostro inconscio, resistendo all'inculturazione, magari senza essere persone bene adattate, in modo da non approvare la vostra cultura identificandovi completamente con essa, ma mantenendo un certo distacco dalla cultura in cui siete immersi, rimanendo liberi, capaci di critica e visione obbiettiva. 

Siate sempre più sensibili agli stati mentali ed alle loro potenzialità, cambiamento, consapevolezza, apprendimento, decisione, volontà, sappiate sempre più gestirli attraverso l'ipnosi, il mestiere più antico del mondo.

Siate capaci di immergervi nelle acque del dubbio, dell'inusuale, del diverso, perché li spesso si trovano l'equilibrio e la saggezza indispensabili al nostro vivere da Costruttivisti, la vera realtà è ciò che ancora dobbiamo conoscere.

Considerando che gli errori, le imperfezioni, le debolezze fanno parte della natura umana, e che vanità, orgoglio, freddezza, irritazione, ansia, rabbia sono spesso elementi con cui convivere, pur cercando di cambiare e migliorare, pur sapendo che non esistono esseri umani perfetti, ma individui caratterizzati da un grado più o meno elevato di equilibrio e di saggezza, vi auguro che possiate realizzarvi, che possiate trovare ciò che cercate, consapevoli che anche il riconoscere le nostre imperfezioni può essere annoverato tra le qualità che contraddistinguono le persone realizzate.
Con affetto Marco Chisotti.

lunedì, dicembre 23, 2013

Non c'è vita senza storia non c'è storia senza vita. Marco Chisotti.

"L'universo, o la realtà, nacque esattamente il giorno della nostra nascita, le due nascite avvennero allo stesso posto, nello stesso momento. C'é un mondo per ogni nascere, e il non nascere non ha nulla di personale, significa semplicemente che il mondo non c'è. Nascere senza trovare un mondo non è possibile, non si è mai visto un essere ritrovarsi senza mondo alla nascita, il che induce a credere che siamo noi stessi a portare la realtà che vi si trova, e che non rimarrà nulla di ciò che si conosce nel momento che ci allontaneremo da questa terra, come molti temono."

Non ricordo più come ero arrivato a scrivere, tanti anni fa, questo pensiero, come dicono in molti i mediocri imitano, i geni copiano rigorosamente, forse ho costruito questo pensiero prendendo qua è la, ora però lo sento un mio pensiero, le parole rimangono a chi le adotta, ci pensa, ci gioca.
La vita non è la realtà, la realtà è tutto quello che non si conosce, quello che si conosce nasconde la realtà, la rapisce portandola dentro questo o quel contenitore, con una bella etichetta, non è più la realtà, è qualcos'altro.
Viviamo nel senso comune condiviso, non nella realtà, ma la nostra vita porta con se un mondo, quello che conosciamo, quello in cui crediamo, so che è qui il mistero, il paradosso, il limite, so che son su questo confine e guardo sotto, così convinto di star sopra a punteggiare gli eventi, a punteggiare il mondo, chiamandolo il mio mondo.

Ma se ci portiamo il mondo appresso il mondo stesso se ne andrà quando c'è ne andremo, credo sia proprio così, nulla resiste a me, dopo di me il nulla, la vita finisce, il mondo si spegne.
Così penso vadano a finire le nostre speranze, le nostre illusioni, le nostre preghiere, la nostra gioia, il nostro dolore, tutto, tutto quanto.
Detto questo mi sento meglio, mi son preso tutta la responsabilità del caso, ora dovrei poter cominciare a vivere, libero dalle illusioni, cominciar a vivere, peccato che se voglio vivere mi tocca rientrare nelle illusioni, nelle preghiere, nella gioia, nel dolore, tutto quello da cui mi stavo allontanando, pensando di dovermene liberare.
Non posso liberarmi dall'inutile altrimenti non trovo più i confini dell'utile, del fondamentale.
Le emozioni sono imprecise, lacunose, incomplete, frammentate, ma son la nostra vita, le nostre speranze, i nostri credo, il nostro scopo, il nostro inizio e la nostra fine.
Son tutte storie quelle che ci raccontiamo, che crediamo, ma son storie che costruiscono la vita, senza le quali non ci innamoriamo, non ci stupiamo, non desideriamo.
Siamo così forti nel nostro mondo di idee che ciò che pensiamo è più forte di ciò che viviamo, decidiamo, scegliamo, crediamo, viviamo attraverso un modo di idee, forse viviamo per mantenere il mondo di idee che pensiamo.
Il paradigma della conoscenza della conoscenza è proprio qui ne son convinto, noi non possiamo prescindere da noi stessi per dire chi siamo, dove viviamo, come viviamo, non è possibile credere a qualcosa o a qualcuno uscendo dal mondo dove qualcuno dice che non è possibile credere a qualcosa o a qualcuno uscendo dal mondo dove qualcuno dice che non è possibile credere a qualcosa o a qualcuno uscendo dal mondo dove qualcuno dice che .....
Credo che a questo punto abbiate inteso il concetto di ricorsività infinita, c'è sempre qualcuno che dice e qualcun'altro che ascolta, in questa ricorsività di pensiero sento sta il limite della nostra vita, almeno per come la concepiamo.
Ultimamente mi ritornano in mente gli elementi semplici coi quali costruiamo le nostre storie, quelle storie che sono il nostro vivere, i segni, i simboli, il linguaggio, le relazioni, i legami, i collegamenti, ed i meccanismi causali, i ragionamenti, i pensieri, mi sembra proprio che ci sia tutto.
Le cose importanti sottendono i nostri processi decisionali, quello che credo mi guida, quello che penso vero è al centro del mio mondo, perché il mio mondo lo guardo coi miei occhi che l'hanno creato, non possiamo uscire da questo consenso, la struttura fisica e psichica che descrive il vivere la nostra vita è il credere stesso della vita, il nostro conoscere ed il nostro conoscerci.
Alla fine di tutto questo mio parlare e pensare, per alcuni giustamente una gran confusione, per altri un mordersi in modo circolare la coda, per altri ancora un pensare costruttivista, continuerò a credere alle storie, come alle favole, continuerò ad esser convinto che certezze e realtà son fatti, non pensieri o parole, che la realtà esiste, perché non posso uscire dal senso comune condiviso senza ritrovarmi eremita in questo mondo, come non posso uscire dalla forza di gravità, o non posso uscire da un mondo dove trovo acqua, aria, calore, sostanze per vivere.
Il processo del nostro vivere è sempre lo stesso, è un fatto, così siamo fatti, non può cambiare, il processo è la vita, ma la forma con cui diamo forma al processo, la storia che ci raccontiamo del vivere. La forma cambia costantemente, quello che non possiamo scindere è il legame stretto che forma, la nostra storia, e processo, il nostro vivere hanno tra loro, non si è mai visto una storia senza una vita o una vita senza una storia.
Se troverò la soluzione al mio pensare senza spegnere il pensiero stesso ve lo dirò, a quel punto son certo avremmo trovato la soluzione a molti nostri problemi esistenziali.
Vi lascio al vostro mondo, al pensiero che ve lo produce, al vostro raccontarvi la storia che produce il mondo che vi produce.

sabato, dicembre 21, 2013

Un glossario particolare a cura di Marco Chisotti.

Un glossario originale a cura di Marco Chisotti.

Sul significato delle parole si da retta di solito alla semantica, i dizionari riportano i significati più utilizzati dei lavori fatti con le parole, mi ha sempre affascinato il significato delle parole perché è il presupposto di ciò che vai dicendo, almeno dovrebbe esserlo, dal momento che tutti i significato son una ricerca ed un interpretazione, son anche una costruzione probabilmente. 

Il costruttivismo mi accompagna da anni ormai e mi ritrovo sempre al fianco dei pensatori più significativi della corrente di questa filosofia di vita.

Riporto qui semplicemente il glossario riportato da H. von Foerster, uno dei padri del costruttivismo, dal momento che ha ispirato in me molte considerazioni, deduzioni ed implicazioni interessanti voglio condividere con voi questa cosa.

Aggiungo che è utile considerare il costruttivismo un epistemologia, uno studio di come conosciamo, in quanto studia il modo in cui studiamo il modo, in cui studiamo il modo di conoscere, è uno studio dell'apprendimento al terzo livello. Considerate che il primo livello di apprendimento si interessa di logica lineare, la causa effetto.

Il secondo livello di apprendimento è il riconoscimento e l'uso di un metodo, lo studio della logica del contesto, la logica circolare, l'apprendere ad apprendere.

Il terzo livello di apprendimento è il pensiero creativo divergente, il cambio dei presupposti, l'elaborazione di un metodo, la logica costruttivista appunto.

Il mio consiglio è di lasciarvi pervadere da questi rinnovati significati cogliendone gli effetti, siamo intrisi di superstizioni, trovo il costruttivismo un rilevatore sostanzioso di comuni superstizioni, lo consigli proprio perché amo sempre indicare la strada della conoscenza, il principio estetico della vita, se vuoi conoscere devi agire, ed il principio etico, agisci sempre in modo da aumentare il numero di possibilità di scelta.

Ancora un consiglio per chi leggesse il glossario secondo H. von Foerster per la prima volta, ci saranno cose incomprensibili, o comunque complesse, l'errore più comune di fronte alla complessità è fermarsi perché non si capisce, meglio al contrario proseguire e trovare la cosa che si capisce, il livello di approfondimento lo si può trovare con una seconda più approfondita lettura.


Glossario secondo H. von Foerster


Adattamento = Quando uno stimolo non produce una sensazione.


Ambiente = Un'invenzione di colui che abita l'ambiente.


Amore = L'unico modo di vivere.


Apprendimento = Apprendere ad apprendere.


Autopoiesi = (Maturana) " Una rete di processi di produzione, trasformazione e distruzione di componenti che produce i componenti i quali:


1) attraverso le loro integrazioni rigenerano e realizzano la rete di processi (relazioni) che li ha prodotti; e 2) la costituiscono come un'unità concreta nello spazio in cui essi esistono specificando il dominio topologico della sua realizzazione in quanto ente ".


Autoriferimento = (Varela) L'infinito in guisa finita.


Auto-valori (stati-configurazioni-comportamenti, ecc.) = Rispetto a un determinato operatore, sono quei valori (stati-configurazioni-comportamenti ecc.) tali che, quando si applica ad essi quell'operatore, riottengono i medesimi valori (stati-configurazioni-comportamenti, ecc.). Per esempio la radice quadrata di 1 è 1, quindi 1 è l'autovalore dell'operazione: " fare la radice quadrata di ".


Cambiamento = Si produce quando una descrizione successiva differisce da quella precedente.


Caso = Sorge dall'incapacità di fare induzioni infallibili.


Cibernetica = (Norbert Wiener, 1949) Controllo e comunicazione nell'animale e nella macchina.


Cibernetica della cibernetica = Il controllo del controllo e l'informazione dell'informazione.


Cibernetica del primo ordine = La cibernetica dei sistemi osservati. 


Cibernetica del secondo ordine = La cibernetica dei sistemi che osservano. 


Cognizione = Computo del


Complessità = Quando si considera la brevità della descrizione di una configurazione come il grado di ordine in quella configurazione; il numero di passi necessari per computare quella descrizione è la complessità della configurazione.


Comprensione = Richiede la comprensione della comprensione.


Computo = Considerare delle cose assieme.


Conoscenza = Nasce quando si ignora l'ignoranza.


Contesto = L'intreccio dei fili in una stoffa di concetti.


Costruttivismo = Quando la nozione di ' scoperta ' è sostituita con quella di 'invenzione'.


Dialogo = Vedersi attraverso gli occhi di un altro.


Disordine = Se si percepisce poco o nessun ordine in un sistema la descrizione del sistema risulterà lunga.


Entropia = Una misura in ' bit ' dell'incertezza rispetto a un gioco del caso ai cui vari risultati sono associate probabilità note. Se tutti i risultati accadono con uguale probabilità, l'entropia del gioco è il logaritmo in base 2 del numero di risultati. Per esempio se il gioco è testa o croce con una moneta ' onestà ', l'entropia del gioco è log2(2) = 1 bit; se si gioca con 2 monete, il numero di risultati è 4 (TT, TC, CT, CC) e l'entropia è log2(4) = 2.


Epistemologia = La regola di trasformazione che genera il mondo dalle nostre esperienze.


Esperienza = La causa, il mondo è la conseguenza.


Etica = ' Come ' parlare; non si può parlare dell'etica senza fare del moralismo.


Feedback = Far si che l'output, la conseguenza, la risposta ecc., diventino parte dell'input, della causa, dello stimolo, ecc.


Gerarchia = Un meccanismo ingegnoso per delegare la propria responsabilità a qualcun altro.


Informazione = Lo scopo di un'indagine.


Libertà = Vedere nella foresta dei vincoli gli alberi delle scelte. Mancanza di vincoli.


Linguaggio = Quando un linguaggio parla del linguaggio.


Memoria = Un riferimento al proprio cammino nel divenire.


Metafora = Un congegno esplicativo che non contiene nozioni causali.


Mondo = È generato a partire dalle esperienze mediante la nostra epistemologia. La logica delle descrizioni.


Necessità = Sorge dalla capacità di fare deduzioni infallibili.


Oggettività = Credere che le proprietà dell'osservatore non entrino nelle descrizioni delle sue osservazioni.


Omeostato = Un'organizzazione di meccanismi che compensa i fallimenti di alcune sue parti che devono mantenere costanti certe variabili.


Ordine = Se si percepisce in un sistema, permette che la descrizione del sistema sia corta.


Osservatore = Colui che crea un universo, che fa una distinzione.


Paradosso = Ciò che mina la legittimazione dell'ortodosso.


Percezione = Il computo di descrizioni.


Potere = (Maturana) La conseguenza; la sottomissione è la causa.


Realtà = Una stampella comoda, ma superflua, che nasce attraverso il dialogo quando la forma apparente (denotativa) del linguaggio è scambiata per la sua funzione (connotativa).


Ricorsività = Fare di nuovo la medesima operazione.


Ridondanza = Il grasso nella carne delle descrizioni.


Scienza = L'arte di fare distinzioni.


Scopo = Una nostra invenzione per spiegare certe cose; una causa nel futuro. Lo scopo dello scopo è di evitare spiegazioni troppo ingombranti.


Sistemi = Quelle cose che desideri vedere collegate assieme.


Spiegazioni = Collegano semanticamente le descrizioni.


Tempo = (S. Agostino) Se non mi chiedi che cos'è lo so; se mi chiedi che cos'è non lo so.


Verità = L'invenzione di un bugiardo.


Spero vi siano rimaste alcune suggestioni, lasciate operare a livello intuitivo e di tanto in tanto riprendete il glossario per vedere il lavoro inconscio del vostro inconscio, potrete avere delle piacevoli sorprese, questo in quanto certe conoscenze trovo che allevino la "sofferenza" imposta da certe altre conoscenze, proprio perchè la conoscenza obbliga non possiamo esimerci dal ri - conoscere la nostra vita.




giovedì, dicembre 19, 2013

Senso consenso ed assenso. Marco Chisotti

"Non credo che s'invecchi. Credo che quello che capita abbastanza presto nella vita è che ad una certa età ci si fermi, ristagnando ...... Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta." Thomas Eliot.


Noto che le persone proiettano con gran facilità se stesse nel mondo esterno a loro, la proiezione più diffusa è nell'altro, il più vicino a noi in quel momento, così noto molti spunti personali in ciò che viviamo e in come viviamo.

Da giovani ci si ferma a prender respiro per poter riprendere presto il cammino, la meta sembra l'obiettivo più importante, un sentimento che ci angustia spesso, il bisogno d'arrivare, realizzare i nostri sogni, i desideri, la volontà.

Crescendo ci si ritrova a godere del viaggio, il momento più intenso in cui la vita e le esperienze coincidono, si vive nutrendosi delle esperienze, imparando dalle esperienze.

Invecchiando ci si ferma a contemplare il mondo e la sua frenetica attività, stanchi di trovarsi nella mischia, stanchi di non comprendere e non capire il perchè del perchè.

Meglio l'oblio, dimenticare di aver vissuto, pensato, agito, continuare ad esplorare quello che ci è vicino, quello che dovremmo conoscere, il tornar al punto di partenza e scoprir il posto per la prima volta.

Potrei dire di non saper come ritrovarsi in un posto e conoscerlo per la prima volta ma non è così, il mio lavoro con l'ipnosi mi ha insegnato che quest'esperienza è comune tra chi torna dallo stato di trance, come appena svegli alle volte uscendo da un sogno ci vuole un po' per orientarsi al presente, così cambiando lo stato mentale della nostra esperienza, in ipnosi, succede di tornar come bambini e conoscersi per la prima volta.

Lo stupore è l'esperienza più bella per occupare la mente, il momento migliore in cui la mente si occupa di qualcosa è non si pre-occupa, un momento presente, il qui ed ora dello stato di trance,  in cui si scopre un mondo per la prima volta.

Continuo a sostenere che la vita è uno stato mentale, la mia esperienza è tale, il mio esserci o non esserci è uno stato mentale, un gioco particolare in cui provo sensazioni e le intreccio nei miei pensieri, parole, simboli, legandoli tra loro e dando un senso ed un significato al vivere, nella gioia, nel dolore, nello stupore, attraverso le relazioni che cerco, che creo, che incontro, che mantengo. 

Mi appare tutto molto semplice qui davanti a queste parole, tutto è lineare, ma la storia che ci raccontiamo non è la stessa cosa, neppure la storia che subiamo non è la stessa cosa.

Ormai ho compreso la maggior superstizione umana, è proprio il meccanismo causale, il perchè, dice bene Wittgenstein, nella scienza medica si chiama diagnosi, importante tassello della cura, spesso innegabile tassello della chimica degli elementi, nel mondo degli oggetti e delle forze è senz'altro un metodo significativo di ristabilire l'ordine della vita, fuori dall'ordine vitale la vita vien meno.

Il nostro mondo fisico è ingombrante e si presta facilmente e divenire il modello con cui trattare il mondo delle idee, allo stesso modo degli oggetti e delle forze fisiche cerchiamo di trattare il mondo delle idee, il risultato è devastante.

Le idee non sono fisiche anche se governano le regole della fisica, le idee non sono in un luogo o in un tempo, posso essere in ogni luogo ed in ogni tempo, noi sostanzialmente pensiamo che il mondo interno della nostra mente sia finito e definito, almeno questo è ciò che pensa la nostra mente cognitiva, ecco la ragione dello stupore ogni volta che le regole logiche non si applicano al meccanismo causale del mondo delle idee intuitive, ecco lo spazio della magia, del metafisico.

Credo che non possiamo prescindere dall'esser sorpresi di noi stessi, almeno quando invece di proiettarci nel mondo che consideriamo reale attorno a noi, entriamo dentro il mondo che crea le idee, il senso ed il significato, il mondo interiore.

Nessuno può dire cosa sia ne come sia questo nostro mondo interiore, quello che è appurabile è che non esistono due mondi interiori uguali, ogni mondo inconscio, così è definibile un mondo che non si può conoscere, si può solo esperire, ogni mondo inconscio è unico ed irreplicabile.

Ecco dunque lo stupore dellipnotista nell'incontrare la storia, che si declina durante l'esperienza ipnotica, del mondo interiore della persona, un mondo fantastico che va però organizzato, un pezzo fantastico di puro marmo senza forma, che attende d'esser scolpito, dove però lo scultore è la persona protagonista dell'esperienza ipnotica, mentre l'ipnotista è semplicemente spettatore di tutto quanto, noi perturbiamo un sistema complesso e rimaniamo ad osservarne il cambiamento.

Tutte le volte che scrivo i miei pensieri apro una finestra su quel mondo che mi stupisce, mi coinvolge mi emoziona, sia che sia il mio mondo inconscio o l'inconscio di qualcun'altro.

Credo che non si invecchi nella vita, semplicemente ci si ferma, ed "alle volte", aggiungo io, si ristagna, solo riaprendo il dialogo con il proprio inconscio ci si permette di riprendere l'esplorazione, si ritorni a vivere le sensazioni e le emozioni che la vita ci riserva, ci si senta nella propria identità e magicamente ci si ritrovi al punto di partenza e la si conosca per la prima volta.


martedì, dicembre 10, 2013

Lo spessore delle cose. Marco Chisotti.

Lo spessore delle cose. Marco Chisotti

Le cose che mi circondano sono cambiate nel tempo, l'ordine con cui uso le cose, l'importanza che do alle cose, il valore, un tempo ricordo le cose dovevano durare e ci si affezionava per questo ad esse, i vestiti ricordo erano fatti per durare, si sentiva la consistenza degli oggetti.
Oggi mi accorgo che mi affeziono sempre meno alle cose, cambio con facilità ogni genere mi posso permettere, le scelte sono funzionali e non più durature, tutto sembra più astratto d'un tempo, l'ordine con cui mi oriento ad usare le cose è per me spesso casuale, non bado a preservare gli oggetti, non fanno in tempo a logorarsi che vengon cambiati.
Lo spessore degli oggetti è così cambiato, e con essi son cambiate le abitudini, gli interessi, le attenzioni, non bado più a molte delle cose di cui mi circondavo, l'orologio, il braccialetto, la catenina, non porto più nulla addosso, al loro posto mi ritrovo ad aver sempre con me il cellulare, sottile, leggero, il portamonete ingombrante pieno di cose che potrebbero servire, documenti, tessere, oggetti di basso spessore e di grande valore, oggetti sottili, quasi impalpabili, che ti rendono riconoscibile, che parlano di te, che dicono chi sei, come devi essere considerato.
Mi muovo attraverso le cose che cambiano, mi muovo costantemente facendo molta strada avanti ed indietro, vivo tra  notizie continue che mi seguono, mi accompagnano ed alle volte mi precedono, tutte cose con spessore differente, cose più importanti, cose meno importanti.
Mi accorgo alle volte che come le cose così anche le persone rientrano in spessori differenti, a seconda delle circostanze, delle situazioni, dei momenti, dei periodi, le persone, come le cose, son cambiate nel tempo, per come le vedo le sento, le vivo.
Così cambiano i legami con le cose nel tempo quello che oggi ti lega e che senti importante, domani finisce nel sotto scala, nel ripostiglio, sul balcone, in garage, lo dismetti, lo dimentichi, lo cambi. Alle volte le cose si perdono, spariscono, ci si dimentica d'averle, se ne fa a meno, le cose passano, noi come le cose per gli altri passiamo, ci perdiamo, ci dimentichiamo, spariamo.
Credo che la nostra percezione delle cose, del loro spessore, della loro presenza nella nostra vita, sia simile nel tempo alla nostra percezione delle persone, le relazioni cambiano, le abitudini cambiano, cambiano le nostre percezioni, come cambiano le idee, i pensieri, qualcuno rimane, altri spariscono e se non ci viene rammentato, o non c'è più l'occasione di tenersi in contatto ci si perde, non ci si riconosce più, ciò che non è sotto i nostri occhi difficilmente ci rimane in mente, difficilmente lo incontriamo, lo frequentiamo. 
È normale che le cose cambino spessore e noi con loro, è normale che certe cose non ci siano più, perché le cose alle volte si consumano, altre volte si sostituiscono, alle volte si perdono, spesso si dimenticano.
Le persone come le cose invecchiano, son sostituite, cambiate, non ci si trova più con loro, non ci si vede più con quel vestito, con quelle scarpe, con quelle persone, si cambia, ci si trasforma ed il resto, gli altri, si allontanano, non fan più parte delle cose che riconosciamo, delle persone che utilizziamo, che ci circondano.
Altre volte le cose scompaiono, o son dimenticate, alle volte son riesumate, le cose come le persone, noi loro, tutti, nessuno. 
Ora andrò a chiudere la giornata che si è consumate tra le cose e le persone, alcune vicine altre lontane, e come ogni momento in cui sento di esistere andrò a cercare quello che mi son perduto ed a dimenticare quello che non posso più pensare.


lunedì, dicembre 09, 2013

Umano troppo umano. Marco Chisotti.

Umano ...... troppo umano.

"Si sbaglierà di rado se si ricondurranno le azioni estreme alla vanità, quelle mediocri all'abitudine e quelle meschine alla paura." Friedrich Nietzsche.

Un pensiero per spiriti liberi, per quelle persone che pensano che l'amore debba venire prima della verità.
Ho scoperto tante volte di non esser capace di proferire giudizi con disinvoltura e non riuscivo a capirne il motivo poi pensandoci bene e confrontandomi col pensiero di chi ha saputo fare filosofia, e non semplicemente storia della filosofia, son venuto a capo di questo mio limite, io antepongo l'amore alla ragione, culla della verità, antepongo il rispetto dell'altro al suo "peso".
È troppo facile giudicare, troppo semplice fare il giudice dimenticando d'esser fatti per l'amore, magari nati da un gesto d'amore, un qualcosa che se anche non ha un senso assoluto per me è fonte di vita, l'amore per una rosa fa di quella rosa la mia rosa, il mio amore per te fa di te il mio amore, se vivo anteponendo l'amore alla ragione allora antepongo il soggetto o l'oggetto del mio amore alla ragione/verità stessa.
Nietzsche scrisse "Umano troppo umano" ed il titolo della sua opera mi è rimasto nel pensiero, sto notando che nel mio pensiero si intrecciano sempre e solo più le cose o le persone che amo, con gran difficoltà a farle uscire, una volta custodite dal mio pensiero.
In molte persone noto la facilità d'anteporre la ragione al sentimento d'amore, credo che l'uomo andrebbe accettato nel suo libero arbitrio perché è uomo e come tale accetta di stare alle regole umane, la libertà d'essere tutti uguali, tutti ugualmente meritevoli d'esser su questa terra, di svolgere la propria vita nel rispetto di coloro che hanno i nostri stessi meriti.
Mi son subito accorto dell'impossibilità a continuare un discorso d'amore siffatto, è bene che torno tra i confini del mio seminato, l'identità uomo e la sua libertà d'essere e di vivere, aumentare alle persone le loro possibilità di scelta ed insegnargli ad agire per conoscere e vivere meglio, come conseguenza.
Mi piace pensar d'essere un po' filosofo, cedendo volentieri il mio "essere psicologico", credo che la psicologia, come la filosofia debbano essere di tutti e non di una categoria professionale, nella vita bisogna avere la capacità di scegliere segni e simboli e lasciarci guidare da valori, credenze che sappiamo essere giusti per noi, si deve vivere con consapevolezza, attraverso le sensazioni e le emozioni, in relazione con noi stessi, con gli altri e col nostro inconscio, attraverso un dialogo costruttivo e vitale.
Esistono almeno 4 forme di libertà la libertà fisica, senza catene, la libertà psicologica, poter scegliere e decidere, la libertà di idee e di pensieri, e queste prime tre sono le libertà di valori, poi esiste la libertà metafisica, la libertà come assenza di determinismo, questa ultima libertà metafisica riguarda la volontà umana, posso vedere che in ogni esperienza umana c'è un insieme di ragioni positive e un insieme di ragioni negative, il nostro intelletto mostra alla nostra volontà un motivo positivo e noi ci muoviamo, scatta un atto di volontà, il nostro intelletto è guidato dalla volontà, il desiderio, la nostra volontà aderisce al bene, se voglio una cosa la mia volontà chiede solo un buon motivo per poter fare la cosa desiderata.
La libertà metafisica rappresenta il momento in cui puoi scegliere e decidere, non sei vincolato, sei libero di scegliere, io dico alla mia volontà ciò che desidero. Ma la condizione di libero arbitrio, tale è la libertà metafisica è disgraziata perché niente e nessuno può lasciarmi tranquillo, devo sempre scegliere e decidere, ogni scelta mi condiziona, è il nostro tormento esser liberi, perché si è liberi di dover continuamente scegliere e decidere nella vita, noi possiamo esser angeli o demoni, ma non possiamo non decidere d'essere o angeli o demoni, abbiamo la responsabilità della nostra vita, la vita dell'essere.
Quando entro nel mondo della filosofia mi accorgo che è necessario responsabilizzarsi, questo da un lato è bello ed importante, son orgoglioso di prendermi la responsabilità del mio vivere, dall'altro lato mi incontro con la mia umanità, coi dubbi, le incertezze, i desideri, i bisogni, ed il mondo semplice ed innocente che ho lasciato, prendendo la strada del libero arbitrio, sparisce per sempre.
Vi lascio al vostro amore come sentimento barcamenante tra l'io e l'altro, vi lascio immaginare ciò che desiderate, vivere quello che volete, sentire ciò che riuscite a distinguere dal tutto, un tutto inimmaginabile, invivibile, indistinguibile, vi lascio al vostro "io" libero.


giovedì, novembre 21, 2013

la bugia nell sua funzione.

Dimmi a chi menti e ti dirò chi sei

Raccontare bugie è un’arte, si dice. Ma è anche un gesto che rivela molto di te e della tua personalità. Ecco come interpretare le tue frottole più frequenti di Barbara Gabbrielli con la consulenza di Francesco Aquilar, psicoterapeuta cognitivista; Consuelo Casula, psicoterapeuta esperta in Pnl; Marco Chisotti, psicoterapeuta relazionale sistemico. “I bambini buoni non dicono le bugie”. Impari subito, fin da piccola, che raccontare frottole è divertente, ma sbagliato. Mentire, infatti, significa non dire la verità, ingannare. Talvolta a fin di bene, più spesso per proteggerti da ciò che non desideri o che ti spaventa. Ma questa è una visione un po’ limitata della questione. In realtà, il senso della bugia ha a che fare con la tua identità e con i suoi costanti cambiamenti. Tra qualche settimana arriverà in Italia un saggio dell’inglese Ian Leslie, pubblicato da Bollati Boringhieri, che s’intitola “Bugiardi nati” sostiene che mentire è fondamentale per determinare ciò che sei. Anche tra gli psicologi italiani c’è chi la pensa così: la frottola è uno strumento per svelare quello che non sei, ma che vorresti essere. Ed è anche un modo per tenere segreti stati d’animo e desideri che non sei pronta a condividere con gli altri. La bugia, dunque, è assolta. Il problema, semmai, è riuscire a fermarti in tempo, prima che diventi ingestibile e rovini le tue relazioni. A chi menti più frequentemente? Riflettici, scoprirai qualcosa in più su di te.

Ai genitori

Abbellire la realtà con qualche balla è una tappa normale della crescita, ma se menti ai tuoi genitori anche da adulta forse ti senti oppressa dal rapporto che hai con loro. Probabilmente, da ragazza, hai vissuto la menzogna come l’unica via di fuga da una famiglia possessiva che si opponeva al tuo desiderio di emancipazione. Raccontare che andavi a dormire dall’amica mentre passavi la notte dal fidanzato ti ha aiutata a fare le tue esperienze. Ma se da adulta ancora non ti senti libera nelle tue azioni, forse non hai fatto pace con il passato e dovresti rivedere il rapporto con i tuoi genitori.

Al partner

È nella coppia che si registra il maggior numero di “sfumature” di bugie. Si va dal semplice tenersi sul vago (gli racconti che sei uscita con le amiche, evitando di dire esattamente con chi), alle omissioni finalizzate a evitare sicure discussioni (hai rivisto il tuo ex, che ormai è un amico, ma non lo dici a lui perché sai che ne è ancora geloso), fino ad arrivare all’inganno (il più classico: hai un amante). Forse il tuo compagno vuole controllarti e tu senti il bisogno di ricavarti piccoli spazi di libertà. O, magari, hai paura di non essere amata abbastanza o di essere abbandonata, non riesci a fidarti completamente del tuo compagno e ti “proteggi” con le bugie. Devi interrogarti su quale vantaggio vuoi ottenere con le menzogne. Fai questo esercizio: confessa al tuo compagno una piccola bugia per vedere che cosa accade.

Ai colleghi

Sul lavoro, la nostra identità reale si scontra con quella immaginaria. Ci sono i casi estremi di chi si spaccia per medico senza essersi mai laureato. Più in generale, è facile cadere nella tentazione di “vendersi” per quelle che non si è: più brave, più preparate, più esperte. Il rischio in questi casi è di essere scoperte e, di conseguenza, rimanere isolate, prive di rapporti interpersonali che potrebbero invece aiutarci professionalmente.

Alla suocera

Consideri la mamma di tuo marito una rompiscatole. E chissà quanta volte, per non vederla, le hai raccontato che avevi un impegno inderogabile o una commissione urgente. Dietro le bugie che dici alla suocera, di solito ci sono piccoli e granili rancori e sicuramente molta competizione. Prova a sostituire la balla con la negoziazione per ottenere quello che vuoi, concedile in cambio qualcosa a cui sai che tiene moltissimo.